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Cristiana Allievi

~ Interviste illuminanti

Cristiana Allievi

Archivi Mensili: giugno 2015

Matthias Schoenaherts: «Essere bello è solo la metà del lavoro»

14 domenica Giu 2015

Posted by cristianaallievi in Festival di Cannes

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Tag

A bigger Splash, Bullhead, Cannes 2015, Cristiana Allievi, Diane Kruger, Jackson Pollock, Jaques Audiard, Kate Winslet, Le regole del caos, Luca Guadagnino, Maryland, Matthias Schoenaerts, The danish girl, Un sapore di ruggine e ossa, Via dalla pazza folla

Matthias Schoenaerts, attore belga, 37 anni, è l'uomo della prossima stagione cinematografica (courtesy thefasionisto.com).

Matthias Schoenaerts, attore belga, 37 anni, è l’uomo della prossima stagione cinematografica (courtesy thefasionisto.com).

Per i suoi ruoli più riusciti ha gonfiato i muscoli, tirato di boxe e non ha dormito per settimane. Ora Matthias Schoenaerts arriva al cinema con un film in costume che parla di sentimenti. “Così posso dimostrare anch’io che ho un lato femminile”, racconta a Grazia. 

«Se ami qualcosa o qualcuno, non puoi avere paura dei tuoi sentimenti». Conoscevo l’attore belga Matthias Schoenaerts, 37 anni, per i suoi ruoli da duro, oltre che per i suoi occhi ammalianti. Stavolta questo nuovo sex symbol del cinema internazionale mi sorprende mostrando il suo lato riflessivo. Rispetto all’ultima volta in cui l’ho incontrato, mi sembra molto più alto. Qualche anno fa, nel film Bullhead, era una specie di Minotauro che si iniettava cocktail di ormoni. In Un sapore di ruggine e ossa, il film di Jacques Audiard che gli ha regalato la notorietà internazionale, era un pugile. Adesso, invece, arriva al cinema accanto a Kate Winslet nel Le regole del caos (nelle sale), delicato film in costume ambientato ai tempi del Re Sole e diretto da Alan Rickman: «È una storia di passione, che va dritta al cuore», mi dice, anticipandomi che, prossimamente, lo vedremo cambiare parecchio sul grande schermo. Matthias ha appena terminato le riprese di A Bigger Splash di Luca Guadagnino e di The Danish Girl di Tom Hooper, in autunno lo vedremo nel dramma vittoriano Via dalla pazza folla e in Maryland, il thriller con Diane Kruger presentato all’ultimo festival di Cannes.

Lei è un cocktail inusuale: da una parte c’è la sua fisicità, dall’altra questa sua inaspettata vena sensibile. Come ci si trova, dentro?
«Il fisico dipende solo dalla boxe che ho fatto da ragazzo, ma ho un lato femminile sviluppato perché sono stato cresciuto da mia madre e mia nonna».

Che cosa ha imparato da loro?
«Tutto. E francamente non capisco perché gli uomini tendano sempre a ridimensionare il valore delle donne. È strano, perché ogni figlio ha una madre e diventare uomo significa avere la consapevolezza della sua importanza nella tua vita».

Lei ha lavorato con tante donne: Marion Cotillard, Kate Winslet, Tilda Swinton e Carey Mulligan. Che cosa hanno in comune le grandi dive di oggi?
«La generosità. Sono donne che cercano sempre la verità. E per me questo è un aspetto che conta più del fatto che, come attrici, piacciano o meno».

Le donne belle la mettono in soggezione?
«Non sono un tipo facile da intimidire. Credo potrebbe riuscirci solo l’ex pugile Mike Tyson, il mio idolo».

Lei è reduce dal successo a Cannes del film Maryland. Se lo aspettava?
«Prima di girare ero terrorizzato: avevo poche settimane per entrare nella parte di un soldato affetto da stress post-traumatico e ho pensato di rinunciare».

Invece?
«Non riuscivo a dormire dalla paura. Poi ho pensato che l’insonnia, invece di essere un problema, poteva diventare la soluzione. Per nove settimane ho riposato solo tre ore a notte: si diventa un po’ matti, aggressivi, ma i sensi lavorano al 400 per cento. Vedevo e sentivo cose che normalmente non percepisco. Esattamente come il mio personaggio».

Diane Kruger e Matthias Schoenaerts al festival di Cannes per

Diane Kruger e Matthias Schoenaerts al festival di Cannes per “Maryland” (Disorder) , in competizione nella sezione Un Certain Regard (courtesy reuters.com).

(continua…)

Intervista pubblicata su Grazia del 9/6/2015

© Riproduzione riservata

Bebe Cave: «Il mio salto nel vuoto»

09 martedì Giu 2015

Posted by cristianaallievi in Festival di Cannes

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Tag

Bebe Cave, Cristiana Allievi, Festival di Cannes, Harry Potter, Helen Mirren, Il racconto dei racconti, Jessie Cave, Matteo Garrone, Salma Hayek, The audience

Prima l’ha sospesa sull’orlo di un precipizio perché fosse terrorizzata. Poi le ha riempito la stanza di palloncini per festeggiare i suoi 17 anni. Bebe Cave racconta il suo incontro con il regista Matteo Garrone che l’ha scelta come protagonista di uno dei tre episodi di cui è composto  Il racconto dei racconti, in concorso all’ultimo festival di Cannes. E adesso, grazie al personaggio di Viola, si ritrova tra le grandi del cinema. 

Ha un padre che, per errore, la condanna a diventare sposa di un orco. Ma lei, la principessa, farà di tutto per sfuggire a questo destino. La figlia del re ha il volto dell’inglese Bebe Cave (pronuncia “Bibi”). È la protagonista di La pulce, l’episodio più bello di Il racconto dei racconti, ottavo lungometraggio del regista di Gomorra, in corsa per la Palma d’Oro all’ultimo festival di Cannes e ancora nelle sale. A teatro è già stata principessa accanto alla regina Helen Mirren, in The Audience. E dopo varie serie tv, ha girato Grandi speranze con Ralph Fiennes ed Helena Bonham Charter. Massa di capelli biondi, frizzante come una bottiglia di champagne, a soli 17 anni è stata sul red carpet della Croisette. Riesco a parlarle dopo le 16, orario inglese, quando terminano le lezioni del suo ultimo anno di liceo.

Bebe Cave, attrice britannica, 17 anni, è la protagonista di uno dei tre episodi di Il racconto dei racconti di Matteo Garrone.

Bebe Cave, attrice britannica, 17 anni, è la protagonista di uno dei tre episodi di Il racconto dei racconti di Matteo Garrone.

Come ti ha trovata Matteo Garrone? «Stava cercando una giovane inglese, ha visto un’intervista che ho fatto insieme a mia sorella Jessie per Grandi speranze, credo l’unica presente in rete!».

 Jessie aveva già recitato in due film della saga di Harry Potter, nei panni di Lavanda… «Infatti originariamente Matteo voleva lei, ma quando ha visto che ha 10 anni più di me, ha cambiato idea, una fortuna sfacciata!».

Raccontaci l’incontro con il regista di Gomorra. «Ero abituata alle audizioni formali, che prevedono almeno due step prima dell’incontro con un regista. Così, quando Matteo è arrivato a Londra di persona, e ha iniziato a mostrami le foto di dove avremmo girato, ero spiazzata. Mi ha parlato per dieci minuti a fila, e quando mi ha chiesto se avevo qualche domanda da fargli ho risposto: “Quante altre ragazze sta incontrando per il ruolo?”. Non avevo capito che mi aveva già scelta, stavo per scoppiare a piangere».

Com’è Garrone sul set? «Attori che avevano già lavorato con lui mi avevano avvisata, non avrei mai più visto niente del genere in vita mia. Matteo ha un modo molto personale di approcciare un film, al secondo giorno di riprese mi ha detto “gireremo la scena in cui sei arrabbiatissima con tuo padre in cima al castello…”. Sono finita attaccata a una catena di ferro, davanti avevo il vuoto e voleva mi avvicinassi sempre di più al precipizio… Ero terrorizzata, sarei potuta cadere giù. Matteo soffre di vertigini, faticava a guardare quello che facevo: ma cercava l’elettricità, voleva che morissi di paura!».

Cosa ti ha insegnato, di fondamentale? «Il suo voler rendere le cose più reali possibili, lo pretende anche dentro una favola! Ma è comprensibile, anche in questo caso si tratta di emozioni umane, e voleva che restituissi a tutti i teenagers quello che ha vissuto Viola. Si è fidato di me, delle parole che secondo me una persona come lei avrebbe detto».

 Poco fa mi raccontavi di non volere che le riprese finissero… «Su quel set, tra Gioia del Colle e Bari, ho passato i due mesi più belli della mia vita. Ho anche compiuto 17 anni, e mi hanno fatto trovare la stanza piena di palloncini e di dolci, non lo dimenticherò mai».

Bebe sul red carpet di Cannes con Vincent Cassel, Salma Hayek e John Reilly (courtesy of bbc.com)

Bebe sul red carpet di Cannes con Vincent Cassel, Salma Hayek e John Reilly (courtesy of bbc.com)

Come sei diventata un’attrice? «Ho iniziato a 10 anni, con la tv, a 14 avevo già capito di non voler fare altro. Con Jessie abbiamo costretto mia madre, un medico, a trovarci un’agente per fare audizioni».

Anche tuo padre è un medico, ti ha sostenuta? «Per papà è  uno shock, non si è ancora abitato all’idea, spera che prima o poi faccia il dottore anch’io, come mio fratello più grande. Siamo cinque fratelli, l’altro maschio è all’università e studia storia, farà il primo ministro. Il terzo è un attore, in famiglia siamo tre contro quattro…».

Con Jessie non c’è nessuna competizione? «Siamo le migliori amiche, forse perché ci separano 10 anni, ma in effetti su una cosa c’è competizione: i vestiti. Ne ha tonnellate, se gliene prendo uno dall’armadio non se ne accorge. Ma se glielo chiedo, guai: me lo nega, è un po’ possessiva!».

Quali attrici hai come modello? «Mia sorella su tutte, e poi Jennifer Lawrence. Ha iniziato da giovanissima e ha affrontato un sacco di problemi, senza mollare. Recita in modo realistico e non ha paura di essere buffa, in un mondo come Hollywood, così ossessionato dall’immagine».

Tempo per l’amore ne hai? «Sono la più giovane, i miei fratelli non mi permetteranno mai di avere un fidanzato! Se mai ne portassi a casa uno, lo butterebbero fuori dalla porta o dalla finestra! Mi vedono ancora come la little sister, ma a 18 anni sarò adulta, si dovranno accorgere che sto crescendo…».

articolo pubblicato su Grazia del 20/5/2015

© RIPRODUZIONE RISERVATA

MILLA JOVOVICH: «DOVE TROVO LA MIA FORZA»

05 venerdì Giu 2015

Posted by cristianaallievi in cinema

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Dashiel, Ever Gabo, Gisele Bundchen, Il quinto elemento, Luc Besson, Milla Jovovich, Paul Anderson, Pierce Brosnan, Resident Evil, Richard Avedon, Survivor

Da poche settimane, è diventata mamma per la seconda volta, il 1° aprile è nata Dashiel Edon. E Milla Jovovich sprizza gioia da tutti i pori. Incontro la top model di origini ucraine, 39 anni, per parlare di Survivor, il thriller contemporaneo, ora al cinema. Sono preparata a trovarmi davanti una diva dei film d’azione e invece mi spiazza offrendomi il lato più intimo. Tra una domanda e l’altra si parla di poppate e di uomini, mentre cerca di domare la primogenita, Ever Gabo, 7 anni, che è rimasta a casa da scuola e pretende attenzioni, e la nuova arrivata dorme beata nell’altra stanza. Il papà è Paul Anderson, 50, il regista inglese della saga Resident Evil che ha fatto di Milla un’icona. Prima di lui, Jovovich aveva sposato il francese Luc Besson, che l’aveva scelta per Il quinto elemento, e prima ancora c’era stato un matrimonio lampo con l’attore americano Shawn Andrews.

L'attrice, modella e cantance ucraina Mila Jovovich, 39 anni

L’attrice, modella e cantance ucraina Mila Jovovich, 39 anni (courtesy of celluloidportraits.com)

È mamma da meno di due mesi. Come sta? «Benissimo. Dashiel è una meraviglia e, soprattutto, mi lascia dormire. Per questo non sembro uno zombie come sette anni fa, quando è nata sua sorella Ever Gabo».

Ha postato le immagini della sua gravidanza su Instagram e Dashiel è apparsa appena nata: non ha paura di esporsi?
«Quello che amo dei social media è che posso scegliere che cosa mostrare. Quando è nata Ever Gabo avevo i paparazzi addosso tutto il giorno, era tutto troppo invasivo. Così stavolta ho giocato d’anticipo, perché è impossibile fare il mio lavoro e avere il totale controllo della privacy».

Sui social media si è definita “una fabbrica di latte”. Non è troppo?
«Voglio allattare mia figlia e sì, sono orgogliosa di essere una latteria. Non so come sia da voi,
 in Italia, ma qui negli Stati Uniti l’allattamento al seno viene scoraggiato. Non so e non voglio sapere quali siano le motivazioni. Certo, in America è normale tornare al lavoro subito dopo il parto. Basterebbe lasciarci il tempo di stare con i nostri piccoli, invece di chiederci di rientrare dopo una settimana, no?».

Non tutte le madri possono permetterselo, soprattutto di questi tempi.
«Riconosco di essere molto fortunata».

Con la sua prima figlia era stato diverso? «Dopo un mese ero già sul set. Sono riuscita ad allattarla per tre mesi, poi ho conservato il latte per il quarto. Con Dashiel non farò così».

Quando pensa di riprendere a lavorare nel mondo della moda?  
«Quest’anno mi sono presa la prima pausa della mia vita. Me la merito. Non mi pentirei di questa pausa di riflessione nemmeno se al rientro non mi dessero più un lavoro».

La sua collega brasiliana Gisele Bündchen, 34 anni, ha appena lasciato le passerelle, dicendo che è stato il corpo a chiederglielo.
«Fa bene, potendolo fare. Ha iniziato a sfilare giovanissima, ha lavorato tantissimo».

Anche lei non scherza. Ha posato per le prime copertine, fotografata da Richard Avedon, quando aveva 11 anni.
«La modella è solo una delle cose che ho fatto in vita mia. E se è rimasto un interesse nei miei confronti anche dopo i 30 anni, età in cui chi vive di passerelle ha smesso di lavorare da un pezzo, lo devo all’aver differenziato le mie attività. Ma non creda che sia stato facile».

Perché?
«Negli Anni 80 in molti non hanno accettato il fatto che fossi modella, cantante, attrice. Però ce l’ho fatta. Sono stata capace di provare a tutti di essere all’altezza. Sì, sono sempre stata molto determinata, mettevo me stessa al primo posto».

(Ever Gabo ci distrae: vuole guardare la tv, ma mamma Milla non le dà il permesso. Cerca di convincerla a leggere un libro di favole con la tata).

Ora che è diventata madre mette ancora se stessa al primo posto? Non ci credo.  
«Essere mamma è la cosa più importante che mi sia capitata. Mi sta rendendo felice come niente altro. Ora sì che c’è qualcosa che ha la priorità. Penso sia questa la vera felicità e non la puoi sperimentare finché tutto gira solo intorno a te»
(Ever Gabo rientra dal giardino, vorrebbe a giocare con della terra sul letto dei genitori. Milla la invita a non salire sui cuscini con i piedi nudi, perché «poi la mamma si deve sdraiare»).

In Survivor è lei la protagonista. Siamo sempre abituati a vedere gli uomini nei ruoli importanti dei film d’azione, lei è un’eccezione.
«Non avevo mai avuto modo di interpretare una donna forte e contemporanea. Kate Abbott, il mio personaggio, è un’impiegata del dipartimento di Stato americano che deve sventare un attacco terroristico pianificato a New York per la notte di Capodanno. È una sofisticata, di successo, e non lascia che altre persone interferiscano nella sua vita».
Possiamo dire che ha rubato la scena a Pierce Brosnan, che in Survivor è uno spietato serial killer. Come ha preso il fatto di non essere il protagonista, lui che è lo 007 più famoso dopo Sean Connery?
«È uno degli uomini più adorabili che abbia mai incontrato, molto alla mano. Quando abbiamo girato a Londra, come camerino ci hanno dato da dividere un ufficio vuoto in una chiesa. Lui non ha fatto una piega. Anzi, il meglio l’ha dato quando sono arrivati mio marito, i suoi cugini, i fratelli con figli, sua madre: sono inglesi e sono venuti tutti a trovarci, approfittando del fatto che fossimo a Londra».

La Jovovich con il marito, il regista Paul Anderson. Insieme hanno due figlie (courtesy of wonkoo.com)

La Jovovich con il marito, il regista Paul Anderson. Insieme hanno due figlie (courtesy of wonkoo.com)

Un’intera tribù di fan all’attacco?
«Esatto. Confesso, ero molto preoccupata. Quando lo hanno visto, sono andati in fibrillazione: avevano davanti Brosnan, il supereroe inglese. Pierce a quel punto avrebbe potuto sparire in un’altra stanza, invece che cos’ha fatto? Ha iniziato a scattare foto a tutti, a rispondere alle loro domande. È davvero un uomo fantastico, tratta le persone in un modo unico, le fa sentire meravigliose. E ha un grande rispetto per le donne».

Lei ha dichiarato: «Gli uomini che ho avuto, hanno amato il mio spirito indipendente, erano orgogliosi del mio successo al punto da diventare gelosi del tempo che dedicavo alla mia carriera». Con suo marito Paul è così?
«È un vero supporto, ama la mia forza e il mio successo non lo ha mai fatto sentire insicuro. Se siamo a una prima e tutti urlano “Milla, Milla” non fa una piega, anche se il regista è lui. Del resto non posso andare in giro a dire: “Su, guardate mio marito, non me”. La gente diventa matta per gli attori, non è una cosa personale e Paul lo sa. È un uomo dotato di un infinito senso pratico».

Voi due condividete il lavoro. È questo il segreto?
«Di sicuro ci siamo aiutati a vicenda ad avere successo ed è bello lavorare insieme alla costruzione di un progetto. Non mi riferisco solo alla carriera, al conto in banca o alla casa, ma alle due splendide bambine frutto del nostro amore. Qualche giorno fa, per la festa della mamma, Paul mi ha detto: “Grazie di avermi regalato queste meraviglie”. Ever Gabo e Dashiel Edon hanno cambiato il nostro sguardo sulla vita. Mi fanno accettare il fatto di non essere più la giovane pollastrella che ero».

E adesso? 

«Vita in famiglia 24 ore su 24. Poi a luglio partiremo tutti per il Sudafrica, dove resteremo fino a Natale per le riprese del sesto capitolo di Resident Evil, quello che chiuderà la saga. Ho uno sguardo più ampio sul mio domani, c’è la carriera, ma non si tratta più, come prima, di girare un film dopo l’altro. Oggi vedo una logica in ciò che faccio e questo mi rende molto felice».

Che cos’altro le dà gioia?
«Mia madre vive a pochi isolati da qui, mio padre sta a Newport Beach e tutti i weekend viene a vedere le bambine. Da figlia unica, sono così contenta che le mie figlie abbiano tante persone intorno, una vera tribù di cugini, zii, nonni. Sanno di avere un posto preciso nel mondo. E sono sicura che così cresceranno con un senso di sicurezza maggiore».

Su Grazia del 22 maggio 2015

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