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Cristiana Allievi

~ Interviste illuminanti

Cristiana Allievi

Archivi tag: Ryan Gosling

Ryan Gosling, dal futuro allo zio travestito da Elvis

11 mercoledì Ott 2017

Posted by cristianaallievi in cinema, Miti, Personaggi

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arte, Blade Runner 2049, cinema, Cultura, Denis Villeneuve, futuro, Harrison Ford, icone, interviste, pianeta, Ryan Gosling

«Mi piace usare il simbolismo per comunicare. È molto più efficace dell’approccio diretto e letterale». Piazzate nell’incipit di una conversazione, queste parole suonano come una minaccia. “Non pensare che sarà facile, con me”, sembra voler dire il ragazzo che a scuola aveva come soprannome trouble. Ci sono almeno altri tre indizi a confermare questa ipotesi. Primo, l’assoluto silenzio che ci avvolge nella suite nel cuore di Barcellona in cui ci incontriamo e in cui tutto sembra rarefatto. Secondo, il volume della voce con cui mi parla, basso, oltre che calmo. Terzo, il suo modo di descrivere la Gosling-mania, fenomeno che impazza dai tempi di Drive senza segni di cedimento. «Stavo portando a spasso il mio cane, saranno state le due del mattino. Ho visto un ragazzo che camminava per strada con addosso la giacca bianca lucida con lo scorpione. Quel tipo di apprezzamento senza stress mi rende davvero felice». È la giacca del suo personaggio nel film e ha fatto la fortuna di Steady Clothing a suon di 170 dollari al pezzo. Ma soprattuto è una metafora a indicare che l’imbarazzo che ha nel parlare di se stesso è reale. Poi ci sono tutti i suoi ruoli, spesso quieti ed emozionalmente distanti, che la dicono lunga.

Indossa jeans marrone bruciato e t-shirt  bianca con omino in sella a una moto, e la scritta Trans- AMA International, nome di un campionato che si corre oltreoceano. Mi ricorda che in Come un tuono non ha voluto nemmeno uno stunt per le pericolose fughe su due ruote. Ha mani grandi, con un grosso anello d’argento etnico all’anulare destro. Al collo, una vistosa collana di pelle con una medaglia incastonata.

La sua prima nomination agli Oscar nel 2007, per il professore tossico di Half Nelson. Da allora ha una moglie, Eva Mendes, e due figlie in più, ma ha continuato ad essere molto selettivo nei ruoli e a concedersi pochissimo. Però per quanto cerchi di tenere basso il profilo della carriera, optando spesso per i film d’arte, dal 5 ottobre sarà nelle sale con Blade Runner 2049, pellicola diretta da Denis Villeneuve che è il sequel del film culto di Ridley Scott, ed è anche l’evento dell’anno.

(…)

L’intervista integrale su ICON Panorama del 5 ottobre 2017

© Riproduzione riservata

Ana de Armas: «Mai stare ferme ad aspettare»

05 giovedì Ott 2017

Posted by cristianaallievi in cinema, Miti, Personaggi

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Tag

Ana de Armas, Blade Runner 2049, Clive Owen, Cristiana Allievi, Denis Villeneuve, Grazia, Ridley Scott, Ryan Gosling

 

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L’attrice cubana Ana de Armas, 29 anni, protagonista  di Blade Runner 2049.

Ordina un caffè e mi dice che durante le riprese di Blade Runner 2049 non lo beveva mai, per non metterci lo zucchero. Ma Ana de Armas è un tipo solare, e se da una parte capisco non sta scherzando, presto mi accogerò che sa prendere con ironia le fisime del suo lavoro di attrice. Siamo nel cuore di Barcellona, fa caldo e sono i frenetici giorni prima dell’uscita del film più atteso dell’anno. Boccoli biondi e labbra carnose, mi racconta che interpreta Joi, la miglior amica dell’Agente K, nientemeno che Ryan Gosling. Mi ricorda anche che quando Ridley Scott ha girato il suo capolavoro, lei non era nemmeno nata. 29 anni, Ana ha lasciato Cuba a 18 anni per trasferirsi in Spagna da sola. Poi è stata la volta di Los Angeles, dove vive.

Coraggiosa senza ombra di dubbio, l’attrice è già stata sposata all’attore spagnolo Marc Clotet, da cui si è divisa dopo due anni, e ogi si dichiara single. Ma considerato che ha debuttato a Hollywood con due film, solo un paio di anni fa (entrambe al fianco di Keanu Reeves), e che si trova già sul set di Three Seconds, diretta da Andrea Di Stefano, con Rosamund Pike e Clive Owen, siamo sicuri che di lei si sentirà parlare parecchio, d’ora in poi.

Come descriverebbe la sua Joi? «È una donna molto coraggiosa e appassionata, è la miglior amica, amante e cheer leader dell’Agente K, lo supporta e lo incoraggia a fare ciò che deve fare. Lo ama davvero, per lui farebbe qualsiasi cosa».

Come ha ottenuto un ruolo così importante? «Facendo tre audizioni, la mia gente ha spinto un po’ per ottenere la prima. All’inizio non credevano fossi adatta, ma quando Denis è venuto sul set, la seconda volta, e mi ha visto nella scena in cui dico “ti ho sempre detto che sei speciale”, ha capito che ero perfetta Ho davvero avuto il tempo di crescere e prepararmi al ruolo, con tutti quei provini».

Ricorda la prima volta in cui ha visto Blade Runner? «Ero molto giovane, a Cuba, e non ho capito quello che poi ho realizzato dopo, lavorandoci. Scott è stato un genio visionario, ha raccontato il futuro dell’umanità, il senso degli esseri umani, la tecnologia, il futuro…».

 

[…]

L’intervista integrale è su Grazia del 14/9/2017

© Riproduzione riservata

 

 

Emma Stone, «Sognare è potere»

14 mercoledì Dic 2016

Posted by cristianaallievi in cinema, Mostra d'arte cinematografica di Venezia, Personaggi

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Amazing Spider Man, Andrew Garfield, Arizona, Birdman, Cabaret, Coppa Volpi, Cristiana Allievi, Damien Chazelle, Easy Girl, La La Land, Maniac, New York, Ryan Gosling, Steve Carell, The battle of the sexes, Woody Allen

CAMALEONTICA E IN CONTINUO MOVIMENTO: EMMA STONE È LA CREATURA DI HOLLYWOOD CHE PIU’ INCANTA PER IL TALENTO NEL CAMBIARE PELLE. E RUOLI. IN LA LA LAND SVELA IL SUO PUNTO FERMO: LA CERTEZZA CHE I SOGNI TI INDICANO SEMPRE LA STRADA.

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Sul tavolo davanti a noi c’è una Red Bull. Emma Stone racconta che berla sarà un evento speciale: «lo farò alla fine della nostra intervista», scherza. È un camaleonte, questa giovane donna. Basta guardare le sue foto per accorgersi che la sua personalità è in continua evoluzione. Torna con la memoria alle sue prime audizioni e al feeling di essere rifiutata, che dall’alto di venti film girati, con tanto di nomination all’Oscar e Coppa Volpi vinta all’ultima Mostra d’arte cinematografica di Venezia, sono ormai un ricordo lontano. «Non ho mai avuto un momento in cui ho pensato di fare le valigie e tornarmene a casa. Ma a essere onesta non mi sono mai esposta completamente». Non una frase a caso, perché in La La Land di Damien Chazelle, in cui la vedremo dal 26 gennaio accanto a Ryan Gosling, Emma incarna Mia, un’apprendista attrice che tenta di sfondare in teatro e intanto sbarca il lunario servendo cappuccini alle star del cinema. La relazione con Sebastian (Gosling), musicista jazz, dapprima aiuterà entrambi, poi il successo separerà le loro vite. «Mia è una donna che rischia molto. Passa sei anni a creare qualcosa di completamente suo. È la scrittrice, l’interprete e la regista di un one woman show: con queste premesse un rifiuto è devastante, e per fortuna non mi è mai successo di sperimentarlo. Ma sa cosa le dico? Ho imparato più dalle difficoltà, anche nelle mia vita privata, e dai film che non sono andati bene, che dalle esperienze che definiamo di successo. Le crisi ti costringono ad andare più in profondità, a essere migliore, a diventare più forte. E soprattutto a farti domande sul come hai fallito e su quanto tu stessa sia capacace di deludere gli altri. Tutto questo significa diventare davvero essere umani».

L’attrice nominata agli Oscar per Birdman, in cui era un’adolescente in difficoltà che rendeva la vita difficile a un padre ex celebrità decaduta, nelle vene ha sangue svedese (dal nonno paterno), inglese, tedesco, scozzese e irlandese. E non si definirebbe mai una ribelle. «Sono stata fortunata, non avevo da nascondere nulla perché ho sempre potuto parlare con mia madre. I miei genitori mi hanno fatto il miglior regalo che si possa fare a un figlio, non mi hanno vista come un’estensione di se stessi. Avevo sogni e obiettivi diversissimi dai loro, che hanno rispettato». Non ricorda la reazione di suo padre, quando gli ha presentato il primo ragazzo, «evidentemente era un tipo a posto», mentre ricorda un momento di felicità assoluta con lui, a cinque anni, seduta nel patio di casa, durante la stagione dei monsoni in Arizona, dove è cresciuta: se ne stavano lì a mangiare noccioline, indisturbati davanti allo spettacolo di una tempesta. Più avanti, a 15 anni, Emma ha convinto i suoi a farle mollare la scuola per trasferirsi a Hollywood: è bastata una presentazione in PowerPoint, con tanto di titolo, per farli cedere. È così che si è trasferita con la mamma a Los Angeles. Me lo racconta in una mattina di sole nel patio di un hotel italiano, senza perdermi un attimo con quei grandi occhi verdi. Se le si chiede come vede la strada fatta fin qui, oggi che è una delle attrici più ricercate su piazza, non ha dubbi. «Due anni fa ho letto in un’intervista qualcosa che mi ha colpita. Si diceva che i sogni sorgono per incontrarci, trasformandosi in opportunità, e sto scoprendo che è proprio così: è il mio lavoro, in un certo senso, a rivelarsi a me. Quando sono volata a Los Angeles volevo diventare attrice perché mi piaceva recitare in teatro e fare commedie. In questi ultimi tredici anni i miei sogni sono apparsi facendomi incontrare opportunità che non avrei mai immaginato. Oggi mi sento più radicata di quando ho iniziato, posso affrontare sfide più grandi». In effetti l’asticella si è alzata parecchio per lei, in una manciata di anni. Ha iniziato con un reality show che le ha portato piccole parti in tv, poi è venuto il cinema, fino al ruolo da protagonista che l’ha lanciata in Easy Girl. Da lì in avanti ci ha stupiti con il calore di Gwen Stacy in Amazing Spider-Man e soprattutto ha dimostrato che appena le danno più spazio è perfettamente capace di gestirlo, vedere alla voce Magic in the Moonlight e Irrational men, la doppietta con Woody Allen. Il personaggio che interpreta accanto a Gosling in La La Land (per i due attori è il terzo film insieme) è una lettera d’amore alla vecchia Hollywood sotto forma di musical che il regista di Whiplash ha scritto, oltre che diretto. La Stone recita, canta e balla. «Io e Ryan ci siamo allenati per due mesi col ballo e prendendo lezioni di canto. Ma la chiave della riuscita, quella che lei prima chiamava naturalezza, è stata Damien. Ci ha detto che non dovevamo sembrare ballerini di Broadway, quello che gli importava vedere erano gli errori e il feeling di essere vivi. Diciamo che ha tolto un po’ di pressione anche nei momenti in cui mi sentivo stonata».  Una delle frasi forti di Mia è “voglio essere vista”, che presto si trasforma in “voglio essere trovata”. «In me c’è una vulnerabilità che finalmente inizio ad accettare. Da giovane non mi sentivo abbastanza sicura per poter gestire tutti questi sentimenti, non li capivo, recitare mi ha dato spazio per farlo. Ero molto ansiosa, quindi le commedie erano perfette per me. Adesso quella fase è finita, e da adulta posso dire che è molto più terapeutico accettare me stessa. Sentirmi più sicura permette a emozioni “spaventose” di arrivare in superficie, e questo a sua volta mi fa crescere anche come artista. In un certo senso ho più paura ma ho anche molto più da dare al pubblico». Anche Cabaret, il musical di Broadway che l’ha impegnata fino a prima delle riprese con Chazelle, ha fatto la sua parte. Ha cantato otto volte alla settimana, 40 canzoni in tutto, perdendo spesso la voce, per altro profondissima. «Lavorare in teatro ti rafforza, mi ha fatto vedere la recitazione da un’altra prospettiva. Indipendentemente da come ti senti tutte le sere sei sul palco, dopo un po’ perdi la paura di sbagliare». È un tema su cui torna più volte, durante la conversazione, come quando le chiedi qual è la cosa più coraggiosa che ha fatto in vita sua. «Mi sento fiera quando riesco davvero a esprimere quello che sento, può essere anche dire di no a qualcosa o a qualcuno».

Cresciuta in Arizona a pane e musical (recitava con il Valley Youth Theatre), con il padre Jeff, imprenditore, e la madre Krista, casalinga, racconta che quando sua nonna ha visto La La Land si è messa a piangere. «Se penso che è sposata con il nonno da 55 anni significa che la storia d’amore che si vede sullo schermo tocca proprio tutti. C’è sempre qualcuno nella nostra vita per cui ti chiedi “perché non ha funzionato?” o “come sarebbe stato se fosse andata avanti?”. Anch’io quando ho letto la sceneggiatura ho pianto». La cosa la riguarda da vicino, tra l’altro. Quando è girata la voce che lei e Andrew Garfield si erano lasciati, nonostante i due non abbiano mai confermato né smentito la loro storia, durata almeno quattro anni, in molti hanno vociferato che fosse a causa dei troppi impegni presi su set distanti. «No, io e Andrew non ci siamo lasciati per questo motivo, ma preferisco non spingermi oltre su questo tema».

Come Matthew McConaughey, Nicole Kidman e molti altre celeb, Emma sarà presto protagonista anche del piccolo schermo. Il primo progetto di cui si mormora è  Maniac, una serie da 30 minuti a puntata con il collega di Superbad Jonah Hill. È un’altra pietra miliare per l’attrice, che si misurerà anche con il ruolo di produttrice. La prossima primavera, a Londra, inizierà le riprese di The favourite con Yorgos Lanthimos, il regista di quel capolavoro stravagante che è The Lobster. Ma prima avremo il piacere di vederla in The Battle of the sexes, diretta da Jonathan Dayton, il film che ricostruisce l’epico confronto sul campo da tennis del 1973 in cui si sfidarono Billie Jean King e Bobby Riggs, interpretato da Steve Carell. «È un film incredibile, ha lo stesso direttore della fotografia di La La Land, Linus Sandgren, e gran parte della troupe. È un film così diverso da quelli che ho fatto finora, non avevo mai recitato una persona davvero esistita come Billie Jean King. E quello che voglio portare a un regista, oggi, è un senso di apertura e di esplorazione, un’attitudine a immergermi nello sconosciuto».

Amica di Mila Kunis e Taylor Swift, ha due miti: Diane Keaton e Marion Cotillard, di cui ha ripetuto all’infinito le scene de La vie en rose nel privato della sua stanza. Mentre in pubblico ha imparato a fare i conti con la celebrità. «Per il novanta per cento del tempo riesco ancora ad andare al supermercato. Il restante dieci per cento del tempo mi trovo gente che mi fotografa fuori dalla porta di casa, lontano dal contesto di un festival o di una premiere. Può essere spaventoso e invadente, è come se sentissero che gli devi qualcosa perché ti vedono da qualche parte, vogliono strapparti qualcosa». Anche per questo motivo la Stone ha lasciato Los Angeles per New York, «almeno lì quando entri in un ristorante non ti guardano tutti per vedere chi sei, come succede a Los Angeles. Se sento la pressione del gossip perché lavoro con uomini meravigliosi? Certo, devo proteggere me stessa. Così come devo stare attenta a quello che leggo…».

Cover story D La Repubblica del 10 dicembre 2016 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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