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Archivi Mensili: settembre 2016

Kim Rossi Stewart: Tommaso e i quarantenni irrisolti

10 sabato Set 2016

Posted by cristianaallievi in cinema, Mostra d'arte cinematografica di Venezia, Senza categoria

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Anche libero, Anche libero va bene, Cristiana Allievi, GQitalia, Kim Rossi Stewart, Tommaso, Venezia 73

Un film sulla mente che passa molto anche per la carne. Con qualche elemento autobiografico e molta riflessione sulla oggettività difficoltà (generazionale?) di riuscire a stare sulle proprie gambe abbastanza da viversi appieno e fino in fondo

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Kim Rossi Stewart, attore e regista romano, 47 anni. 

«È un film sulla mente, e a livello emotivo coinvolge meno del mio lavoro precedente. Del resto da quando l’uomo si è civilizzato e la sua intelligenza si è staccata da quella animale, con la mente bisogna farci i conti, nel bene e nel male». Così Kim Rossi Stewart racconta Tommaso, il film presentato fuori concorso a Venezia e da oggi al cinema.
È la storia di un uomo sulla quarantina che non riesce a tenersi accanto una compagna. Sogna fantastiche avventure con le donne, in realtà è congelato emotivamente e allontana sistematicamente chi gli si avvicina valicando i confini delle sue difese emotive. Dietro una specie di coazione a ripetersi ci sono due realtà, una madre assente e un bambino interiore con cui ha perso il contatto. Bambino che, dieci anni fa, stava al centro del primo lavoro dietro la macchina da presa del regista romano, Anche libero va bene, e che allora veniva abbandonato dalla madre. Ma mentre quella pellicola era riuscita nella sua analisi della relazione genitori-figli, in Tommaso sembra mancare il distacco necessario per ottenere lo stesso effetto.

Da una parte al regista va il merito di essersi messo al centro del proprio lavoro, con l’escamotage di far fare al suo protagonista il lavoro di attore in crisi. Dall’altra questo autobiogafismo è il punto debole del film: Rossi Stewart sembra troppo coinvolto col suo protagonista – che poi è se stesso- per poter restituire un racconto efficace e interessante. «Girando Tommaso mi sono trovato a valutare cosa può rappresentare, oggi, l’atto di mettersi a nudo. Ho giocato molto con questo aspetto, non so nemmeno io quanto lo abbia fatto. Avrei potuto scegliere altri mestieri per il mio protagonista, ma trovo che spogliarsi, con una buona dose di sincerità, sia un atto molto civile, etico e moralmente giusto. Se tutte le persone avessero questo obiettivo, dai capi di Stato alle persone più semplici, staremmo tutti molto meglio».

Tommaso è un attore frustrato che vorrebbe girare un film in cui racconta le proprie angosce interiori, ma nessuno glielo vuole produrre, e da spettatori si ha la sensazione di guardare proprio quel film a cui il protagonista allude. A un certo punto della storia dice “Io muoio, se non riesco a esprimermi liberamente”, frase che fa di nuovo pensare a chi sta dietro la macchina da presa. «La scelta del mio mestiere dice quanto questa frase mi riguardi, da sempre», racconta l’attore che più di vent’anni fa ha raggiunto la fama in tv grazie a Fantaghirò, e che a cinque anni era già sul set con il padre, attore e assistente alla regia. «Il mio lavoro mi ha sempre permesso di esprimere in modo libero tante questioni emotive. Poi c’è la vita privata, in cui l’espressione di me stesso ha il suo spazio».

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Rossi Stewart con Jasmine Trinca, una delle interpreti di Tommaso. 

I punti in cui Tommaso respira meglio sono forse quelli che ruotano intorno a sesso e seduzione, in cui si ha la sensazione di uscire da una zona di nebbia e di essere finalmente coinvolti. Mentre secondo Kim le immaginazioni erotiche sono un segnale a indicare la temperatura del malessere del suo protagonista, l’incapacità di vivere le cose concrete della vita, «la sessualità tira fuori gli aspetti più animaleschi, diretti e meno razionali di noi stessi, ed è nella natura delle cose che questo si senta nel film».

Senza svelare il finale della storia, non si può dire che Tommaso ne esca risolto. «Nel suo percorso viene risucchiato da una spirale, ma la cosa non è negativa», conclude Rossi Stewart. «Perché arriva a toccare il fondo, rischia, con coraggio, e secondo me entra in una nuova fase della vita. Ai miei occhi Tommaso riesce a uscire dalla ruota del criceto, scoprendo che quando si è in grado di stare sulle proprie gambe si è pronti per una relazione di coppia e per la grossa condivisione che questa comporta».

Se sente che il suo film appartiene a qualche genere? «So che ai giornalisti piacciono i paragoni, ma fatico ad associare questo film a qualcosa, se appartiene a un filone è quello autoreferenziale. Sono così ambizioso da voler creare qualcosa di unico, non mi vergogno ad ammetterlo».

 

Articolo pubblicato da GQItalia.it

© Riproduzione riservata 

Un tuffo nel cuore di Nick Cave in 3D

06 martedì Set 2016

Posted by cristianaallievi in Mostra d'arte cinematografica di Venezia, Senza categoria

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Tag

Andrew Dominik, Arthur Cave, Bad Seeds, Cristiana Allievi, Marilyn Monroe, Nexodigital, Nick Cave, One more time with feeling, Skeleton Tree

«A colori vedi il quotidiano, in bianco e nero vedi la verità». Il regista Andrew Dominik introduce il documentario che svela il nuovo album del cantautore e il suo dolore straziante, al cinema da fine settembre

NickCaveOMTWF.jpg«Il colore è incasinato, è difficile renderlo bello. Il bianco e nero è elegante, rende le cose scultoree. A colori vedi il quotidiano, in bianco e nero vedi la verità». Andrew Domink spiega così la bellezza abbagliante del suo One more time with feeling, il film appena presentato a Venezia che racconta la musica dell’ultimo disco di Nick Cave, e molto di più, e che in Italia vedremo il 27 e 28 settembre grazie a Nexodigital. Il regista di L’assassinio di Jesse James e Coogan-Killing them soflty, presenta l’ultimo disco dell’artista in modo inusuale, con un 3D in bianco e nero che avvolge lo spettatore tra le note e lo porta, lentamente, dritto nell’anima del cantautore australiano. Si parte con quella che sembra un’intervista musicale in auto, poi si vedono le prove con i Bad Seeds, momenti di vita privata, lavori di sovraincisione della voce, fino ad arrivare alle riflessioni più intime di Cave sulla vita e sul trauma. Il lavoro al nuovo album, Skeleton Tree (uscita 9 settembre), è stato infatti segnato dalla tragica perdita del figlio Arthur, precipitato dalle scogliere di Brighton a giugno dello scorso anno, dopo aver fatto uso di LSD. Quando il musicista si è reso conto che presto sarebbe arrivato il momento di presentare il nuovo lavoro alla stampa, ha capito che non ce l’avrebbe fatta, così ha chiamato Dominik per affidare il compito alle immagini e soprattutto a un amico. «Nick mi ha cercato a dicembre, abbiamo iniziato le riprese a febbraio. Lui voleva suonare, l’idea era di presentare un piccolo concerto del disco, ma avevamo solo 34 minuti di canzoni. Ci voleva altro, non sapevamo cosa, è emerso strada facendo». Le immagini della pellicola lasciano il segno, come il momento in cui si vede la faccia di Cave sbucare dal pianoforte che sembra quasi d’argento. «È venuta davvero bene», racconta Dominik, «ho piazzato le luci dietro la macchina da presa. E poi con le nuove lenti in circolazione, l’ultima frontiera del nostro lavoro, puoi rendere tutto splendido». Lui e Cave si sono conosciuti molti anni prima che il musicista e Warren Ellis scrivessero la colonna sonora del secondo film di Andrew, L’assassinio di Jesse James. «Ci siamo incontrati nel 1986, veniamo entrambe da Melbourne. Ma il motivo per cui siamo diventati amici è che avevamo la stessa fidanzata, che è stata prima con Nick e poi con me. Loro due erano rimasti amici, una volta lei lo ha chiamato e ho risposto io, così abbiamo fatto una lunga conversazione». Andrew stava volando a Parigi, quando ha ricevuto la chiamata di Cave per questo film.

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«Era traumatizzato, e ha scritto canzoni per cercare di esprimerlo. Sapevo che girando il film avremmo dovuto attraversare qualcosa che non c’entrava con l’essere un dio del rock. Lui stava rapportandosi con molte emozioni, ed è tutt’ora così, è nel mezzo del processo». One more time with feeling è rispettoso, si avvicina alla perdita e al lutto con piccoli passi. «Non è un argomento che potevamo affrontare di petto, dovevamo arrivarci girandoci intorno. Se parti dal trauma non sai più dove andare, mentre se ti ci avvicini, il film tiene una direzione». Il film rende vivido il lato umano del musicista. «Nick era preoccupato delle occhiaie e racconta le sue insicurezze, anche sull’invecchiamento. È molto onesto su chi è e su cosa gli succede, un aspetto che mi piace molto di lui. Questo film è un modo per mettere un piede davanti all’altro e andare avanti». La danza delle telecamere intorno al musicista e al suo modo di affrontare il dolore dura circa due ore, e permette di ascoltare i suoi testi, diventati decisamente più ermetici. Uscirà in 650 sale nel mondo, mentre da gennaio Dominik sarà impegnato nelle riprese del suo nuovo lavoro, un film su Marilyn Monroe tratto dal romanzo Blonde di Joyce Carol Oates.

 

Articolo pubblicato da GQ Italia 

© Riproduzione riservata 

 

Tom Ford: «Vi racconto la nostra paura di viverci fino in fondo».

04 domenica Set 2016

Posted by cristianaallievi in Moda & cinema

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A single man, Amy Adams, Back to Black films, Cristiana Allievi, GQitalia, Jake Gyllenhaal, Nocturnal Animals, Tom Ford, Venezia 73

Il senso delle scelte, la capacità di capire «chi sono le persone che contano, per tenercele strette», la necessità di ascoltarsi e «avere fiducia in se stessi» ma anche l’arte ironica di «goderti l’assurdità del mondo che ti sei scelto». Il regista couturier regala Nocturnal Animals, un altro film esteticamente perfetto e insieme profondo

Risultati immagini per Tom Ford Venezia 2016

Il regista, produttore e stilista texano Tom Ford, 55 anni.

Dopo aver visto Nocturnal Animals non stupirebbe scoprire che Tom Ford sa anche cantare, perché è una delle poche cose che non lo abbiamo (ancora) visto fare.
Sul fatto che sappia dirigere e scrivere una sceneggiatura, ormai nessuno può avere più dubbi, e si scoprirà anche se vincerà la nuova sfida di produttore, avendo creato da poco la sua Back to Black Films.

Il secondo film da regista dello stilista texano, presentato oggi in concorso alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia e applauditissimo dalla critica, presenta un apprezzabile lavoro di adattamento del libro Tony and Susan di Austin Wright, del 1993.

È la storia di una donna, Susan (Amy Adams), gallerista di New York, che a un certo punto riceve un manoscritto. Lo ha scritto il suo ex marito Tony (Jake Gyllenhall), un aspirante scrittore che finalmente colpisce nel segno. Il libro si chiama “Nocturnal Animals”, ed è violento fino all’horror, con uno scopo: far rivivere a Susan la sua vita con l’ex marito, con tutta la sua incapacità di amarlo includendo le sue fragilità.

Leggendo quelle pagine Susan rifletterà su tutta la sua vita, e sulla propria incapacità di accettare se stessa e la propria natura, tratto che l’ha portata a vivere una vuota vita borghese.

«Il senso di questa storia è capire chi sono le persone che contano, nella nostra vita, per tenercele strette», racconta il regista.
«Ma si tratta anche di avere fiducia in se stessi. Il personaggio di Amy Admas, Susan, è vittima della propria insicurezza, cade in quello che gli altri volevano che fosse, nello specifico sua madre, invece che in se stessa. Rappresenta la mia parte femminile, mentre Jake, che recita un uomo che viene dal Texas, e che non è il tradizionale macho ma è sensibile, rappresenta il mio maschile. Ed è un uomo che alla fine, perseverando sulla propria strada, diventa più forte».

La sequenza di apertura del film, con donne grassissime alla Botero, che ballano vestite solo di stivali e cappello da majorettes, catturano prepotentemente l’attenzione dello spettatore. «Volevo ambientare la storia in un mondo contemporaneo, ed enfatizzare alcune delle sue assurdità. Di solito non amo quando nei film l’arte è falsa, così ho dovuto inventare la scena iniziale, e l’ho fatto mettendo la testa in un immaginario di artista. Ho vissuto gli ultimi 27 anni in Europa, così ho pensato a un artista europeo che esagera, con queste donne cariche di dettagli americani, grasse ed eccessive. Mentre giravo mi sono innamorato di loro, erano così belle, felici, libere perché hanno abbandonato tutte le convenzioni culturali su come le donne dovrebbero essere. Bisogna lasciar andare l’idea di come dovremmo essere per trovare chi siamo davvero», continua Ford.

Uno stilista sul set, Tom Ford e la coppia Gyllenhaal-Adams: "Un tuffo dentro l'io"

Il regista (al centro) con il cast di Nocturnal Animals, film in concorso alla 73° Mostra d’arte cinematografica di Venezia.

Il film è esteticamente perfetto, come il precedente, e si mantiene in un equilibrio pericoloso e straordinario, estetizzando anche i momenti più brutali della storia, come quello in cui si vedono i cadaveri di due donne perfettamente adagiati su un divano rosso, in mezzo a una discarica. «Per me lo stile deve servire la sostanza, sempre, in particolare nei film. Il personaggio di Susan dice a Jake “dovresti scrivere di te stesso”, e lui le risponde “nessuno scrive di altro che non sia se stesso”. Lei in quel momento è sdraiata su un divano rosso, e lo fa arrabbiare moltissimo. Per questo quando lui nel libro la “uccide”, torna di nuovo il divano rosso: l’uomo vuole far provare alla ex moglie quello che ha provato lui, e io lo restituisco visivamente».

Nel film si conversa anche sul fatto di non essere felici del proprio lavoro e della propria carriera, che si porta avanti solo per dovere. «Da giovane sei ottimista», prosegue il regista, «e sei attratto da cose che sembarno meravigliose ma solo superficialmente. È così che crescendo ti trovi intrappaolato, perchè devi pagare le bollette e mandare i figli a scuola. A quel punto non ti resta che goderti l’assurdità del mondo che ti sei scelto».

Il film non ha un lieto fine, e per Ford questo è un bene. «Non sapremo cosa farà la donna protagonista, di certo però non tornerà alla sua vita: il suo passato è definitivamente alle spalle, in questo senso il film contiene una trasformazione».

Alla domanda se vuole dedicare più tempo alla regia, in futuro, compatibilmente con tutti i suoi impegni, risponde sorridendo. «Non vedo l’ora di girare il prossimo lavoro, ma non è ancora il momento di rivelarne i dettagli. Posso solo dire di essere old fashion, il mio intento quando dirigo una storia è sempre farmi domande sulla mia vita. E se lo spettatore lascia il cinema senza essersi fatto domande, vuol dire che il film che ha visto ha fallito…».

 

Articolo pubblicato da GQItalia sett 2016

© Riproduzione riservata 

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