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Cristiana Allievi

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Paola Cortellesi, «Siamo tutte figlie di Nilde Iotti»

01 lunedì Mar 2021

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, Cultura, giornalismo, Miti, Mostra d'arte cinematografica di Venezia

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Come un gatto in tangenziale, Grazia, interviste illuminanti, Iwonderfull, La befana vien di notte, La reggitora, Leonilde, Nilde Iotti, Paola Cortellesi, Peter Marcias, Riccardo Milani, Sky

In tv legge le lettere e i pensieri della prima presidentessa della Camera, la pioniera di tante battaglie femministe. «L’ho sempre ammirata» , racconta a Grazia l’attrice, «perchè grazie a lei la politica non ha più potuto ignorare le donne»

di Cristiana Allievi

  • L’attrice e sceneggiatrice Paola Cortellesi, 47 anni, sul set di Nilde Iotti, il tempo delle donne (foto di Francesca Cavicchioli)

Paola Cortellesi ha usato bene questa pandemia. Ha appreso cose nuove di sè. Ha rivoluzionato le sue abitudini. Ha superato i propri limiti. Me lo racconta in questa chiaccherata in cui sembra che la primavera, intesa non solo come stagione,  si affacci alla finestra.   «Ci stiamo allenando a vivere le alternative nel quotidiano, a pensare con un’altra testa. La prima volta il lockdown ci aveva presi alla sprovvista, adesso ci stiamo abituando al fatto che non si può programmare troppo», racconta con tono pacato, «e a tratti si può anche essere meno produttivi. Io ho imparato ad amare la calma, e ora voglio conservarla». È questa la promessa che fa a se stessa l’attrice record d’incassi come La Befana vien di notte  e Come un gatto in tangenziale. Un’artista che ormai è anche sceneggiatrice dei suoi progetti, in questi giorni impegnata proprio nella revisione del testo di Petra 2 – la serie tv Sky in cui è single  e anaffettiva – e nelle prove di abiti e trucco della stessa serie, poco prima di iniziare le riprese. Nel frattempo il docu film di Peter Marcias che sarebbe dovuto uscire in sala a novembre si fa largo in rete (il regista firma anche un libro con prefazione di Cortellesi, La Reggitora, edito da Solferino). Nilde Iotti, il tempo delle donne è già disponibile sulle piattaforme di #Iorestoinsala, e dal 25 febbraio lo sarà anche su quelle di #IWONDERFULL, infine dal 10 aprile arriverà su Sky Tv.  In questo straordinario omaggio a Nilde Iotti, prima donna a diventare presidentessa della Camera, nel 1979, Cortellesi ci restituisce il suo pensiero facendo da cerniera fra le immagini contemporanee, con testimonianze delle amiche più care e di figure di spicco della cultura e della politica di quegli anni, e le magnifiche scene di repertorio. E quando riapriranno i cinema la vedremo nel sequel di Come un gatto in tangenziale, diretta dal marito Riccardo Milani con cui ha una figlia, Laura, 9 anni.

Nilde Iotti è una figura importantissima, raccontarla dev’essere stato impegnativo. «Avevo già raccontato Iotti nello spettacolo teatrale Leonilde. Narrava le vicende anche personali, che diventarono presto di dominio pubblico. Peter Marcias aveva visto lo spettacolo e mi ha voluta come filo conduttore nel suo documentario, per dar voce alle sue lettere personali».

Sono testi struggenti.  «Privatissimi e inaccessibili per 40 anni. Strappano il cuore, per la bellezza e la cura con cui pesava ogni parola».

Iotti ha ha precorso molte battaglie femminili. Nel 1956 fondò l’Associazione delle donne e iniziò a combattere per una settimana lavorativa di quattro giorni, la parità nella visione, l’aborto e il divorzio. «Diciamo che ha combattuto per la parità, anche dei coniugi, quando per le donne non c’erano nemmeno i diritti di base. Ci sono lettere in cui racconta come veniva guardata in quanto figura di potere, con tanto di commenti che facevano su di lei. Sentiva di avere addosso un giudizio costante, ma non voleva scimmiottare un uomo per essere credibile».

Si innamorò perdutamente di Palmiro Togliatti e fu uno scandalo: lui era un uomo sposato, lei pagò la scelta sentimentale. Oggi sarebbe uguale? «Sarebbe diverso, proprio grazie alle sue battaglie».

 

Che ricordi aveva di questa politica? «Essendo nata nel 1973, è stata il primo Presidente della Camera che ho conosciuto. Ricordo che avevo un forte senso di rispetto per lei, per le sue dure battaglie e per quel suo rischiare la vita, senza alzare mai la voce. La cosa che trovo straordinaria è quel modo di muoversi e di parlare che, seppur morbido, non toglieva un grammo di forza all’efficacia delle sue azioni. Soprattutto, Iotti era una donna che sapeva ascoltare gli altri».

Paola, lei è stata una delle prime donne a firmare il manifesto “Dissenso comune”, tre anni fa esatti, in tempi di #Metoo contro gli abusi e le molestie. È servito? «Il #Metoo è nato come denuncia e reazione davanti a molte cose non dette e che andavano denunciate, come assalti e violenze. Noi ci siamo ispirate ai diritti della donna in generale, a tutto ciò che viene prima di arrivare alle azioni più deprecabili. Per quanto mi riguarda mantengo alta l’attenzione, e non mi riferisco solo agli uomini ma a come ci muoviamo nella società, perché c’è un problema culturale,negli atteggiamenti e nelle parole, difficilissimo da scardinare».

(continua…)

L’intervista integrale è pubblicata su Grazia del 25/2/2021

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Gal Gadot, «C’è una super donna in ognuna di noi».

15 lunedì Feb 2021

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, giornalismo, Personaggi

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Attrici, Cleopatra, Diana, Fast and Furious, Gal Gadot, Grazia Italia, icona, interviste illuminanti, red carpet, Star, women power, Wonder Woman

di Cristiana Allievi

Intervista a Gal Gadot, di nuovo nei panni di Wonder Woman in Wonder Woman 1984.
L’attrice israeliana Gal Gadot, 35 anni (photo courtesy Grazia Cina).

SI E’ ADDESTRATA NELL’ESERCITO. HA FATTO LA MODELLA. E’ DIVENTATA LA PRIMA SUPEREROINA A SBANCARE IL BOTTEGHINO. ORA GAL GADOT TORNA A INTERPRETARE WONDER WOMAN. «CON IL MIO PERSONAGGIO VOGLIO ISPIRARE LE RAGAZZE A TROVAE LA VERA FORZA», RACCONTA

Quando l’hanno vista al cinema, le donne di tutto il mondo hanno pianto nell’ammirarne le doti. I social sono impazziti e tutti volevano salvare il mondo, come faceva lei. A tre anni di distanza, eccola nel seguito del film che allora aveva sbancato il botteghino incassando 822 milioni di dollari, Wonder Woman 1984. Nel doppio ruolo di attrice e  produttrice, cavalca fulmini, indossa ali dorate, insegue il suo sogno e ci restituisce una versione di eroina e donna poco patinata e molto concreta, un po’ come sembra essere lei (il film è disponibile in digitale per l’acquisto e e il noleggio premium su Amazon Prima Apple tv, Sky, Primafila e Infinity). La storia vede l’archeologa eroina Diana Prince alle prese con un uomo d’affari (Pedro Pascal) che acquisisce il potere di dare alla gente tutto ciò che desidera, prendendo in cambio i talenti di ognuno. Se la trama del film non ha convinto del tutto i critici, a Hollywood hanno capito al volo che funziona: presto sarà l’affascinante femme fatale Linnet Ridgeway Doyle di Assassinio sul Nilo, poi Hedy Lamarr, l’attrice hollywoodiana che nella vita ha fatto anche la scienziata con tanto di brevetti. Poi sarà la volta di Cleopatra, la più celebre regina d’Egitto, e a dirigerla sarà la stessa Patty Jenkin che ce l’ha mostrata nelle vesti della prima eroina femminile della DC comics. Le polemiche si sono già rincorse in rete, essendo Cleopatra greca e berbera, mentre Gal è israeliana, di origini europee. Trentacinque anni, ebrea cresciuta in una cittadina nel centro d’Israele simile alla California, con un padre ingegnere e una madre insegnante di educazione fisica, Gal avrebbe voluto frequentare l’Università e diventare avvocato. Un po’ come da ragazza preferì lavorare in un fast food piuttosto che fare la modella, come le era stato chiesto. Ma nel 2004 è diventata Miss Israele, e poco dopo Hollywood l’ha scelta  come sensuale esperta di armi in Fast and Furious, così la rotta della sua vita è cambiata. Oggi vive fra Telaviv e Los Angeles con il marito, il businessman Yaron Varsano,  e le loro due figlie, Alma e Maya, 8 e 3 anni. Nel nostro collegamento Zoom è di una bellezza che toglie il fiato. «Le riprese di Wonder Woman sono durate otto mesi, è stato così stancante che fare squadra fra di noi sul set ha fatto la differenza. Non sa quante volte qualcuno riusciva a tornare a farmi ridere, dopo che ero scoppiata a piangere».

Cosa rappresenta per lei questa eroina che è nata dalla penna dello psicologo William Moulton Marston, che 75 anni fa ha voluto dare un modello alle donne, fra tanti super eroi maschili? «È una persona ottimista, positiva, coraggiosa, rappresenta il lato migliore di noi stessi. È il perfetto esempio di come dovremo comportarci, ricordandoci che così facendo creiamo un mondo migliore.  Non credo esista qualcuno che desideri davvero la guerra o che propri figli si arruolino in un esercito, tutto ciò che gli esseri umani vogliono è vivere bene su questo pianeta. Cerco di potenziare questi messaggi, con il mio lavoro».

Che viaggio compie Diana, da dove l’avevamo lasciata nel primo episodio?  «Lì aveva imparato a conoscere i propri poteri e la propria forza, ed era diventata Wonder Woman. Ma lì avevamo visto solo la nascita di un’eroina, mancava la parte che spiegasse chi era. Riflettendo su quello che stava accadendo nel mondo, la regista si è chiesta cosa avrebbe fatto dopo. Quindi adesso la vediamo molto più matura e immersa nella complessità del genere umano. È anche molto sola, ha perso tutti gli elementi del suo team e non vuole farsi nuovi amici perché scoprirebbero che lei non invecchia mai, oltre al fatto che loro morirebbero e lei dovrebbe ogni volta lasciarli andare. Per questo si isola dal mondo e conduce un’esistenza molto solitaria, con l’unico scopo di aiutare il genere umano».

La scena d’apertura del film è grandiosa: una specie di gara fra atlete Amazzoni in cui si capisce chi è la bambina che da grande sarà la guerriera Diana Prince. «Mi ha molto emozionata. Per la prima volta non ho sentito che era Gal l’attrice,  quella che stavo guardando sullo schermo: mi sembrava di avere nove anni e di guardare un’altra bambina della mia età. Una reazione che mi ha toccata».

Com’è stato tuffarsi nei scintillanti anni Ottanta? «È stato interessante essere una donna adulta che si confronta con gli eccessi di un mondo maschilista che puntava tutto sul possedere e sul successo. Vediamo un genere umano all’apice del suo successo o, per meglio dire, dei suoi eccessi. Visivamente quel decennio è pieno di stimoli, sia visivi sia musicali».

Come ci si trasforma in una semi dea, che in quanto a poteri non è seconda a nessuno? «Ho dovuto convincere me stessa di avere tutti questi poteri incredibili, ma soprattutto ricordare di avere un cuore e di essere umana.  Empatia, compassione e vulnerabilità sono le tre parole che mi hanno davvero aiutata a incarnare una donna accessibile, in cui altre donne possono riconoscersi».

Il messaggio che manda alle  giovanissime potente: è come se dicesse “la forza per guidare la propria vita è dentro di voi”. Chi le ha dato questo messaggio, da ragazza? «Non ho avuto la fortuna  di vedere tutti questi personaggi femminili forti, al cinema. Ma osservando l’effetto che fanno alle mie figlie, oltre che ai maschi di età diverse, mi sento grata di aver avuto l’opportunità di essere Diana. Credo che quando guardi icone come lei, in un film, credi di poter essere anche tu un po’ così, e questa è un’esperienza che può trasformarti. I film sui supereroi hanno molto potere, in questo senso».

(continua…)

L’intervista integrale è pubblicata su Grazia dell’11/2/2021

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Gaia Bermani Amaral, «Il mio cuore sa aspettare».

08 lunedì Feb 2021

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, Cultura, Netflix

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Anni Cinquanta, Film, Gaia Bermani Amaral, interviste illuminanti, Italia, L'ultimo paradiso, Riccardo Scamarcio

di Cristiana Allievi

L’attrice Gaia Bermani Amaral, 40 anni (courtesy Andrea Ciccalè, Grazia)

L’ABBANDONO DA PARTE DI PADRE BRASILIANO. GLI INIZI CON LA PUBBLICITA’, POI LA SCOPERTA DEL CINEMA. IL ROMANZO CHE STA SCRIVENDO. L’ATTRICE E MODELLA GAIA BERMANI AMARAL RACCONTA A GRAZIA LE SVOLTE IMPREVISTE DELLA SUA VITA E L’OCCASIONE DI RECITARE UN FILM CAPACE DI METTERLA ALLA PROVA: UNA STROIA D’AMORE TRAVOLGENTE CON RICCARDO SCAMARCIO

La intercetto, non vista, mentre sta armeggiando con Zoom. Si sta preparando al nostro incontro, e in epoca di connessioni virtuali sappiamo tutte cosa significa: trovare  l’angolazione in cui la luce fa l’effetto migliore sulla nostra faccia. Non glielo dirò, durante il nostro incontro di lì a poco, ma la schiettezza della voce che ho sentito in quel frangente mi ha dato l’impressione di una persona solare, a cui non daresti i 40 anni che ha. Gaia Bermani Amaral è una modella nata a San Paolo, con madre italiana e padre carioca, che a nove anni è stata catapultata dal Brasile in Italia. Studi classici al Parini di Milano, si iscrive a Lettere finché uno spot della Tim con cui gira l’Italia in barca a vela, diventando di colpo molto popolare, la strappa ai libri. «Ero molto giovane e mi sentivo impreparata, temevo di bruciarmi», racconta con sorriso grande e voce squillante, e mi ricorda molto  Julia Roberts. Invece quell’esperienza è stata l’inizio di tutto, l’esordio al cinema, con un film d’autore come I giorni dell’abbandono di Roberto Faenza,  la conduzione di Bi-live  sul canale musicale All music, il video clip di Afferrare le stelle, di Bennato, poi le serie tv come Capri e A un passo dal cielo. Dal 5 febbraio  la vedremo per la prima volta in un ruolo da protagonista in L’ultimo paradiso, accanto a Riccardo Scamarcio coproduttore e cosceneggiatore del film. Scopro con questa conversazione che  il regista del film Netflix, Rocco Ricciardulli , è anche il suo compagno, e che la storia è ispirata a una vicenda realmente accaduta a un parente della sua famiglia. Siamo nell’Italia del Sud, anni Cinquanta. Bianca (Amaral) ama Ciccio (Scamarcio), che però oltre a essere sposato con un’altra donna (Valentina Cervi) è anche  in conflitto con i proprietari terrieri, uno dei quali è il padre di Bianca. I due amanti progettano una fuga, ma un delitto d’onore li fermerà. Fino a qui è tutto vero, segue una chiusa poetica su cui non spoileriamo.

Come racconterebbe L’ultimo paradiso? «È la storia di un amore impossibile, con un finale simbolico, quasi surreale. Essendo milanese ho dovuto prendere lezioni di pugliese, il regista voleva che avessi solo un po’ di cadenza, essendo la figlia di un proprietario terriero non dovevo parlare il dialetto ma essere credibile in quei panni».

A cosa ha attinto per essere credibile come una donna del Sud? «Alle mie radici sudamericane, a quella sensualità che si respira in Brasile. E poi se da un lato sono molto dolce, dall’altro sono fumantina, ho spinto molto su questa parte del mio carattere».

Come ha avuto la parte? «Sono stata privilegiata, il mio compagno è il regista del film, non credo che altri avrebbero creduto in me per questo ruolo. Siamo insieme da quasi sette anni, ho sentito il suo racconto nel 2015 e ne sono rimasta colpita. Ho avuto tutto il tempo di entrare nella storia, che in realtà è accaduta in Lucania ma che noi abbiamo girato in Puglia».

(…continua)

Intervista pubblicata su Grazia del 4/2/2021

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Sophia Lillis, «Come nasce una famiglia».

28 sabato Nov 2020

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, giornalismo

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Amazon Studios, famiglia, figli, Grazia, interviste illuminanti, it, omosessualità, omosexuality, sharp, Sophia Lillis, trauma, uncle, Uncle Frank

di Cristiana Allievi

Nel film Uncle Frank Sophia Lillis è una ragazza che scopre la forza dei legami di coppia grazie a uno zio gay e al suo compagno. «Spesso i personaggi che interpreto», dice l’attrice a Grazia «mi aiutano a crescere nella vita»

Sophia Lillis protagonista di UNCLE FRANK
(Photo: Brownie Harris Courtesy of Amazon Studios)

La scream queen è seduta sul divano di casa. Siamo a Brookliyn, dove è nata e cresciuta, e ha un sorriso contagioso, grandi occhi azzurri molto chiari e le lentiggini. Un look modernissimo che Sophia Lillis, 19 anni, miscela con una presenza da star d’altri tempi. A sette anni il patrigno, fotografo, l’ha convinta  a partecipare a un suo progetto cinematografico. Così è finita a studiare alla scuola di Lee Strasberg e con il fortunato remake ITdi Stephen King, a 15 anni, ha fatto impazzire i fan dell’horror. E dopo le serie Sharp Objectse I am not ok with this, oggi è Uncle Frank (su Amazon) a vederla brillare per bravura. Nel film scritto e diretto da Alan Ball è Beth, una teen che lascia la campagna nel sud per andare a studiare alla New York University, dove l’amato zio (Paul Bettany) è uno stimato professore. Scoprirà che ha un’identità nascosta (è  gay e ha un compagno da una vita) e lo vedrà affrontare un grosso trauma alla morte del padre, che è anche suo nonno.

(continua…)

L’intervista integrale è su Grazia n. 50

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Olivia Colman – Un’altra stagione per sua Maestà

14 sabato Nov 2020

Posted by cristianaallievi in arte, Attulità, cinema, Cultura, Netflix, Personaggi, Politica

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corona, D La repubblica, Elisabetta II, Inghilterra, interviste illuminanti, Olivia Colman, reali, The Crown

REGINA PERFETTA SUGLI SCHERMI, L’ATTRICE INGLESE CI PARLA DELLE NUOVE ANTAGONISTE NELLA SERIE (VEDI LADY D) E DI COME SIA PRONTA A DEPORRE LO SCETTRO

Il premio Oscar Olivia Colman, protagonista della quarta stagione di The crown, sulla cover di D La Repubblica del 14 novembre 2020.

di Cristiana Allievi

Nessuno sa mai cosa accade veramente nella famiglia Windsor, eccetto i Windsor.  E anche questo caso non fa eccezione: nessuno sa se Elisabetta II abbia mai visto la serie tv che racconta la sua vita e quella della famiglia reale, tanto più che per scrivere di loro, e rappresentarli in una fiction, non occorre avere autorizzazione da parte degli interessati. Mentre fonti autorevoli sostengono che i giovani rampolli di corte si siano piazzati davanti a The crown, l’unica certezza è che il nome di Olivia Colman resterà negli annali. La sua interpretazione della regina d’Inghilterra è magnifica, e la quarta stagione su Netflix dal 15 novembre lo marcherà  in modo netto. Il destino dell’attrice si è avverato grazie a un greco visionario, Yogor Lanthimos, che l’ha voluta in un film surreale in cui chi non trovava un partner entro 45 giorni veniva trasformato in un animale e spedito nella foresta (The Lobster). Subito dopo lo stesso le ha fatto indossare i sontuosi abiti di Anna Stuart, regina settecentesca dalla salute cagionevole e dal carattere umbratile. Al potere dal 1702 al 1714, e divisa fra due amanti del suo stesso sesso e 17 conigli (a ricordarle i figli, tutti persi), questa sovrana le è valsa un Oscar, un Golden Globe e la Coppa Volpi a Venezia. Poi è venuta l’Elisabetta della serie scritta da Peter Morgan che, nonostante ora si trovi a fronteggiare l’arrivo in scena della destabilizzante Diana Spencer, futura principessa del Galles, resta il fulcro intorno a cui tutto ruota. Perché mai come in questa stagione si capirà cosa significhi davvero far parte del regno più potente al mondo e far brillare solo lei, come un sole.

(continua…)

Intervista di copertina pubblicata su D la Repubblica del 14 novembre 2020

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Greta Thunberg, «Troviamo un vaccino anche per il pianeta».

07 sabato Nov 2020

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Climate change, Covid 19, docu film, Greta Thunberg, I am Greta, interviste illuminanti, summit clima 2030, svolta green

CON GI SCIOPERI PER IL CLIMA GRETA THUNBERG HA DATO VITA A UN MOVIMENTO GLOBALE PER FERMARE IL SURRISCALDAMENTO TERRESTRE. HA PARLATO ALLE NAZIONI UNITE, CONQUISTATO IL PAPA E LE SUE IMPRESE SONO ORA RACCONTATE IN UN DOCUMENTARIO. LA PANDEMIA HA PURTROPPO RALLENTATO LA RIVOLUZIONE ECOLOGISTA E LEI DICE A GRAZIA “L’EMERGENZA SANITARIA E QUELLA AMBIENTALE SONO COLLEGATE. DOBBIAMO AGIRE SUBITO”.

di Cristiana Allievi

L’attivista svedese Greta Thunberg, 17 anni (courtesy Torinotoday).

Greta Thunberg è stanca. Si è capito quando, all’ultima Mostra del cinema di Venezia, è stato presentato  I Am Greta – Una forza della natura, il docufilm su di lei. L’anno scolastico era appena ricominciato e l’ecoattivista svedese non voleva perdere le lezioni che aveva saltato per buona parte dell’anno passato, quindi aveva disertato la Laguna e l’opportunità di portare in Italia il suo messaggio contro il surriscaldamento globale in uno dei luoghi che più hanno da temere dall’innalzamento delle maree.
In realtà Greta è entrata nella fase due della sua battaglia. Dopo aver creato uno dei più significativi movimenti globali della storia recente, vuole fare un passo indietro e agire in maniera diversa. Nel frattempo, però, è diventata un’icona globale, come dimostra il documentario di Nathan Grossman che doveva essere al cinema in questi giorni e che è stato rimandato a causa della chiusura delle sale italiane in seguito all’emergenza Covid.  Il film inizia nell’agosto del 2018, con una giovane studentessa di 15 anni che si siede davanti al Parlamento svedese. Silenziosa, se ne sta dietro a un cartello che invita a fare uno sciopero per manifestare contro il cambiamento climatico. In pochi mesi, accompagnata ovunque dal papà, quella ragazza si troverà alla testa di un movimento globale. Persino il Papa, con una pacca sulla spalle, le dirà: «Brava, vai avanti così». Il racconto culmina con l’incredibile viaggio fatto del 2019 in barca a vela nell’Oceano Atlantico, viaggio che da Plymouth la porta a New York, all’Onu, per parlare al Summit sul clima. Sono immagini che, in poco più di un’ora e mezza, polverizzano le dietrologie che per mesi hanno voluto Greta in mano a qualche misterioso burattinaio. Così come è chiaro che la piccola svedese non ha mai cercato un’esposizione personale, tanto meno la gloria.  Nel momento in cui i Paesi europei stanno discutendo nuovi obiettivi climatici per il 2030 e parlano di una “virata verde” per uscire dalla crisi economica del Covid-19, lei chiede di più. E la sua richiesta è più che mai significativa, considerato che gli scienziati hanno già evidenziato la forte correlazione che esiste fra inquinamento e diffusione del Coronavirus.

(continua…)

L’intervista a Greta Thunberg è in edicola su Grazia del 5 novembre 2020.

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Pierfrancesco Favino: «Le mie bambine sono tutto per me».

09 venerdì Ott 2020

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, Cultura, Mostra d'arte cinematografica di Venezia

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bambini, Donna Moderna, famiglia, fantasia, figli, interviste illuminanti, Padrenostro, padri, Pierfrancesco Favino, terrorismo, Vision Distribution

di Cristiana Allievi

Suo papà gli ha insegnato a credere nel lavoro, nell’onestà, nella generosità. E ora l’attore, protagonista dell’emozionante Padrenostro che gli ha regalato la Coppa Volpi a Venezia, cerca di fare lo stesso con le 2 figlie: «Ogni energia è per loro»

L’attore e produttore Pierfrancesco Favino, 51 anni (courtesy The walk of fame).

Un padre negli anni di piombo. Un premio vinto per quel padre all’ultima Mostra del cinema di Venezia. E le parole pronunciate durante la cerimonia. « Un grande maestro diceva che i film sono come le stelle. Io dedico il premio a tutte le stelle che ancora nasceranno, e al brillare degli occhi nel buio». Adesso sono gli occhi di noi spettatori a brillare vedendo Pierfrancesco Favino al cinema  in Padrenostro. Però se gli si fa notare che – dopo questa Coppa Volpi che va a sommarsi a tre Nastri d’argento e 4 David di Donatello (solo per citare qualche premio), a 51 anni non è più solo un bravo interprete ma rientra nella categoria degli attori cult, lui sdrammatizza: «Penso che nella vita arrivi un momento in cui quello che si fa è veramente quello che si è». Padrenostro, che lo vede anche nelle vesti di produttore, è  ispirata a una vicenda accaduta alla famiglia del regista Claudio Noce. Siamo nel 1976 e Valerio (Mattia Garaci) è un bambino di 10 anni la cui vita viene sconvolta da un attentato terroristico ai danni del padre (Favino). Da lì in avanti la paura domina la sua vita, rafforzando la sua già sviluppata immaginazione. Finché non arriva Christian (Francesco Gheghi), poco più grande di lui, a fargli compagnia.

Cosa significa questo film per te? «Riguarda la mia infanzia, qualcosa che non solo mi ricordavo ma che mi coinvolgeva in prima persona. Parla di uomini che  conosco. Mio padre e quello del regista appartengono alla stessa generazione, hanno atteggiamenti simili nel modo di essere maschi. A loro era complicato parlare direttamente».

Chi eri tu a 10 anni? «Un bambino che andava a letto dopo il Carosello, e che dal suo lettino sentiva parlare i propri genitori e quelli degli amici, senza che loro lo sapessero. Quel tipo di famiglia, come la mia, decideva che non dovevi avere le preoccupazioni dei grandi, ma tu sentivi che quella preoccupazione era presente. E provavi una sottile angoscia».

(continua…)

Intervista pubblicata su Donna Moderna dell’8 ottobre 2020

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Laura Morante: «Fino all’ultimo amore»

06 martedì Ott 2020

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, Mostra d'arte cinematografica di Venezia, Personaggi

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Antonio Orlando, Daniele Luchetti, Grazia, interviste illuminanti, Lacci, Laura Morante, Luigi LoCascio, matrimoni

NEL FILM LACCI È ÙNA MOGLIE CHE PER 30 ANNI RESTA INTRAPPOLATA IN UN MATRIMONIO FINITO. «SPESSO SIAMO INFELICI PERCHE’ NON ACCETTIAMO IL CAMBIAMENTO», RACCONTA A GRAZIA, «INVECE DOVREMMO ACCOGLIERLO PER ANDARE AVANTI».

di Cristiana Allievi

L’attrice e scrittrice Laura Morante, 64 anni, fotografata da Caludio Porcarelli (courtesy Grazia) .

La prima parola con cui Laura Morante da il via alla nostra chiacchierata dice molto del suo umore del momento. «“Decluttering”, mi sembra si chiami così questo eliminare il superfluo. Ho appena finito il libro di Marie Kondo, La magia del riordino, e penso contenga diversi segreti di felicità». Avevo già capito che l’attrice lavora sulla sottrazione da come ha attraversato la hall dell’hotel in cui ci incontriamo. Morante ha un’eleganza asciutta e il portamento da ex ballerina classica. «Per la fretta, togliendomi una lente a contatto mi sono fatta male a un occhio». Così mi spiega il motivo per cui  non si toglierà i grandi occhiali da sole che indossa durante la nostra intervista. In realtà alla fine lo farà, mostrando i suoi occhi sono luminosi. Ci incontriamo per il film che ha aperto l’ultima Mostra di Venezia, Lacci, di Daniele Luchetti, nelle sale. Tratto da un romanzo di Domenico Starnone, racconta la storia di Vanda (Alba Rohrwacher da giovane, Morante nella versione più matura), che è sposata con Aldo (Luigi LoCascio, poi Antonio Orlando), il quale si innamora della giovane Lidia (Linda Caridi) e abbandona moglie e due figli. Trent’anni dopo i due sono ancora sposati, ma tradimenti, rancore e vergogna sono ancora lì a separarli, con due figli cresciuti a ricordarlo (Adriano Giannini e Giovanna Mezzogiorno). Nella vita vera questa attrice di cinema e teatro toscana, nipote della mitica scrittrice Elsa, è anche regista e scrittrice di romanzi. Sposata con Francesco Giammatteo, con cui ha adottato Stepan, 16 anni, ha altre due figlie dai precedenti matrimoni (Eugenia, 37, e Agnese, 34 anni avute rispettivamente con Daniele Costantini e Georges Claisses).

(continua…)

Intervista pubblicata su Grazia n. 42 dell’1/10/2020

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Zendaya: «Il mio vero super potere»

21 lunedì Set 2020

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, Emmy Awards, Serie tv

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Cristiana Allievi, Disney, Euphoria, HBO, interviste illuminanti, Spider Man, Zendaya

di Cristiana Allievi

Ieri sera ha vinto un Emmy Award come miglior protagonista di Euphoria. È la più giovane attrice di sempre ad aggiudicarsi, a sorpresa, il prestigioso riconoscimento. Quando l’abbiamo incontrata la prima volta debuttava con Spider-Man ed era bastato un colpo d’occhio per capire che sarebbe diventata un’icona fashion, e così è stato. Il successo non ha cambiato questa eroina della Disney, che a Grazia aveva confidato in anteprima qual è il suo vero super potere…

Ero tremendamente nervosa, ma nessuno se n’è accorto, perché mi sforzo sempre di apparire controllata. Del resto, quando ho letto la sceneggiatura ho pensato: “Ma chi non vorrebbe interpretare un film stupendo come questo, e avere compagni di viaggio simili”?». Non mi aspettavo che dal vivo Zendaya fosse così alta e magra, e soprattutto che fosse così matura. Mentre la ascolto parlare del suo debutto sul grande schermo, in Spider-Man: Homecoming, nelle sale dal 6 luglio, la mia attenzione si divide in due: una parte segue il filo del suo discorso, l’altra cerca un indizio del fatto che la ragazza che ho davanti abbia davvero solo 20 anni.

Occhi scuri profondissimi, pelle perfetta, l’attrice e cantante ha quella bellezza tipica di chi nasce da un crogiolo di etnie: suo padre è afroamericano, la sua mamma ha origini tedesche, scozzesi e irlandesi. Il suo nome completo è Zendaya Maree Stoermer Coleman e si presenta all’intervista, a Barcellona, con pantaloni in seta verde brillante, stiletti altissimi bianchi e una maglia che aggiunge un tocco di rosso e lascia scoperte le spalle.

Zendaya è una star della Disney, un vivaio che sforna professionisti capaci di cantare, ballare e recitare. E lei, nata sulla baia di San Francisco, ha iniziato come modella per poi approdare alla serie tv A tutto ritmo, la prima di tanti successi. Poi è arrivato l’esordio musicale, quindi le collaborazioni con le popstar Selena Gomez, Beyoncé e Taylor Swift, e la firma di un contratto con la Hollywood Records.

E adesso è l’ora del salto sul grande schermo: sarà Michelle in una nuova versione del fumetto in cui Spider-Man è interpretato da Tom Holland. E a testimoniare che per Zendaya non sarà un atto unico, subito dopo sarà in The Greatest Showman, accanto a Hugh Jackman e Zac Efron.

Perché era così emozionata ai provini per Spider-Man?
«Temevo di non poter dare il massimo. Dopo 12 anni di tv non vedevo l’ora di interpretare un film, e questo è il primo, capisce? Ho superato l’ansia concentrandomi su quello che dovevo fare: recitare».

Michelle, il suo personaggio, è piuttosto misteriosa.
«L’ho trovata molto interessante proprio perché di lei sappiamo poco: è molto intelligente, una intellettuale che legge tanti libri. Proprio per queste qualità, fatica a frequentare le persone della sua età, un po’ perché non sa stringere amicizia, un po’ perché ama stare da sola ed essere indipendente. Comunque, mi sono divertita a interpretarla».

Spider-Man ha fatto parte della sua infanzia?
«Da bambina non ho letto i fumetti del supereroe, nessuno mi ha introdotta in quel mondo. Eppure ricordo il primo film della serie che ho visto: avevo 16 anni e mi è piaciuto moltissimo. Spider-Man è un eroe. E quello interpretato da Tom Holland sarà ancora più coinvolgente, perché è una persona reale».

In che senso?
«Non è un ragazzo cresciuto tra gli agi e, per quelli che, come me, sanno che cosa significhi, è una suggestione potentissima: “Anche io posso avere una seconda identità straordinaria, come lui”».

Mi parli della prima vita di Zendaya, quella di tutti i giorni.
«Sono cresciuta a Oakland, non la comunità più facile in cui vivere. Da un certo punto di vista è una zona meravigliosa, ricca di cultura, di storia, di attivismo: sono successe lì molte cose importanti nella musica e nella lotta per i diritti civili. Però, per lo stesso motivo, è un luogo difficile, oltre alla creatività c’è tanta violenza. Ma è da posti così che arrivano le persone migliori».

Poi c’è la sua dimensione da star.
«Questa è la mia vita da supereroe, in cui posso fare qualsiasi cosa, soprattutto giocare con personalità diverse: sono ancora io, ma in una versione migliore. Sembra di avere i poteri speciali, proprio come Spider-Man».

E come usa queste doti?
«Il protagonista del film ha sviluppato le sue facoltà all’età di 15 anni, a me è successo tutto tra i 13 e 15, per cui ho dovuto imparare a usare la popolarità in modo responsabile, facendo sempre la scelta giusta e impegnandomi. Normalmente non mento, dico sempre quello che penso».

star del cinema e, adesso, anche un’icona della moda?
«Credo che la mia dote principale sia la capacità di entrare in connessione con molte persone nel mondo. La gente sa chi sono e io ho questa abilità di dire ai giovani: “Mi piace questo, e siccome piace a me potrebbe piacere anche a te”».

Si chiama empatia.
«È un potere, e mi chiedo ogni volta come usarlo per fare la cosa giusta. Voglio essere una fonte di ispirazione positiva, visto che molti mi guardano e vogliono imitarmi. Sono sempre concentrata nel regalare la versione migliore di me stessa in modo che anche i ragazzi facciano le scelte più giuste. Essere un modello per i giovani, nella parte più delicata della loro vita, quando stanno sviluppando un’identità, è una grande responsabilità».

Che cosa non sappiamo di lei?
«Sono contenta di avere un carattere dolce. In più non mi piace uscire di sera, e questo mi tiene lontana dai guai».

I suoi genitori come l’hanno aiuta a diventare quello che è?
«Sono entrambi insegnanti, hanno influenzato molto la mia crescita. I docenti sono le figure meno pagate e meno comprese della nostra società e, invece, mi chiedo che cosa ci sia di più importante del loro lavoro, che è dedicare tempo ai giovani e insegnare loro a diventare il più consapevoli possibile. Non è forse l’unico modo per avere un mondo migliore? Far crescere ragazzi maturi significa avere in futuro leader bravi che sapranno guidare il mondo. Ecco perché sono così fortunata ad avere loro come insegnanti e genitori. Se non avessi fatto l’attrice avrei seguito la loro strada».

È anche un peso?
«Lo diventa se lo guardi in questo modo. Passi tutto il tempo a chiederti: “Che cosa diranno se mi muovo così?”. Ma a me piace considerarlo un dono. Sono grata di essere stata messa in una posizione per cui i genitori si fidano di me sulla cosa più importante della loro vita, i loro figli. Se accendi la tv e permetti ai ragazzi di guardarmi, mi lasci spazio per entrare nella loro mente, far parte della loro vita e avere i poster con il mio volto sui muri delle loro stanze. Per me è un regalo e non un pretesto per esaltarmi. Sono davvero quella che sembro, una tipa che non combina pasticci».

E come hanno reagito quando ha detto che voleva diventare un’attrice?
«Mi hanno chiesto: “È davvero quello che vuoi fare? Allora va bene, crediamo in te e siamo con te”. Mi hanno aiutata, lasciando che seguissi il mio istinto».

Devono aver sostenuto anche molti sacrifici, lei ha iniziato che era ancora quasi una bambina.
«È così, e avevo bisogno di loro. Oakland è a sei ore di auto dagli studi di Los Angeles, non ha idea di quante volte alla settimana abbiamo fatto avanti e indietro, per anni. Era impegnativo, soprattutto per il magro stipendio di due insegnanti, ma ne è valsa la pena».
Ma avere i propri genitori come insegnanti non è strano? «Non posso dire che sia stato pesante, anzi. Ci sono vantaggi, per esempio posso entrare nell’ufficio di mio padre tutte le volte che voglio e usare il suo microonde».

Che cosa vorrebbe fare in futuro?
«Ho tanti desideri, ma in cima alla lista metto la felicità. Quello che faccio, che siano film, moda o musica, voglio godermelo. E se un giorno mi accorgessi di non divertirmi più e di non essere soddisfatta, mi dedicherei ad altro. Forse diventerei anch’io un’insegnante».


Ci salutiamo e sono ancora più ammirata di quando è iniziata la nostra conversazione. Zendaya è molto più grande dell’età che ha e, soprattutto, può far imparare ai ragazzi che cosa sia un vero super potere: credere in se stessi.

Intervista pubblicata su Grazia Luglio 2016

© Riproduzione riservata

Guillaume Canet: «Ho superato i traumi e sconfitto i sensi di colpa»

22 mercoledì Lug 2020

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, Personaggi

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Tag

cinema, Edouard Bergeon, F magazine, Guillaume Canet, interviste illuminanti, Marion Cotillard, Movies Inspired, Nel nome della terra, piccole bugie fra amici, The beach

di Cristiana Allievi

IL SUCCESSO, IL FLOP, LA CRISI, IL RITIRO. OGGI L’ATTORE FRANCESE È TORNATO ALLA RIBALTA CON UN FILM DRAMMATICO CHE RACCONTA IL PESO DELLA GLOBALIZZAZIONE. «MI HANNO AIUTATO LA PRATICA DI DISCIPLINE ZEN E L’AMORE PER I MIEI FIGLI. PRIMA DI AVERLI NON SAPEVO DIRE “TI VOGLIO BENE”.

È sopravvissuto alla bufera che, spesso, travolge gli uomini di successo. E Guillaume Canet ne ha avuto sia come attore sia come regista, in questo caso pagando il prezzo di chi non cerca il consenso facile. Dopo aver sbancato i botteghini di Francia dietro la macchina da presa, anziché bissare sfruttando il successo  del genere commedia, l’ex marito di Diane Kruger e attuale compagno dell’attrice premio Oscar Marion Cotillard si è imbarcato in una rischiosa avventura: girare un film negli Usa, da francese, con attori hollywoodiani. Le critiche rivolte al suo Blood ties- La legge del sangue, per molti versi incomprensibili, gli hanno fatto male al punto da farlo ritirare dalle scene per un anno. Ma, trovando rifugio nella sua passione d’origine, i cavalli, ha ritrovato se stesso.  Anche per questo motivo, calarsi nelle difficoltà estreme del personaggio che interpreta in Nel nome della terra, nelle arene estive da poco, è stato un fatto molto significativo. Il film racconta la storia vera del padre de regista Edouard Bergeon: un contadino francese che si scontra con l’aggressività del mercato globalizzato e, sopraffatto dai debiti, si toglie la vita.

Il nuovo film in cui la vediamo racconta un dramma familiare, è stato difficile accettare il ruolo?  «La sceneggiatura mi ha toccato profondamente. Si tratta di una vera tragedia nel nostro paese: ogni giorno un contadino si toglie la vita perché non riesce a sopportare l’accumulo di debiti. Da cittadino francese mi sentivo onorato di affrontare un tema così delicato, ma da attore temevo il carico emotivo,  mi sembrava troppo. Così in un primo momento ho chiamato il regista e gli ho detto che declinavo l’invito».

Poi cosa è successo? «Mi ha rassicurato, dicendomi che erano passati vent’anni dai fatti realmente accaduti a suo padre, era pronto ad aprirsi. E così è stato, non mi sono ritrovato a lavorare con una persona che piangeva tutto il giorno».

Non chiedere aiuto ed essere orgogliosi sono limiti che rovinano la vita di Pierre. Cosa vi accomuna? «La passione. So cosa significa quando il lavoro che fai e gli investimenti che ti costa non interessano a nessuno. Anch’io, come Pierre,  quando mi girano le spalle e non mi permettono di fare le cose in un certo modo, mi deprimo».

Si riferisce alle critiche rivolte al suo Blood ties? «Dopo lo straordinario successo di Piccole bugie fra amici avrei potuto fare un sacco di soldi con un’altra commedia. Invece ho deciso di rischiare, ho messo tutte le mie risorse in un film in Usa, col risultato che mi hanno fatto sentire come uno che aveva ucciso qualcuno».

(continua….)

Intervista integrale rilasciata in esclusiva F Magazine del 21 Luglio

© Riproduzione riservata

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