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Cristiana Allievi

~ Interviste illuminanti

Cristiana Allievi

Archivi Mensili: febbraio 2021

Gal Gadot, «C’è una super donna in ognuna di noi».

15 lunedì Feb 2021

Posted by Cristiana Allievi in Attulità, cinema, giornalismo, Personaggi

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Tag

Attrici, Cleopatra, Diana, Fast and Furious, Gal Gadot, Grazia Italia, icona, interviste illuminanti, red carpet, Star, women power, Wonder Woman

di Cristiana Allievi

Intervista a Gal Gadot, di nuovo nei panni di Wonder Woman in Wonder Woman 1984.
L’attrice israeliana Gal Gadot, 35 anni (photo courtesy Grazia Cina).

SI E’ ADDESTRATA NELL’ESERCITO. HA FATTO LA MODELLA. E’ DIVENTATA LA PRIMA SUPEREROINA A SBANCARE IL BOTTEGHINO. ORA GAL GADOT TORNA A INTERPRETARE WONDER WOMAN. «CON IL MIO PERSONAGGIO VOGLIO ISPIRARE LE RAGAZZE A TROVAE LA VERA FORZA», RACCONTA

Quando l’hanno vista al cinema, le donne di tutto il mondo hanno pianto nell’ammirarne le doti. I social sono impazziti e tutti volevano salvare il mondo, come faceva lei. A tre anni di distanza, eccola nel seguito del film che allora aveva sbancato il botteghino incassando 822 milioni di dollari, Wonder Woman 1984. Nel doppio ruolo di attrice e  produttrice, cavalca fulmini, indossa ali dorate, insegue il suo sogno e ci restituisce una versione di eroina e donna poco patinata e molto concreta, un po’ come sembra essere lei (il film è disponibile in digitale per l’acquisto e e il noleggio premium su Amazon Prima Apple tv, Sky, Primafila e Infinity). La storia vede l’archeologa eroina Diana Prince alle prese con un uomo d’affari (Pedro Pascal) che acquisisce il potere di dare alla gente tutto ciò che desidera, prendendo in cambio i talenti di ognuno. Se la trama del film non ha convinto del tutto i critici, a Hollywood hanno capito al volo che funziona: presto sarà l’affascinante femme fatale Linnet Ridgeway Doyle di Assassinio sul Nilo, poi Hedy Lamarr, l’attrice hollywoodiana che nella vita ha fatto anche la scienziata con tanto di brevetti. Poi sarà la volta di Cleopatra, la più celebre regina d’Egitto, e a dirigerla sarà la stessa Patty Jenkin che ce l’ha mostrata nelle vesti della prima eroina femminile della DC comics. Le polemiche si sono già rincorse in rete, essendo Cleopatra greca e berbera, mentre Gal è israeliana, di origini europee. Trentacinque anni, ebrea cresciuta in una cittadina nel centro d’Israele simile alla California, con un padre ingegnere e una madre insegnante di educazione fisica, Gal avrebbe voluto frequentare l’Università e diventare avvocato. Un po’ come da ragazza preferì lavorare in un fast food piuttosto che fare la modella, come le era stato chiesto. Ma nel 2004 è diventata Miss Israele, e poco dopo Hollywood l’ha scelta  come sensuale esperta di armi in Fast and Furious, così la rotta della sua vita è cambiata. Oggi vive fra Telaviv e Los Angeles con il marito, il businessman Yaron Varsano,  e le loro due figlie, Alma e Maya, 8 e 3 anni. Nel nostro collegamento Zoom è di una bellezza che toglie il fiato. «Le riprese di Wonder Woman sono durate otto mesi, è stato così stancante che fare squadra fra di noi sul set ha fatto la differenza. Non sa quante volte qualcuno riusciva a tornare a farmi ridere, dopo che ero scoppiata a piangere».

Cosa rappresenta per lei questa eroina che è nata dalla penna dello psicologo William Moulton Marston, che 75 anni fa ha voluto dare un modello alle donne, fra tanti super eroi maschili? «È una persona ottimista, positiva, coraggiosa, rappresenta il lato migliore di noi stessi. È il perfetto esempio di come dovremo comportarci, ricordandoci che così facendo creiamo un mondo migliore.  Non credo esista qualcuno che desideri davvero la guerra o che propri figli si arruolino in un esercito, tutto ciò che gli esseri umani vogliono è vivere bene su questo pianeta. Cerco di potenziare questi messaggi, con il mio lavoro».

Che viaggio compie Diana, da dove l’avevamo lasciata nel primo episodio?  «Lì aveva imparato a conoscere i propri poteri e la propria forza, ed era diventata Wonder Woman. Ma lì avevamo visto solo la nascita di un’eroina, mancava la parte che spiegasse chi era. Riflettendo su quello che stava accadendo nel mondo, la regista si è chiesta cosa avrebbe fatto dopo. Quindi adesso la vediamo molto più matura e immersa nella complessità del genere umano. È anche molto sola, ha perso tutti gli elementi del suo team e non vuole farsi nuovi amici perché scoprirebbero che lei non invecchia mai, oltre al fatto che loro morirebbero e lei dovrebbe ogni volta lasciarli andare. Per questo si isola dal mondo e conduce un’esistenza molto solitaria, con l’unico scopo di aiutare il genere umano».

La scena d’apertura del film è grandiosa: una specie di gara fra atlete Amazzoni in cui si capisce chi è la bambina che da grande sarà la guerriera Diana Prince. «Mi ha molto emozionata. Per la prima volta non ho sentito che era Gal l’attrice,  quella che stavo guardando sullo schermo: mi sembrava di avere nove anni e di guardare un’altra bambina della mia età. Una reazione che mi ha toccata».

Com’è stato tuffarsi nei scintillanti anni Ottanta? «È stato interessante essere una donna adulta che si confronta con gli eccessi di un mondo maschilista che puntava tutto sul possedere e sul successo. Vediamo un genere umano all’apice del suo successo o, per meglio dire, dei suoi eccessi. Visivamente quel decennio è pieno di stimoli, sia visivi sia musicali».

Come ci si trasforma in una semi dea, che in quanto a poteri non è seconda a nessuno? «Ho dovuto convincere me stessa di avere tutti questi poteri incredibili, ma soprattutto ricordare di avere un cuore e di essere umana.  Empatia, compassione e vulnerabilità sono le tre parole che mi hanno davvero aiutata a incarnare una donna accessibile, in cui altre donne possono riconoscersi».

Il messaggio che manda alle  giovanissime potente: è come se dicesse “la forza per guidare la propria vita è dentro di voi”. Chi le ha dato questo messaggio, da ragazza? «Non ho avuto la fortuna  di vedere tutti questi personaggi femminili forti, al cinema. Ma osservando l’effetto che fanno alle mie figlie, oltre che ai maschi di età diverse, mi sento grata di aver avuto l’opportunità di essere Diana. Credo che quando guardi icone come lei, in un film, credi di poter essere anche tu un po’ così, e questa è un’esperienza che può trasformarti. I film sui supereroi hanno molto potere, in questo senso».

(continua…)

L’intervista integrale è pubblicata su Grazia dell’11/2/2021

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Gaia Bermani Amaral, «Il mio cuore sa aspettare».

08 lunedì Feb 2021

Posted by Cristiana Allievi in Attulità, cinema, Cultura, Netflix

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Anni Cinquanta, Film, Gaia Bermani Amaral, interviste illuminanti, Italia, L'ultimo paradiso, Riccardo Scamarcio

di Cristiana Allievi

L’attrice Gaia Bermani Amaral, 40 anni (courtesy Andrea Ciccalè, Grazia)

L’ABBANDONO DA PARTE DI PADRE BRASILIANO. GLI INIZI CON LA PUBBLICITA’, POI LA SCOPERTA DEL CINEMA. IL ROMANZO CHE STA SCRIVENDO. L’ATTRICE E MODELLA GAIA BERMANI AMARAL RACCONTA A GRAZIA LE SVOLTE IMPREVISTE DELLA SUA VITA E L’OCCASIONE DI RECITARE UN FILM CAPACE DI METTERLA ALLA PROVA: UNA STROIA D’AMORE TRAVOLGENTE CON RICCARDO SCAMARCIO

La intercetto, non vista, mentre sta armeggiando con Zoom. Si sta preparando al nostro incontro, e in epoca di connessioni virtuali sappiamo tutte cosa significa: trovare  l’angolazione in cui la luce fa l’effetto migliore sulla nostra faccia. Non glielo dirò, durante il nostro incontro di lì a poco, ma la schiettezza della voce che ho sentito in quel frangente mi ha dato l’impressione di una persona solare, a cui non daresti i 40 anni che ha. Gaia Bermani Amaral è una modella nata a San Paolo, con madre italiana e padre carioca, che a nove anni è stata catapultata dal Brasile in Italia. Studi classici al Parini di Milano, si iscrive a Lettere finché uno spot della Tim con cui gira l’Italia in barca a vela, diventando di colpo molto popolare, la strappa ai libri. «Ero molto giovane e mi sentivo impreparata, temevo di bruciarmi», racconta con sorriso grande e voce squillante, e mi ricorda molto  Julia Roberts. Invece quell’esperienza è stata l’inizio di tutto, l’esordio al cinema, con un film d’autore come I giorni dell’abbandono di Roberto Faenza,  la conduzione di Bi-live  sul canale musicale All music, il video clip di Afferrare le stelle, di Bennato, poi le serie tv come Capri e A un passo dal cielo. Dal 5 febbraio  la vedremo per la prima volta in un ruolo da protagonista in L’ultimo paradiso, accanto a Riccardo Scamarcio coproduttore e cosceneggiatore del film. Scopro con questa conversazione che  il regista del film Netflix, Rocco Ricciardulli , è anche il suo compagno, e che la storia è ispirata a una vicenda realmente accaduta a un parente della sua famiglia. Siamo nell’Italia del Sud, anni Cinquanta. Bianca (Amaral) ama Ciccio (Scamarcio), che però oltre a essere sposato con un’altra donna (Valentina Cervi) è anche  in conflitto con i proprietari terrieri, uno dei quali è il padre di Bianca. I due amanti progettano una fuga, ma un delitto d’onore li fermerà. Fino a qui è tutto vero, segue una chiusa poetica su cui non spoileriamo.

Come racconterebbe L’ultimo paradiso? «È la storia di un amore impossibile, con un finale simbolico, quasi surreale. Essendo milanese ho dovuto prendere lezioni di pugliese, il regista voleva che avessi solo un po’ di cadenza, essendo la figlia di un proprietario terriero non dovevo parlare il dialetto ma essere credibile in quei panni».

A cosa ha attinto per essere credibile come una donna del Sud? «Alle mie radici sudamericane, a quella sensualità che si respira in Brasile. E poi se da un lato sono molto dolce, dall’altro sono fumantina, ho spinto molto su questa parte del mio carattere».

Come ha avuto la parte? «Sono stata privilegiata, il mio compagno è il regista del film, non credo che altri avrebbero creduto in me per questo ruolo. Siamo insieme da quasi sette anni, ho sentito il suo racconto nel 2015 e ne sono rimasta colpita. Ho avuto tutto il tempo di entrare nella storia, che in realtà è accaduta in Lucania ma che noi abbiamo girato in Puglia».

(…continua)

Intervista pubblicata su Grazia del 4/2/2021

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Soko, finalmente consapevole di sorprendere (ancora)

03 mercoledì Feb 2021

Posted by Cristiana Allievi in arte, cinema, Cultura, giornalismo, Musica, Personaggi

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A Good Man, cinema, Cristiana Allievi, D La repubblica, giornalista, interviste illuminanti, Soko, The dancer

di Cristiana Allievi

L’attrice e cantante francese Soko, 30 anni (courtesy http://www.amyharrity.com)

Dall’altra parte del monitor la luce è abbagliante. A Los Angeles una donna si raccoglie i capelli dietro la nuca. Sorride, scherza, ammicca. Nella stanza accanto un bimbo si è appena addormentato, e quando si risveglierà lei esisterà solo per lui e per il loro momento di gioco insieme. Una normale scena famigliare, non fosse che dall’altra parte dell’Oceano c’è Soko, al secolo Stéphanie Sokolinski, l’artista che fino a una manciata di anni fa era nota per due motivi: essere la ex fiamma di Kristen Stewart e la musa di Gucci. Lo scenario, oggi,, sole californiano incluso, è molto cambiato per la polistrumentista, cantautrice e attrice nata a Bordeaux, ma di origini polacche. Si è lasciata alle spalle una vita con la valigia in mano e una serie di relazioni instabili, e ha ceduto al richiamo ancestrale di diventare mamma di  Indigo Blue (“abbiamo scelto il nome dalla canzone dei The Clean”), partorito due anni fa, che sta crescendo con la compagna Stella. “Sono in un relazione con una donna del mio sesso, e ho un bambino, sì, è possibile”, dice con un tono serio ma con un sorriso. Con il suo curriculum esistenziale, era perfetta per A good man, il film diretto da Marie-Castille Mention-Schaar in cui interpreta Aude, una donna che ama Benjamin, un transessuale (interpretato magnificamente da Noémie Merlant, la star di Ritratto di una donna in fiamme) e che non può avere bambini. Sarà proprio Benjamin a sacrificarsi per la coppia,  non avendo ancora completato la transizione a uomo. Basato su una storia vera, il film uscirà nelle sale francesi il 3 marzo (da noi prossimamente) mostra molto non detto sulle conseguenze psicologiche delle scelte della coppia, per esempio quando uno dei due rinuncia alla carriera per stare con l’altro. «Per la maggior parte della mia vita sono stata al posto di Ben, nelle relazioni», racconta. «Ho sempre vissuto correndo e ho preso grandi decisioni di vita dicendo ai miei partner  “io faccio questo, vuoi farne parte?”. Mi hanno seguita sui set, in tour o in qualsiasi cosa avessi già programmato, e lo hanno fatto a costo di grandi sacrifici. Ho sempre voluto lavorare su questo aspetto, riuscendo a far sentire l’altra persona speciale, e soprattutto ascoltata».

Nel 2006 il nome di Soko era balzato alle cronache per aver registrato I’ll Kill Her con un telefonino e avere spopolato su Myspace. E come si conviene a una donna che vive(va) di contrasti, da attrice ha attirato l’attenzione nei panni di una donna dell’Ottocento,  Augustine, la prima paziente “isterica” dalla storia della medicina.  Mentre è stato Io danzerò a regalare la fama internazionale, con la sua straordinaria rappresentazione di Loïe Fuller nel film basato sul romanzo di Giovanni Lista. L’anno dopo quel successo si è rinchiusa a scrivere le proprie storie. Il risultato è stato un terzo disco, Feel Feelings, uscito lo scorso luglio, con un video del singolo Are You a Magician? diretto dall’amica di lunga data Gia Coppola, nipote di Francis Ford. Un disco che celebra l’amore, naturalmente di ogni tipo, e che sembra frutto anche di una nuova consapevolezza. Arriva forte e chiara dai suoi ragionamenti. «Pensa che la maternità mi abbia cambiata?», sdrammatizza.

(continua…)

L’intervista integrale su D la Repubblica, 30/1/2021

© Riproduzione riservata

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