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Festival di Cannes 2017: i vincitori, il bilancio, le polemiche

28 domenica Mag 2017

Posted by cristianaallievi in Cultura, Festival di Cannes, Personaggi

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Tag

bilanci cannes, Cannes 2017, cinema, Diane Kruger, Joaquin Phoenix, Loveless, polemiche, premiati, The square

Chi è salito in vetta e chi meritava di più, le storie di cui parleremo ancora e le cose che invece non vorremmo rivedere nella prossima edizione

È quasi metaforico che la Palma d’Oro per il 70° del festival di Cannes sia stata assegnata allo svedese The square, di Ruben Ostlund, un film sulla decadenza del mondo dell’arte (e non solo quello).

Pochi secondi prima di annunciare il titolo, il presidente di giuria Pedro Almodovar ha dichiarato “tutto dipende dalla luce”, un’altra frase variamente interpretabile, in questa annata che verrà ricordata come la più povera di film davvero degni del festival di cinema più importante del mondo.

E proprio quest’anno è stato assegnato un premio eccezionale per il 70° anno: lo ha vinto Nicole Kidman, che con un video messaggio ha ringraziato Sofia Coppola e il festival, «grazie di esistere». Un premio meritato, se si pensa che l’attrice e produttrice australiana era presente sulla Croisette con ben quattro film, di cui due in concorso, L’inganno, proprio della Coppola, e The Killing of a sacred deer di Yorgos Lanthimos.

Il gran premio della giuria è andato a 120 Battements par minute di Robin Campillo, che in molti avrebbero voluto Palma d’oro, così come non ha convinto la miglior regia attribuita a Sofia Coppola, che con un video messaggio ha ringraziato sua madre, per aver sostenuto l’arte nella sua vita, e Jane Champion, per essere un modello artistico.

I due premi che hanno messo d’accordo tutti, o quasi, sono stati quelli alla miglior attrice, Diane Kruger, e al miglior attore, Joaquin Phoenix. La prima era sensibilmente toccata, «dedico la mia vittoria alle vittime della strage di Manchester, e a chi ha perso parte della propria vita», ha dichiarato con la voce spezzata. Mentre Phoenix ci ha messo un bel po’ ad alzarsi dalla poltrona per andare sul palco, visibilmente sorpreso. La spiegazione possibile è che avendo visto il suo You were never really here vincere il premio per la miglior sceneggiatura, pensava i giochi fossero chiusi. Invece proprio la sceneggiatura, che quest’anno è stata premiata a pari merito in due film, è la scelta più contestabile del festival.

Sono stati premiati infatti i questa categoria The killing of a sacred deer di Lanthimos e il film già citato di Lynne Ramsay, e soprattutto questo secondo non trova affatto la sua forza nella storia, ma nella regia e nella recitazione di Phoenix.

Anche il Premio della giuria, andato a Loveless, ha suscitato perplessità: il film del russo Andrey Zvyaginstev meritava di vincere un premio più importante.

Ma premi a parte, questa edizione sarà ricordata come l’edizione delle polemiche.Prima fra tutte quella che ha coinvolto Netflix, scoppiata per i titoli di Noah Baumbach e Bong Joon Ho, The Meyerowitz Stories con Dustin Hoffman e Adam Sandler e Okja con Tilda Swinton. Polemiche necessarie, che hanno fatto chiarezza sul dna del festival: dal 2018, ha dichiarato Thierry Fremaux, Cannes accetterà in concorso per la Palma d’Oro solo film pensati per uscire sul grande schermo.

Hanno fatto molto discutere anche i ritardi e le lungaggini delle procedure di sicurezza per entrare al Palais des Festival, con apertura delle borse una a una. Si ringrazia per aver scoraggiato atti di terrorismo, ma bisogna trovare un modo per snellire le code.

E per chiudere in bellezza, anche vista l’estate alle porte, vale la pena spendere una parola sulla Grecia, una specie di protagonista silenziosa. Almeno di tre film. In Sea Sorrow, proiettato fuori concorso, la regia esordiente Vanessa Redgrave la osanna come la terra capace di insegnare al resto del mondo come vanno trattati i rifugiati. In The killing of a sacred deerviene invece citata mitologicamente. Il cuore della storia è un parallelismo con il sacrificio di Ifigenia, figlia minore di Agamennone, che il padre sacrifica solo per andare a Troia, quindi per il potere. In ultimo la si vede in Aus Dem Nichts di Fatih Akin, come la terra che accoglie l’ultimo atto della sua protagonista, proprio Diane Kruger. Un gesto che diremo solo sembrare incomprensibile, per non svelare il finale del film, e che a detta della stessa attrice «ognuno dovrà spiegarsi a modo proprio». Un po’ come questa edizione del festival.

Articolo pubblicato su GQItalia.it

© Riproduzione riservata 

Matthias Schoenaherts: «Essere bello è solo la metà del lavoro»

14 domenica Giu 2015

Posted by cristianaallievi in Festival di Cannes

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Tag

A bigger Splash, Bullhead, Cannes 2015, Cristiana Allievi, Diane Kruger, Jackson Pollock, Jaques Audiard, Kate Winslet, Le regole del caos, Luca Guadagnino, Maryland, Matthias Schoenaerts, The danish girl, Un sapore di ruggine e ossa, Via dalla pazza folla

Matthias Schoenaerts, attore belga, 37 anni, è l'uomo della prossima stagione cinematografica (courtesy thefasionisto.com).

Matthias Schoenaerts, attore belga, 37 anni, è l’uomo della prossima stagione cinematografica (courtesy thefasionisto.com).

Per i suoi ruoli più riusciti ha gonfiato i muscoli, tirato di boxe e non ha dormito per settimane. Ora Matthias Schoenaerts arriva al cinema con un film in costume che parla di sentimenti. “Così posso dimostrare anch’io che ho un lato femminile”, racconta a Grazia. 

«Se ami qualcosa o qualcuno, non puoi avere paura dei tuoi sentimenti». Conoscevo l’attore belga Matthias Schoenaerts, 37 anni, per i suoi ruoli da duro, oltre che per i suoi occhi ammalianti. Stavolta questo nuovo sex symbol del cinema internazionale mi sorprende mostrando il suo lato riflessivo. Rispetto all’ultima volta in cui l’ho incontrato, mi sembra molto più alto. Qualche anno fa, nel film Bullhead, era una specie di Minotauro che si iniettava cocktail di ormoni. In Un sapore di ruggine e ossa, il film di Jacques Audiard che gli ha regalato la notorietà internazionale, era un pugile. Adesso, invece, arriva al cinema accanto a Kate Winslet nel Le regole del caos (nelle sale), delicato film in costume ambientato ai tempi del Re Sole e diretto da Alan Rickman: «È una storia di passione, che va dritta al cuore», mi dice, anticipandomi che, prossimamente, lo vedremo cambiare parecchio sul grande schermo. Matthias ha appena terminato le riprese di A Bigger Splash di Luca Guadagnino e di The Danish Girl di Tom Hooper, in autunno lo vedremo nel dramma vittoriano Via dalla pazza folla e in Maryland, il thriller con Diane Kruger presentato all’ultimo festival di Cannes.

Lei è un cocktail inusuale: da una parte c’è la sua fisicità, dall’altra questa sua inaspettata vena sensibile. Come ci si trova, dentro?
«Il fisico dipende solo dalla boxe che ho fatto da ragazzo, ma ho un lato femminile sviluppato perché sono stato cresciuto da mia madre e mia nonna».

Che cosa ha imparato da loro?
«Tutto. E francamente non capisco perché gli uomini tendano sempre a ridimensionare il valore delle donne. È strano, perché ogni figlio ha una madre e diventare uomo significa avere la consapevolezza della sua importanza nella tua vita».

Lei ha lavorato con tante donne: Marion Cotillard, Kate Winslet, Tilda Swinton e Carey Mulligan. Che cosa hanno in comune le grandi dive di oggi?
«La generosità. Sono donne che cercano sempre la verità. E per me questo è un aspetto che conta più del fatto che, come attrici, piacciano o meno».

Le donne belle la mettono in soggezione?
«Non sono un tipo facile da intimidire. Credo potrebbe riuscirci solo l’ex pugile Mike Tyson, il mio idolo».

Lei è reduce dal successo a Cannes del film Maryland. Se lo aspettava?
«Prima di girare ero terrorizzato: avevo poche settimane per entrare nella parte di un soldato affetto da stress post-traumatico e ho pensato di rinunciare».

Invece?
«Non riuscivo a dormire dalla paura. Poi ho pensato che l’insonnia, invece di essere un problema, poteva diventare la soluzione. Per nove settimane ho riposato solo tre ore a notte: si diventa un po’ matti, aggressivi, ma i sensi lavorano al 400 per cento. Vedevo e sentivo cose che normalmente non percepisco. Esattamente come il mio personaggio».

Diane Kruger e Matthias Schoenaerts al festival di Cannes per

Diane Kruger e Matthias Schoenaerts al festival di Cannes per “Maryland” (Disorder) , in competizione nella sezione Un Certain Regard (courtesy reuters.com).

(continua…)

Intervista pubblicata su Grazia del 9/6/2015

© Riproduzione riservata

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