• Info

Cristiana Allievi

~ Interviste illuminanti

Cristiana Allievi

Archivi tag: Film

Mads Mikkelsen: «Anche gli errori ci aiutano ad amare la vita».

23 domenica Mag 2021

Posted by cristianaallievi in arte, Attulità, cinema, Cultura

≈ Lascia un commento

Tag

alcool, Film, Hannibal, Harrison Ford, Mads Mikkelsen, Oscar 2021, Thomas Vinterberg, Un altro giro

NEL FILM UN ALTRO GIRO, PREMIATO CON L’OSCAR, È UN PROFESSORE IN CRISI CHE RITROVA SE STESSO. «A VOLTE PER RINASCERE BISOGNA ACCETTARE GLI SBAGLI COMMESSI», RACCONTA.

di Cristiana Allievi

Ricordo quel giorno in cui, anni fa, seduti su un muretto della riviera francese gli ho rivolto una domanda pericolosa: “Capita spesso che ti scambino per Viggo Mortensen”? Non ci ha pensato nemmeno un istante a offendersi, o a proseguire la conversazione   rispondendo a monosillabi. Invece si è voltato verso di me, divertito, e mi ha detto “Capitava eccome. Persino i fotografi ai festival mi urlavano “Viggo, Viggo, girati da questa parte… Non riuscivo ad avvisarli che non ero io quello che avevano appena fotografato… ”.  Ma grazie a ruoli come lo psicologo e sociopatico dottor Hannibal Lecter del romanzo di Thomas Harris, lo scienziato di Rogue One: A Star Wars Story e il prete sexy di Van Gogh, sulla soglia dell’eternità, è arrivato il successo internazionale e le cose sono cambiate. Ma non Mads Mikkelsen, che ha la stessa leggerezza di allora, nonostante l’attenzione, soprattutto in questo ultimo anno, sia stata sempre su di lui. Figlio di un’infermiera e di un banchiere, Mads ha un fratello che fa il suo stesso mestiere, Lars, e due figli avuti con la moglie Hanne Jacobsen, con cui in 21 anni non ha mai vissuto una crisi. Erano tutti insieme la sera del 25 aprile, quando Un altro giro, di cui Mads è protagonista,  ha vinto l’Oscar per il Miglior film straniero, culmine di un lungo percorso iniziato mesi fa. Persino Paolo Sorrentino ha speso parole importanti a commento del lavoro del collega regista Thomas Vinterberg: “ha fatto un film magnifico, avrei voluto girarlo io”. Finalmente dal 20 maggio questa storia sarà nei nostri cinema. Al centro vede quattro professori di liceo che vivono una crisi di mezz’età, finché non scoprono un articolo e la rivelazione che contiene: avere un tasso di alcool costante nel sangue pari a 0.5 rende più creativi e ricettivi, vedere alle voci Churchill ed Emingway. La scoperta sembra cambiare il corso delle loro vite, ma le cose non sono semplici come appaiono. Per la sua interpretazione la star danese ha vinto il premio come miglior attore all’ultimo San Sebastian Film Festival, e raccolto consensi da Toronto a Roma.

È il volto della birra Carlsberg in tutto il mondo: possiamo dire che i conti tornano? «È la mia bevanda alcolica preferita, l’ho sempre detto e credo che la casa danese mi abbia scelto per questo motivo».

Che effetto fa vedersi ovunque, sui cartelloni, in formato maxi? «È impossibile non notarmi, ma quando ti vedi tante volte ti abitui e non ci fai più caso».

La sua attitudine rispetto all’alcool è cambiata girando Un altro giro? «No, con l’alcol ho quella che definirei una buona relazione. La storia di Un giro non dice quanto sia giusto bere, è una scusa per un esperimento interessante e soprattutto per parlare dell’amore per la vita. Sappiamo tutti che uno o due bicchieri di vino fanno un effetto meraviglioso, e che probabilmente in tanti non avremmo trovato una moglie o un marito senza l’aiuto dell’alcool».

Ricordi ne ha?  «Mi basta pensare a quando prendevo la cornetta del telefono per chiamare una ragazza, a 16 anni, a quell’energia meravigliosa rilasciata grazie a un po’ di alcool…». 

(continua…)

Intervista pubblicata su Grazia del 19/5/2021

© Riproduzione riservata

Gaia Bermani Amaral, «Il mio cuore sa aspettare».

08 lunedì Feb 2021

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, Cultura, Netflix

≈ Lascia un commento

Tag

Anni Cinquanta, Film, Gaia Bermani Amaral, interviste illuminanti, Italia, L'ultimo paradiso, Riccardo Scamarcio

di Cristiana Allievi

L’attrice Gaia Bermani Amaral, 40 anni (courtesy Andrea Ciccalè, Grazia)

L’ABBANDONO DA PARTE DI PADRE BRASILIANO. GLI INIZI CON LA PUBBLICITA’, POI LA SCOPERTA DEL CINEMA. IL ROMANZO CHE STA SCRIVENDO. L’ATTRICE E MODELLA GAIA BERMANI AMARAL RACCONTA A GRAZIA LE SVOLTE IMPREVISTE DELLA SUA VITA E L’OCCASIONE DI RECITARE UN FILM CAPACE DI METTERLA ALLA PROVA: UNA STROIA D’AMORE TRAVOLGENTE CON RICCARDO SCAMARCIO

La intercetto, non vista, mentre sta armeggiando con Zoom. Si sta preparando al nostro incontro, e in epoca di connessioni virtuali sappiamo tutte cosa significa: trovare  l’angolazione in cui la luce fa l’effetto migliore sulla nostra faccia. Non glielo dirò, durante il nostro incontro di lì a poco, ma la schiettezza della voce che ho sentito in quel frangente mi ha dato l’impressione di una persona solare, a cui non daresti i 40 anni che ha. Gaia Bermani Amaral è una modella nata a San Paolo, con madre italiana e padre carioca, che a nove anni è stata catapultata dal Brasile in Italia. Studi classici al Parini di Milano, si iscrive a Lettere finché uno spot della Tim con cui gira l’Italia in barca a vela, diventando di colpo molto popolare, la strappa ai libri. «Ero molto giovane e mi sentivo impreparata, temevo di bruciarmi», racconta con sorriso grande e voce squillante, e mi ricorda molto  Julia Roberts. Invece quell’esperienza è stata l’inizio di tutto, l’esordio al cinema, con un film d’autore come I giorni dell’abbandono di Roberto Faenza,  la conduzione di Bi-live  sul canale musicale All music, il video clip di Afferrare le stelle, di Bennato, poi le serie tv come Capri e A un passo dal cielo. Dal 5 febbraio  la vedremo per la prima volta in un ruolo da protagonista in L’ultimo paradiso, accanto a Riccardo Scamarcio coproduttore e cosceneggiatore del film. Scopro con questa conversazione che  il regista del film Netflix, Rocco Ricciardulli , è anche il suo compagno, e che la storia è ispirata a una vicenda realmente accaduta a un parente della sua famiglia. Siamo nell’Italia del Sud, anni Cinquanta. Bianca (Amaral) ama Ciccio (Scamarcio), che però oltre a essere sposato con un’altra donna (Valentina Cervi) è anche  in conflitto con i proprietari terrieri, uno dei quali è il padre di Bianca. I due amanti progettano una fuga, ma un delitto d’onore li fermerà. Fino a qui è tutto vero, segue una chiusa poetica su cui non spoileriamo.

Come racconterebbe L’ultimo paradiso? «È la storia di un amore impossibile, con un finale simbolico, quasi surreale. Essendo milanese ho dovuto prendere lezioni di pugliese, il regista voleva che avessi solo un po’ di cadenza, essendo la figlia di un proprietario terriero non dovevo parlare il dialetto ma essere credibile in quei panni».

A cosa ha attinto per essere credibile come una donna del Sud? «Alle mie radici sudamericane, a quella sensualità che si respira in Brasile. E poi se da un lato sono molto dolce, dall’altro sono fumantina, ho spinto molto su questa parte del mio carattere».

Come ha avuto la parte? «Sono stata privilegiata, il mio compagno è il regista del film, non credo che altri avrebbero creduto in me per questo ruolo. Siamo insieme da quasi sette anni, ho sentito il suo racconto nel 2015 e ne sono rimasta colpita. Ho avuto tutto il tempo di entrare nella storia, che in realtà è accaduta in Lucania ma che noi abbiamo girato in Puglia».

(…continua)

Intervista pubblicata su Grazia del 4/2/2021

© Riproduzione riservata

Sotto il sole c’è Lorenzo (Zurzolo)

20 lunedì Lug 2020

Posted by cristianaallievi in cinema, Netflix, Personaggi

≈ Lascia un commento

Tag

Baby, D La repubblica, Film, interviste illuminanti, Lorenzo Zurzolo, Netflix, Sotto il sole di Riccione

DALLA SERIE BABY AL FILM DELL’ESTATE IN STREAMING: ARRIVA LA STAGIONE DI ZURZOLO

di Cristiana Allievi

Lorenzo Zurzolo, 20 anni, attore (photo courtesy of Netflix)

Avere 740mila follower non è un gioco da ragazzi. Ma se sei della generazione che sa come mostrarsi, come usare i social e come parlare alla stampa, tutto è possibile. Specie se finisci in una serie tv proiettata in tutto il mondo, com’è successo a lui in Baby, la storia (vera) fatta di licei e prostituzione giovanile nella Roma bene che gli ha regalato la fama internazionale. «Avevo sette anni quando mi presero al primo provino. Eravamo a  Sabaudia, con Totti. Ci ha messo 37 ciak a dire life is now, con il coach inglese che urlava. Ma è di una simpatia incredibile, e io sono romanista, è stata una delle giornate più belle del mondo e ho detto a mia madre che volevo continuare». Così è stato, con Una famiglia perfetta di Paolo Genovese, poi qualche pubblicità e spettacoli teatrali, fino alla serie tv Questo è il mio paese. «All’epoca mi fermavano per strada, ma appena finiva la serie le fan page toglievano il mio nome. Con Baby, e 190 pesi che ti seguono nel mondo, è stato diverso». Madre pierre che lo ha accompagnato nel mondo dello spettacolo, padre giornalista radio che lo vorrebbe all’Università, Lorenzo Zurzolo dall’1 luglio sarà nel film dell’estate di Netflix, Sotto il sole di Riccione. Primo, riuscitissimo, lungometraggio dei registi di videoclip YouNuts! Un colpo di genio dare a lui, con due splendidi occhi chiari, la parte del non vedente, come  affidare la colonna sonora a Tommaso Paradiso, e avere il tormentone estivo assicurato. «Fanno immagini bellissime e sono molto diretti, ti dicono le cose come le direbbe un ragazzo della mia età. Se assomiglio al personaggio di Vincenzo? Lui è sincero ma tende a tenere tutto dentro. Io preferisco parlare subito, prima che sorgano problemi».

(continua…)

Intervista pubblicata su D La Repubblica del 18 luglio 2020

© Riproduzione riservata

The happy prince, Rupert Everett è Oscar Wilde

23 venerdì Feb 2018

Posted by cristianaallievi in Berlinale, Cultura, Festival di Berlino, Miti, Personaggi

≈ Lascia un commento

Tag

Berlino 2018, esordio alla regia, Film, Oscar Wilde, Rupert Everett, The happy prince

Come l’uomo che ha prestato il volto a Dylan Dog (anche in un doppio gioco di specchi tra fumetto e cinema) si cala ora nei panni del suo mito in un film, di lunga genesi, che lo vede regista e interprete

«Era affascinato da Cristo e dal Cristianesimo, il suo è stato un sacrificio. Avrebbe avuto l’opportunità di scappare dall’Inghilterra e di non finire in prigione, ma ha deciso diversamente: si è sacrificato per tornare a vivere. Per me Oscar Wilde è una figura ‘cristica’». Parola di Rupert Everett.

Ci sono film preceduti dalla loro stessa fama, per svariati motivi. A causa del soggetto che trattano, o del regista che lo affronta, oppure per il momento storico particolarmente favorevole a riceverlo. Nel caso di The happy prince si tratta di un vero e proprio corto circuito di tutti questi elementi.
È l’esordio alla regia di Rupert Everett, 58 anni, e racconta la storia molto poco conosciuta degli ultimi tre anni di vita di Oscar Wilde. E, cosa non di poco conto, a interpretare il celebre scrittore irlandese dell’epoca vittoriana, che ha dato scandalo ante litteram in fatto di omosessualità, è Everett stesso, che sembra nato per questo ruolo, lui che ha pagato caro in termini di carriera l’aver fatto coming out con largo anticipo sui tempi. Non ha caso il discendente della famiglia reale di Carlo II Stuart, re d’Inghilterra e Scozia, ha impiegato più di un decennio per trovare i fondi per portare a termine il film presentato in anteprima mondiale all’ultima Berlinale, probabilmente il più importante della sua vita.

The Happy Prince

La storia propone il “sacrificio” di un artista acclamatissimo, l’uomo che è stato il più famoso personaggio di Londra e che finisce i suoi giorni crocifisso dalla stessa società che lo ha acclamato.

Imprigionato con l’accusa di indecenza a causa di una liason scandalosa con Lord Alfred “Bosie” Douglas, e per questo amore sbeffeggiato e oltraggiato, Oscar Wilde passa l’ultimo anno di vita in tour per l’Europa, in incognito, fra sensi di colpa, dolori dovuti all’ascesso a un orecchio e giovani pagati a poco prezzo.
Everett si è presentato a Berlino con cappotto blu e cappellino alla The Edge, che non ha tolto nemmeno in sala stampa. E nonostante nel film sia chiaro che abbia messo tutto se stesso (e soprattutto tutto il suo cuore), nel parlarne non perde la sua inconfondibile compostezza british.

«Abbiamo faticato molto a raccogliere i soldi», ha raccontato ai giornalisti di tutto il mondo parlando del film che vede come altri protagonisti anche Emily Watson, Colin Morgan, Colin Firth ed Edwin Thomas. «A un certo punto ho deciso di fare una tournée teatrale per risvegliare l’interesse nei confronti di Wilde, e grazie a The Judas Kiss le cose si sono sbloccate ed è arrivata la BBC».

Al centro del racconto di Everett, la forza autodistruttiva di Wilde. «Era un uomo che la gente non capiva, perché non è facile comprendere il fascino dell’autodistruzione. Ma lui ha percorso strade con largo anticipo rispetto a Freud stesso».

Uscito di prigione, Wilde scandalizza i suoi amici tornando fra le braccia di Bosie, ma Everett se lo immagina mentre legge la favola The happy prince a due giovani parigini, e molto tempo prima ai suoi figli, insegnando loro con una grande metafora che “l’amore è tutto”.

The Happy Prince

A proposito di sacrificio, non è da trascurare quello della moglie di Wilde, Constance, che viene letteralmente distrutta dal marito. «Era quasi impossibile non amare quell’uomo, aveva molto fuoco dentro di sé ed era molto attraente », racconta l’attrice nominata due volte agli Oscar Emily Watson, che interpreta la malcapitata. «Per costruire il mio personaggio ho letto Very tragic and scandalous life of Mrs Oscar Wilde e ho scoperto che era una donna piena di vita e agli inizi faceva parte del movimento artistico. Ma ha dovuto pagare un prezzo altissimo per le scelte del marito: è morta triste e sola, la sua vita è stata letteralmente divorata dall’ipocrisia».

Il film è una coproduzione anglo-franco-tedesco-italiana ed è girato per metà in Germania.
«Abbiamo trovato un vecchio castello in Bavaria che ha funzionato perfettamente», ricorda Everett, «in pratica abbiamo lavorato dove Wilde non ha mai messo piede e non siamo mai stati a Parigi dove invece è ambientato il film».
Alla domanda se è stato difficile scriversi il copione, recitarlo e dirigere se stessi, risponde senza esitazioni. «Adoro lavorare con me stesso come regista, anche se è stato molto impegnativo e metà delle mie performance di attore ne hanno risentito. Ma ho sistemato tutto durante l’editing».

La vita di Rupert Everett, la sua vena polemica, il narcisismo e l’eleganza dei suoi modi lo hanno reso una miscela esplosiva, un vero idolo, al punto da spingere Tiziano Sclavi a creare a sua immagine il protagonista del suo Dylan Dog.
Non stupisce che un uomo così sia stato stregato da Wilde, vero iniziatore del movimento di liberazione dei gay.

«Prima di Oscar la parola “omosessuale” non esisteva nemmeno, la comunità LGTB di oggi deve sapere che è stato assassinato un uomo per difendere la sua sessualità, e che gli dobbiamo il cambiamento che stiamo vivendo oggi».

The Happy Prince

Autore di due romanzi e di due autobiografie, come di articoli pubblicati dall’Observer, The Times, Vogue, Harper’s Bazaar e Vanity Fair, Everett al momento è in Italia e sta girando Il nome della rosa. Vedremo The happy prince nelle nostre sale dal 25 aprile, distribuito da Vision Distribution.

Articolo pubblicato su GQ.it

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Iscriviti

  • Articoli (RSS)
  • Commenti (RSS)

Archivi

  • dicembre 2022
  • novembre 2022
  • ottobre 2022
  • settembre 2022
  • luglio 2022
  • giugno 2022
  • Maggio 2022
  • aprile 2022
  • marzo 2022
  • febbraio 2022
  • gennaio 2022
  • dicembre 2021
  • novembre 2021
  • ottobre 2021
  • giugno 2021
  • Maggio 2021
  • aprile 2021
  • marzo 2021
  • febbraio 2021
  • dicembre 2020
  • novembre 2020
  • ottobre 2020
  • settembre 2020
  • agosto 2020
  • luglio 2020
  • giugno 2020
  • Maggio 2020
  • marzo 2020
  • febbraio 2020
  • novembre 2019
  • settembre 2019
  • luglio 2019
  • giugno 2019
  • Maggio 2019
  • aprile 2019
  • marzo 2019
  • febbraio 2019
  • gennaio 2019
  • dicembre 2018
  • novembre 2018
  • ottobre 2018
  • settembre 2018
  • agosto 2018
  • luglio 2018
  • giugno 2018
  • Maggio 2018
  • aprile 2018
  • marzo 2018
  • febbraio 2018
  • gennaio 2018
  • dicembre 2017
  • novembre 2017
  • ottobre 2017
  • settembre 2017
  • agosto 2017
  • luglio 2017
  • giugno 2017
  • Maggio 2017
  • marzo 2017
  • febbraio 2017
  • gennaio 2017
  • dicembre 2016
  • novembre 2016
  • ottobre 2016
  • settembre 2016
  • agosto 2016
  • luglio 2016
  • giugno 2016
  • Maggio 2016
  • marzo 2016
  • febbraio 2016
  • gennaio 2016
  • dicembre 2015
  • novembre 2015
  • ottobre 2015
  • settembre 2015
  • agosto 2015
  • giugno 2015
  • Maggio 2015
  • aprile 2015
  • marzo 2015
  • febbraio 2015
  • gennaio 2015
  • dicembre 2014
  • novembre 2014
  • ottobre 2014
  • settembre 2014

Categorie

  • arte
  • Attulità
  • Berlinale
  • Cannes
  • cinema
  • Cultura
  • danza
  • Emmy Awards
  • Festival di Berlino
  • Festival di Cannes
  • Festival di Sanremo
  • Festival di Taormina
  • giornalismo
  • Golden Globes
  • Letteratura
  • Lusso
  • Miti
  • Moda & cinema
  • Mostra d'arte cinematografica di Venezia
  • Musica
  • Netflix
  • Oscar 2018
  • Personaggi
  • pittura
  • Politica
  • Quella volta che
  • Riflessione del momento
  • Senza categoria
  • Serie tv
  • Sky
  • Sport
  • Sundance
  • Teatro
  • Televisione
  • Torino Film Festival
  • Zurigo Film Festival

Meta

  • Registrati
  • Accedi

Blog su WordPress.com.

Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie
  • Segui Siti che segui
    • Cristiana Allievi
    • Segui assieme ad altri 84 follower
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • Cristiana Allievi
    • Personalizza
    • Segui Siti che segui
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza il sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra
 

Caricamento commenti...