• Info

Cristiana Allievi

~ Interviste illuminanti

Cristiana Allievi

Archivi della categoria: Televisione

Luke Evans: «Non dimentico mai chi sono e da dove vengo»

26 venerdì Lug 2019

Posted by cristianaallievi in cinema, Lusso, Personaggi, Televisione

≈ Lascia un commento

Tag

Cristiana Allievi, I tre moschettieri, interviste, Lo hobbit, Luke Evans, Murder Mistery, Netflix, The alienist

NATO DA UNA FAMIGLIA OPERAIA, SI DIVERTE A INTERPRETARE UOMINI RICCHI. COME IN MURDER MYSTERY, IN CUI È UN VISCONTE BILLIONARIO CHE GIRA IN ROLLS-ROYCE. «TUTTI MI RIPETONO CHE SONO FANTASTICO MA NON È VERO: IL SUCCESSO NON STABILISCE CHI SEI»., DICE L’ATTORE. ABITUATO A RAGIONARE CON LA SUA TESTA, NON HA PERSO SEX APPEAL NEANCHE DOPO AVER FATTO OUTING. PER CAPIRE IL MOTIVO BASTA LEGGERE COSA RACCONTA

di Cristiana Allievi

Tutte le volte che ho incontrato Luke Evans mi ha fatto la stessa impressione. Parlando di teatro e di musical, ma anche del Gaston che ha interpretato in La bella e la bestia, dell’Aramis de I tre moschettieri o dell’arciere di Lo Hobbit, ho sempre pensato che fosse intelligente e generoso sopra la media. E anche con accanto una publicist che mi ricorda di fargli solo domande sul film, lui riesce a trasmettere qualcosa di se stesso. Lo incontro con la scusa dell’affascinante riccone che è il personaggio di Murder Mistery. Scritta da James Vanderbilt, diretta da Kyle Newacheck e ispirata ad Assassinio sull’Oriente Express di Agatha Christie, la commedia racconta a storia di una parrucchiera e un poliziotto newyorkesi (Adam Sandler e Jennifer Aniston) che volando in vacanza in Europa  incontrano un affascinante visconte (Luke Evans) che li invita inaspettatamente sullo yacht  di famiglia al largo di Montecarlo. Attratta dall’avventura e da una proposta più allettante di quella programmata, la coppia si ritroverà però coinvolta nella morte di un billionario, sospettata insieme a tutti gli altri ospiti. Evans non ha però il tempo di godersi i 30 milioni di streamer  (sommando account di Usa, Canada e resto del mondo) che ha avuto il film,  segnando il record di spettatori su Netflix nel weekend di apertura. È già a Budapest sul set della seconda stagione di L’alienista, la serie di TNT nominata agli Emmy e ai Golden Globe in cui interpreta il reporter del New York Times John Moore.  «Siamo un anno dopo rispetto a dove eravamo rimasti», racconta con voce chiara e pacata.  «I personaggi sono gli stessi ma la storia è cambiata. Io non faccio la stessa professione, ci saranno belle sorprese».

(…continua)

Intervista pubblicata sul n. 28 del 2019 di F

© Riproduzione riservata

The Terror: la nave che cercando il passaggio a Nord Ovest trovò l’inferno

31 sabato Mar 2018

Posted by cristianaallievi in cinema, Serie tv, Televisione

≈ Lascia un commento

Tag

Amazon, Canada, cannibalismo, Cristiana Allievi, GQ, Passaggio Nord Ovest, Ridley Scott, Royal Navy, The terror

Un horror a ritroso nel tempo, quando la marina britannica si avventurava verso i confini del mondo sul continente artico. Tra iceberg, naufragi, ammutinamenti, inuit, cannibalismo e mostri (ma nessuno più pericoloso dell’uomo)

Presentata in anteprima mondiale all’ultima Berlinale, la serie The terror, prodotta da Ridley Scott, è ora in onda su Amazon Prime Video. Basata sul romanzo di Dan Simmons del 2007, che a sua volta si ispira a una storia vera accaduta alla Royal Navy britannica, ci porta indietro al 1845, quando Sir John Franklin era in viaggio nelle terre sconosciute dell’Artico, alla ricerca del passaggio a Nord Ovest e le due navi della spedizione (Erebus e Terror) scomparvero nel nulla (per essere ritrovate solo nel 2014 e nel 2016, nella zona di King Willim Island).

La serie tv in 10 episodi, dalla produzione piuttosto ambiziosa, mostra pian piano come la scarsità delle risorse e le condizioni avverse devono aver portato gli equipaggi alla catastrofe. Nel gelodi quelle terre isolate ai confini del mondo, succedono cose orrende che mettono in luce il peggio di un gruppo di marinai che lotta per la sopravvivenza e invece di sconfiggere un male esterno finisce per combattersi al suo interno, fino al culmine di una violenza primordiale.

Nella serie Jared Harris (Sherlock Holmes, Operazione U.N.C.L.E, Allied e la serie The crown) è il Capitano Francis Crozier, al comando della HMS Terror e secondo al comando della spedizione. È un marinaio senza eguali ma è anche un irlandese che è cresciuto nelle gerarchie della Royal Navy, e ha quindi dovuto accettare uno stato di inferiorità senza metabolizzarlo.
Il suo consiglio da esperto non viene mai ascoltato e lui affoga i dolori nell’alcol.
Quando la spedizione si rivela disastrosa può finalmente mostrare il proprio valore, ma i suoi demoni sono duri da combattere.

Suo antagonista è il Capitano James Fitzjames, terzo capo della spedizione, interpretato da Tobias Menzies (già nella serie The crown, in Games of Thrones e presto nel film tv King Lear con Anthony Hopkins e nel mistery ispirato al romanzo gotico Carmilla). È una promessa della Royal Navy, ha la stima di Franklin nonostante non abbia mai navigato verso il Polo ed è in competizione con Crozier. La sua falsa sicurezza verrà frantumata e i suoi tremendi segreti emergeranno.

The Terror

Conoscevate la storia narrata in The terror?
T. «In inghilterra non è molto nota, al tempo hanno voluto dimenticarla, mentre in Canada viene insegnata nelle scuole».
J. «Per via del cannibalismo, gli inglesi dicono “non è vero, non è mai successo”…».

Non ci sono stati sopravvissuti, come facciamo a conoscere i fatti oggi?
J. «Una nave che viaggiava sul ghiaccio ha incontrato due gruppi di Inuit che cacciavano, in due punti diversi del percorso. Quegli Inuit sapevano cosa stava succedendo. Durante successive ricerche, che sono andate avanti per 10 anni, gli Inuit hanno raccontato tutto. Quindi sono iniziati i ritrovamenti di ossa lunghe; c’era una famosa foto con un uomo su una barca circondato di ossa umane, ed erano visibili i segni dai coltelli, quindi non ci sono dubbi su quanto accaduto».

È una coincidenza il fatto che questa storia vada in onda oggi, o è lo specchio di qualcosa?
J. «L’idea era mostrare come stiamo impattando l’ambiente, l’arroganza delle persone che entrano nel mondo e credono di esserne i padroni. Un’attitudine che produce degli effetti».
T. «Sento il tema della sopravvivenza, e forse anche l’idea di incontrare una forza più grande di te, l’arroganza dell’imperialismo».

The Terror

Siete attori esperti, anche di teatro, come si crea un’atmosfera horror sul set, da far respirare poi agli spettatori?
T. «Jonathan, il production designer, ha creato un mondo magnifico. Poi si è trattato di calarsi con l’immaginazione in un mondo pre moderno e vedervi dei mostri».
J. «I mostri cambiano, uno di loro è Cornelius Hickey, ma poi per un paio di episodi lo sono io, poi lo diventa Tobias… forse il mostro peggiore è l’ammutinamento…».
T. «L’ammutinamento è la cosa più temibile per un capitano, sempre».

Dove avete girato il film?
J. «Principalmente a Budapest, sede del set, per sette mesi, poi siamo stati un mese in Croazia: un’isola chiamata Pag, piena di pietre, funzionava bene come paesaggio per la fine della storia, quando si scioglie il ghiaccio».

Cosa c’è di nuovo in questa serie, nella vostra percezione?T. «La cosa più importante è il fatto di raccontare la storia stessa, che non è molto nota. Sembra diversa dalle cose che ho visto fin qui, ma è difficile spiegare perché. Dovevano trovare un modo originale di fare un horror, e David Kajganich e Soo Hugh che hanno scritto la storia conoscono il genere, eravamo in ottime mani».
J. «Il primo episodio mi ha reso chiaro che non ci sono clichè sul modo di intrattenere il pubblico. La storia si costruisce lentamente, non salta subito sulle terrificanti forze esterne presenti nei ghiacci, per esempio. Direi che è reale, non ruba dai classici del genere per attirare l’attenzione, non copia i finali di Brian De Palma, per intenderci».

Jared, lei ha altre due serie in uscita, una Amazon Original, Carnival Row, e una per HBO, Chernobyl.
J. «Carnival Row uscirà alla fine del 2019, io sono Absalom Breakspear, un cancelliere imperioso assediato da nemici politici da tutti i lati. È una grande storia fantasy, in cui devi buttarti senza esitazioni. E in Chernobyl, che uscirà all’inizio del prossimo anno, sono un investigatore mandato a cercare di risolvere un problema che negano esistere».

Tobias lei invece ha girato Re Lear…
T. «Alla fine dell’anno scorso, con Anthony Hopkins. Uscirà alla fine del 2018 sulla BBC, è una produzione inglese. Io sono Cornwall, membro della famiglia Lear, e ho lavorato molto accanto a Emily Watson (che è anche in Chernobyl, ndr). Hopkins è sempre stato un mio eroe, non è stato difficile accettare».

Amazon e Netflix sono buona cosa, per la libertà degli attori?
J. «Il problema è che gli studios hanno abdicato, hanno deciso molto tempo fa di rinunciare a grandi film. Paramount sette anni fa ha detto “non ne faremo più”, e HBO, Amazon e Netflix hanno sentito quel vuoto. E poi… organizzare le uscite di un’intera famiglia è difficile, se puoi vedere qualcosa di molto ben fatto anche stando a casa, non è male».
T. «Credo che tutta questa concorrenza forzerà il cinema ad alzare di nuovo l’asticella, quindi credo che andrà bene per tutti».

Articolo pubblicato su GQ.italia 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Redford fa ancora riflettere, con Le nostre anime di notte

04 mercoledì Ott 2017

Posted by cristianaallievi in cinema, Miti, Mostra d'arte cinematografica di Venezia, Personaggi, Senza categoria, Televisione

≈ Lascia un commento

Tag

Cristiana Allievi, film romantici, icone, Jane Fonda, Le nostre anime di notte, Netflix, riflessioni, Robert Redford, Sundance

Punto numero uno: viene da chiedersi, di nuovo, come fa? Già, come fa a essere l’icona leggera e insieme profonda e politica che è? Anche con il film romantico in onda su Netflix?

È sempre stato un guru dei film “impegnati”. Lealtà verso un ideale. Critica intelligente del sistema. Strenua difesa delle libertà (leggi democrazia), questo sa fare Robert Redford, e per questo da sempre incarna il volto buono dell’America. E i colleghi che hanno lo stesso obiettivo glielo riconoscono, primo fra tutti George Clooney.

Ora, se tutto questo è molto chiaro, resta più difficile da spiegare quell’aura da icona che nemmeno a 81 anni gli scivola via di dosso. All’ultima mostra d’arte cinematografica di Venezia, dove ha presentato con la sua amica di vecchia data Jane Fonda Le nostre anime di notte, in onda su Netflix, la sua luce ha oscurato la presenza di tanti colleghi con meno della metà dei suoi anni.

“Come fa?”, viene da chiedersi
Come fa a togliersi la giacca e restare in t-shirt, senza sfigurare, nonostante non abbia mai puntato sul fisico? «Non mi sono mai visto particolarmente bello. Così come non credo di essermi apprezzato come attore per un lunghissimo periodo di tempo», racconta a sorpresa.

«Sono sempre stato tremendamente esigente con me stesso, forse troppo».

Forse la bellezza, mista a molto talento e anche a una certa distrazione da se stesso, rende un uomo davvero un’icona.
Se poi si pensa che ha sempre puntato il dito su tutto ciò che del suo paese non gli piace, vedi alle voci Tutti gli uomini del Presidente, I tre giorni del condor, Leoni per Agnelli solo per citarne alcuni, il resto è fatto.

L’arte di andare al cuore delle cose con semplicità
Se la politica, con le sue bugie, i media e l’istruzione sono gli highlights della sua arte, quando si passa ai sentimenti Redford mantiene la stessa semplicità e incisività.

Basta guardare l’ultimo film, tratto dal romanzo di Kent Haruf, di cui è produttore e coprotagonista con Jane Fonda, amica e collega con cui ha girato quattro pellicole e con cui – prima volta nella storia del festival che accade a una coppia- ha vinto il Leone alla carriera. «Nel 1965 ci siamo incontrati per La caccia, da quel momento le cose sono sempre state facili tra noi. Volevo lavorare ancora con Jane prima di morire, ho scelto questa storia perché funzionava bene per la nostra età».

Le nostre anime di notte, dalla sceneggiatura molto semplice, racconta due persone della terza età che cercano ancora un’intimità, nonostante il mondo intorno a loro non pensi che questo sia giusto. Un film che scalda il cuore e in cui Redford ha mostrato tutte le sue passioni, dalle passeggiate nella natura alla pesca alla pittura.

Il naso per la politica
Nato a Santa Monica, figlio di un lattaio, da ragazzo era una vera testa calda. A scuola non riusciva a stare, e le grandi perdite della sua vita non lo hanno certo aiutato: prima lo zio con cui era cresciuto, poi la madre, e a ruota il primo figlio, trovato morto nella culla. Si definisce un pessimo studente, ma le cose sono cambiate quando ha lasciato l’Università del Colorado per venire a studiare all’Istituto d’arte Firenze, per poi passare all’Ecole des Beaux Arts di Parigi.
Con il suo Sundance Institute ha cambiato il corso del cinema americano, e da tutta la vita incarna lo stereotipo del vincente che non usa l’aggressività. «Credo che nel mondo farebbe una differenza se ci fossero più donne in politica. Tutto il sistema ha bisogno di avere più donne, e mi riferisco a ciò che possono portare in termini di valore aggiunto. La compassione in grado di dare la vita a un figlio, sapere come nutrirlo, abbiamo più bisogno di queste qualità che di qualcuno che vada in guerra, specie quando non sa cosa sta facendo».
E visto che questo pianeta finirà nelle mani delle nuove generazioni, gli interessa suscitare in loro una domanda. «“Io cosa scelgo di fare”? Quando ero studente mi hanno espulso dalla scuola, quindi mi interessa sempre mettermi dall’altra parte, anche da regista».

robert-redford-profile.jpg

Dai rischi del divismo al circolo vizioso del business
E dei nuovi maschi di Hollywood, cosa pensa? «I tempi sono molto cambiati, e con loro l’industria cinematografica. Gli attori più giovani non possono non essere influenzati dal ruolo di internet, della tv, dalla miriade di informazioni e dagli altrettanti canali che le distribuiscono. Sono completamente concentrati su di sè, hanno interi staff con il trainer, lo psichiatra, molta gente intorno. Voglio dire che sono più attenti alla cura dell’immagine, il lavoro rischia di diventare un fatto di marketing». Quando ha iniziato lui, i giochi erano diversi. «e penso a quando ho recitato in Butch Cassidy (Butch Cassidy and the Sundance Kid, 1969, ndr) non ricordo di aver neppure parlato del film, è semplicemente uscito nelle sale. Adesso i giovani sottostanno alle leggi di mercato, sono spinti a vendersi a livello commerciale, sono invischiati nel circolo vizioso del business». E del carisma cosa pensa? «Non saprei cosa dire, non vorrei sembrare naif. So cosa mi ha detto la gente in tutti questi anni, ma non so se ci ho mai creduto. Il carisma viene da chi sei, da quello che tiri fuori di te come artista, e va al di là del personaggio».
I tempi sono cinici, si sa, e quando è così nè commedie né film romantici fioriscono. «Basta guardare in che cultura ci troviamo, cosa fanno i media. C’è così tanta disonestà che le persone giovani non hanno nulla a cui guardare, questo riflette la mancanza di una leadership morale. Non c’è rispetto, non c’è integrità nel comportamento, solo l’idea “dammi qualcosa di facile e veloce”. La commedia è spesso così, una soddisfazione facile e veloce. Noi abbiamo fatto una scelta diversa, ci interessava qualcosa di sofisticato.

Il sapore, anzi il gusto, della Libertà
Libertà è fare un film come quello appena fatto, è la libertà che mi piace in quanto artista. Poi c’è la libertà di dire quello che penso. E poi… Mi piace ritirarmi dal mondo, andare in un posto dove c’è solo natura, e cavalcare per miglia, vedere solo cielo, alberi, montagne. Posso farlo nella mia tenuta, è una libertà molto speciale…».

Articolo pubblicato su GQ Italia

© Riproduzione riservata

«Vi spiego perché Downton Abbey parla un po’ di noi»

21 venerdì Nov 2014

Posted by cristianaallievi in Serie tv, Televisione

≈ Lascia un commento

Tag

Cristiana Allievi, Downton Abbey, Julian Fellowes, Meggie Smith, Panorama, Romeo e Giulietta, Serie tv, Televisione, William Shakespeare

Parla Julian Fellowes, ideatore della saga sulla famiglia aristocratica dei Crawley, vincitrice di 10 Emmy award, cinque Bafta e due Golden Globe.

julian fellows

E’ rimasto nell’ombra per vent’anni, facendo l’attore caratterista e lo scrittore per la tv. Poi è arrivato Robert Altman che gli ha fatto vincere un Oscar per la miglior sceneggiatura originale con Gosford Park, catapultandolo nella lista dei migliori scrittori per il cinema di Hollywood (The Tourist, The Young Victoria, Vanity Fair). Da lì in avanti è stata tutta un’ascesa per Julian Fellowes, attore, regista, produttore e scrittore di bestseller. E quando ha ideato la saga sulla famiglia aristocratica dei Crawley, Downton Abbey, di fatto ha creato una serie tv da Guinness dei primati che vanta nel palmarès 10 Emmy award (e 30 nomination), cinque Bafta e due Golden globe. Il 19 dicembre approda in Italia in prima serata la terza serie, su Rete4, mentre a gennaio in Usa ci sarà la première della quarta stagione e in Inghilterra inizieranno le riprese della quinta. Ricapitolando, la storia è quella della famiglia aristocratica dei Crawley che vive con la numerosa servitù in una casa nello Yorkshire, attraversando le varie fasi della storia inglese: dall’affondamento del Titanic alla dichiarazione di guerra alla Germania, poi, nella seconda stagione, gli anni della guerra…

Che cosa accadrà nella terza serie, finita al numero uno nella storia del network Pbs in Usa, con 24 milioni di telespettatori?
Sarà un po’ come quando, dopo un incidente, ci si tasta il corpo per capire quante ossa si sono rotte. Questo è quel che è successo negli anni Venti e Trenta, che mi colpiscono per la loro nebulosità, in un certo senso eccitante. C’erano tutti quei balli nuovi, gli aeroplani, i film, sempre più persone avevano la macchina, ma da un altro punto di vista serpeggiava la paura del futuro. Come oggi.

Non ha temuto di essere inopportuno mandando in onda una serie focalizzata su benessere e lusso, in un’epoca di crisi come la nostra?
È un momento di grandi insicurezze, i posti di lavoro o non ci sono o traballano, le regole sono vaghe, anzi nessuno sa esattamente quali siano. Proprio per questo credo che raccontare la vita di un gruppo di persone che vivono a stretto contatto tra loro, ma con orizzonti così diversi, sia molto utile. Era un’idea che avevo in mente già prima di scrivere Gosford Park.

Ha introdotto 18 personaggi, ognuno con una personalità e una direzione.
Il pubblico contemporaneo è molto sofisticato, è abituato a maneggiare tante informazioni in simultanea. Anche il racconto è veloce, in effetti, si deve rimanere svegli, mentre un tempo non importava se lo spettatore si alzava per andare a farsi una tazza di tè nel mezzo dello spettacolo tv.

Qual è il segreto di un tale successo?
L’abbraccio senza giudizio delle vite di tutti, benestanti e no. I personaggi sono presi sul serio dal primo all’ultimo, la servitù non è comica e i nobili non sono né padroni né egoisti. E poi ci sono i socialisti irlandesi, le femministe di specie differenti e i nuovi ricchi americani, i buoni e cattivi non dipendono dalla classe sociale. Regna un equilibrio ideologico che evidentemente premia.

Si ritiene uno snob?
Mi hanno accusato di esserlo. Francamente, analizzare perché le persone compiono certe azioni, e mostrare come in fondo la maggior parte degli esseri umani voglia andare avanti nella vita, non mi pare un atteggiamento snob.

Dal 2011 lei è un lord, vive con sua moglie Emma e suo figlio Peregrine a Londra e nel Dorset: ci sono similitudini tra la sua famiglia e quella protagonista di «Downton Abbey»?
Proprio come per i Crawley, nel mio caso gli antenati più nobili vengono dalla famiglia di mio padre, in quella di mia madre non se ne rintracciano. Questo fatto mi ha molto influenzato, credo sia il motivo per cui non prendo le parti di nessuno.

Una delle novità della terza serie è la presenza del premio Oscar Shirley MacLaine come interprete di Martha Levinson.
È salita a bordo in modo semplice, non si è mossa come una star che merita qualcosa di diverso dagli altri. È una donna gentile e conviviale, quando sono finite le riprese e se n’è andata tutti hanno vissuto una specie di lutto.

Dopo di lei ci dobbiamo aspettare una pioggia di star?
In realtà sono molti i big che ci hanno chiesto di venire a lavorare con noi, ma cose così vanno calibrate. Quando serve una grossa personalità, come nel caso della contessa di Grantham, va bene Maggie Smith, però non si può esagerare: le star di Hollywood si portano dietro una tale aura che rischiano di diluire l’atmosfera della storia e non va bene.

Sente la pressione del successo?
La pressione è un sottoprodotto inevitabile del successo, se non c’è significa che hai fatto un flop.

Non ha avuto timori nemmeno quando si è trattato di riscrivere William Shakespeare?
L’anno prossimo arriverà nelle nostre sale la sua versione di «Romeo e Giulietta». Shakespeare è stato riscritto più o meno dal giorno in cui ha reso l’anima al cielo, non c’è stata generazione, dopo, che non lo abbia affrontato, c’è stato persino chi ha dato alla storia un lieto fine. A far paura è il fatto di dovere tradurre un testo per un luogo, il cinema, diverso dal teatro, per cui era stato pensato.

La sua versione sarà fedele a quella del poeta inglese?
Abbiamo mantenuto i capisaldi di quella che secondo me è la miglior storia che sia mai stata scritta sul primo amore. Credo che solo uno studioso davvero raffinato potrà accorgersi di cosa ho modificato.

La locandina di Downton Abbey

La locandina di Downton Abbey

Qui il mio articolo su Panorama

© Riproduzione Riservata

Iscriviti

  • Articoli (RSS)
  • Commenti (RSS)

Archivi

  • marzo 2023
  • febbraio 2023
  • dicembre 2022
  • novembre 2022
  • ottobre 2022
  • settembre 2022
  • luglio 2022
  • giugno 2022
  • Maggio 2022
  • aprile 2022
  • marzo 2022
  • febbraio 2022
  • gennaio 2022
  • dicembre 2021
  • novembre 2021
  • ottobre 2021
  • giugno 2021
  • Maggio 2021
  • aprile 2021
  • marzo 2021
  • febbraio 2021
  • dicembre 2020
  • novembre 2020
  • ottobre 2020
  • settembre 2020
  • agosto 2020
  • luglio 2020
  • giugno 2020
  • Maggio 2020
  • marzo 2020
  • febbraio 2020
  • novembre 2019
  • settembre 2019
  • luglio 2019
  • giugno 2019
  • Maggio 2019
  • aprile 2019
  • marzo 2019
  • febbraio 2019
  • gennaio 2019
  • dicembre 2018
  • novembre 2018
  • ottobre 2018
  • settembre 2018
  • agosto 2018
  • luglio 2018
  • giugno 2018
  • Maggio 2018
  • aprile 2018
  • marzo 2018
  • febbraio 2018
  • gennaio 2018
  • dicembre 2017
  • novembre 2017
  • ottobre 2017
  • settembre 2017
  • agosto 2017
  • luglio 2017
  • giugno 2017
  • Maggio 2017
  • marzo 2017
  • febbraio 2017
  • gennaio 2017
  • dicembre 2016
  • novembre 2016
  • ottobre 2016
  • settembre 2016
  • agosto 2016
  • luglio 2016
  • giugno 2016
  • Maggio 2016
  • marzo 2016
  • febbraio 2016
  • gennaio 2016
  • dicembre 2015
  • novembre 2015
  • ottobre 2015
  • settembre 2015
  • agosto 2015
  • giugno 2015
  • Maggio 2015
  • aprile 2015
  • marzo 2015
  • febbraio 2015
  • gennaio 2015
  • dicembre 2014
  • novembre 2014
  • ottobre 2014
  • settembre 2014

Categorie

  • Academy Awards
  • arte
  • Attulità
  • Berlinale
  • Cannes
  • cinema
  • Cultura
  • danza
  • Emmy Awards
  • Festival di Berlino
  • Festival di Cannes
  • Festival di Sanremo
  • Festival di Taormina
  • giornalismo
  • Golden Globes
  • Letteratura
  • Lusso
  • Miti
  • Moda & cinema
  • Mostra d'arte cinematografica di Venezia
  • Musica
  • Netflix
  • Oscar
  • Oscar 2018
  • Personaggi
  • pittura
  • Politica
  • Quella volta che
  • Riflessione del momento
  • Senza categoria
  • Serie tv
  • Sky
  • Sport
  • Sundance
  • Teatro
  • Televisione
  • Torino Film Festival
  • Zurigo Film Festival

Meta

  • Registrati
  • Accedi

Blog su WordPress.com.

Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie
  • Segui Siti che segui
    • Cristiana Allievi
    • Segui assieme ad altri 87 follower
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • Cristiana Allievi
    • Personalizza
    • Segui Siti che segui
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza il sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra
 

Caricamento commenti...