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Cristiana Allievi

~ Interviste illuminanti

Cristiana Allievi

Archivi tag: Blade Runner 2049

Into the Leto (Jared)

16 venerdì Apr 2021

Posted by cristianaallievi in cinema, giornalismo, Moda & cinema, Personaggi

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30 seconds to Mars, Blade Runner 2049, Denzel Washington, Fino all'ultimo indizio, House of Gucci, interviste illuminanti, Jared Leto, Rami Malek, Warner Bros, WeCrashed

HA VISSUTO PER GIORNI ISOLATO DAL MONDO. UNA VOLTA TORNATO JARED LETO HA SCOPERTO UN ALTRO TALENTO (OLTRE A QUELLO DI ATTOR EE MUSICISTA). BASTARE A SE STESSO

DI Cristiana Allievi

L’attore e musicista Jared Leto è protagonista del film Fino all’ultimo indizio (Amazon Prime video), poi lo vedremo in WeCrashed e House of Gucci.

Vi è mai capitato di lasciare casa vostra per dodici giorni, ritirarvi in un luogo sperduto e tornare trovando un mondo che è andato per aria? A Jared Leto è successo e lo racconta con nonchalance. «Ho deciso di fare un ritiro di silenzio in un momento in cui in tutta l’America si contavano 126 casi: non si sapeva che eravamo all’inizio di una pandemia. Mi sono ritirato nel deserto, senza né internet né telefono. Quando sono tornato sono rimasto scioccato: il mondo era in uno stato di caos ed emergenza totali». Sembra la trama di uno dei suoi film, visto che ha sempre interpretato personaggi ai confini della realtà, psicopatici, disagiati, mutilati o sfigurati. E nel nuovo thriller anni Novanta che John Lee Hancock aveva scritto 30 anni fa e dimenticato in un cassetto, non è diverso. In Fino all’ultimo indizio un sergente di polizia (Rami Malek)  chiede a un vicesceriffo (Denzel Washington) di sostenerlo con il proprio intuito nella caccia a un serial killer, interpretato da Leto (il film è già disponibile in digitale per l’acquisto e il noleggio premium: su Amazon Prime Video, Apple Tv, Sky Primafila e Infinity). Si fatica a riconoscerlo con gli occhi marroni e la camminata un po’ meccanica, nei panni di Sparma. «È un personaggio sarcastico e ironico, diverso dai serial killer canonici. Per me è addirittura adorabile», racconta. «Non ho fatto ricerche su figure specifiche di killer, c’è troppa ambiguità in quel campo. Ho preferito leggere trascrizioni dell’FBI,  guardare documentari, leggere crime. E passare molto tempo a pensare alla personalità di Sparma, il mio è un lavoro in cui devi farti domande e trovare delle risposte». Piace, a Leto, parlare di outsider, persone che non si integrano nella società e per cui  non esistono regole. E ammette che accettare un altro personaggio disturbato è stato un azzardo. «Mi sono spinto in zone abbastanza buie, durante la mia carriera, c’è stato un momento in cui mi sono detto “è il caso di non continuare a farlo”. Ma questa opportunità era impossibile da rifiutare, l’ho accettata mettendo una protesi ai denti e al naso, e lavorando moltissimo sulla fisicità». Il maglione che indossa dall’altra parte dello schermo, bianco con striature violette, sembra un retaggio della comunità hippie in cui è cresciuto con madre, padre adottivo e fratello. Nato in Louisiana, Leto ha viaggiato tutta l’infanzia e ha cambiato varie strade prima di fondare una band con il fratello Shannon, i 30 seconds to Mars, che ha un manager di alto profilo, lo stesso di The Eagles, Christina Aguilera e i Van Halen. Ha frequentato la scuola di arti visive a New York, poi L’accademia d’arte a Philadelphia e una scuola di recitazione a NY. Quindi è volato a Los Angeles per dedicarsi alla musica, con l’idea che il cinema sarebbe stata un’attività marginale per lui. Ma le cose sono andate diversamente, a partire da La sottile linea rossa di Terrence Malik. Subito dopo, grazie a Fight Club e American Psyco, ha preso il volo. Colossi come Blade Runner 2049, Dallas Buyers Club, che gli vale l’Oscar, e Mr. Nobody, fanno il resto. Anche se – parole sue – è stato il Joker di Suicide Squad il ruolo della sua vita: non è un caso che sia coinvolto in ben due progetti proprio in questa veste, essendo il primo attore a interpretare questo personaggio in più di un film.

(…continua)

Intervista integrale pubblicata su D La Repubblica del 10 aprile 2021

© Riproduzione riservata

Ryan Gosling, dal futuro allo zio travestito da Elvis

11 mercoledì Ott 2017

Posted by cristianaallievi in cinema, Miti, Personaggi

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arte, Blade Runner 2049, cinema, Cultura, Denis Villeneuve, futuro, Harrison Ford, icone, interviste, pianeta, Ryan Gosling

«Mi piace usare il simbolismo per comunicare. È molto più efficace dell’approccio diretto e letterale». Piazzate nell’incipit di una conversazione, queste parole suonano come una minaccia. “Non pensare che sarà facile, con me”, sembra voler dire il ragazzo che a scuola aveva come soprannome trouble. Ci sono almeno altri tre indizi a confermare questa ipotesi. Primo, l’assoluto silenzio che ci avvolge nella suite nel cuore di Barcellona in cui ci incontriamo e in cui tutto sembra rarefatto. Secondo, il volume della voce con cui mi parla, basso, oltre che calmo. Terzo, il suo modo di descrivere la Gosling-mania, fenomeno che impazza dai tempi di Drive senza segni di cedimento. «Stavo portando a spasso il mio cane, saranno state le due del mattino. Ho visto un ragazzo che camminava per strada con addosso la giacca bianca lucida con lo scorpione. Quel tipo di apprezzamento senza stress mi rende davvero felice». È la giacca del suo personaggio nel film e ha fatto la fortuna di Steady Clothing a suon di 170 dollari al pezzo. Ma soprattuto è una metafora a indicare che l’imbarazzo che ha nel parlare di se stesso è reale. Poi ci sono tutti i suoi ruoli, spesso quieti ed emozionalmente distanti, che la dicono lunga.

Indossa jeans marrone bruciato e t-shirt  bianca con omino in sella a una moto, e la scritta Trans- AMA International, nome di un campionato che si corre oltreoceano. Mi ricorda che in Come un tuono non ha voluto nemmeno uno stunt per le pericolose fughe su due ruote. Ha mani grandi, con un grosso anello d’argento etnico all’anulare destro. Al collo, una vistosa collana di pelle con una medaglia incastonata.

La sua prima nomination agli Oscar nel 2007, per il professore tossico di Half Nelson. Da allora ha una moglie, Eva Mendes, e due figlie in più, ma ha continuato ad essere molto selettivo nei ruoli e a concedersi pochissimo. Però per quanto cerchi di tenere basso il profilo della carriera, optando spesso per i film d’arte, dal 5 ottobre sarà nelle sale con Blade Runner 2049, pellicola diretta da Denis Villeneuve che è il sequel del film culto di Ridley Scott, ed è anche l’evento dell’anno.

(…)

L’intervista integrale su ICON Panorama del 5 ottobre 2017

© Riproduzione riservata

Ana de Armas: «Mai stare ferme ad aspettare»

05 giovedì Ott 2017

Posted by cristianaallievi in cinema, Miti, Personaggi

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Ana de Armas, Blade Runner 2049, Clive Owen, Cristiana Allievi, Denis Villeneuve, Grazia, Ridley Scott, Ryan Gosling

 

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L’attrice cubana Ana de Armas, 29 anni, protagonista  di Blade Runner 2049.

Ordina un caffè e mi dice che durante le riprese di Blade Runner 2049 non lo beveva mai, per non metterci lo zucchero. Ma Ana de Armas è un tipo solare, e se da una parte capisco non sta scherzando, presto mi accogerò che sa prendere con ironia le fisime del suo lavoro di attrice. Siamo nel cuore di Barcellona, fa caldo e sono i frenetici giorni prima dell’uscita del film più atteso dell’anno. Boccoli biondi e labbra carnose, mi racconta che interpreta Joi, la miglior amica dell’Agente K, nientemeno che Ryan Gosling. Mi ricorda anche che quando Ridley Scott ha girato il suo capolavoro, lei non era nemmeno nata. 29 anni, Ana ha lasciato Cuba a 18 anni per trasferirsi in Spagna da sola. Poi è stata la volta di Los Angeles, dove vive.

Coraggiosa senza ombra di dubbio, l’attrice è già stata sposata all’attore spagnolo Marc Clotet, da cui si è divisa dopo due anni, e ogi si dichiara single. Ma considerato che ha debuttato a Hollywood con due film, solo un paio di anni fa (entrambe al fianco di Keanu Reeves), e che si trova già sul set di Three Seconds, diretta da Andrea Di Stefano, con Rosamund Pike e Clive Owen, siamo sicuri che di lei si sentirà parlare parecchio, d’ora in poi.

Come descriverebbe la sua Joi? «È una donna molto coraggiosa e appassionata, è la miglior amica, amante e cheer leader dell’Agente K, lo supporta e lo incoraggia a fare ciò che deve fare. Lo ama davvero, per lui farebbe qualsiasi cosa».

Come ha ottenuto un ruolo così importante? «Facendo tre audizioni, la mia gente ha spinto un po’ per ottenere la prima. All’inizio non credevano fossi adatta, ma quando Denis è venuto sul set, la seconda volta, e mi ha visto nella scena in cui dico “ti ho sempre detto che sei speciale”, ha capito che ero perfetta Ho davvero avuto il tempo di crescere e prepararmi al ruolo, con tutti quei provini».

Ricorda la prima volta in cui ha visto Blade Runner? «Ero molto giovane, a Cuba, e non ho capito quello che poi ho realizzato dopo, lavorandoci. Scott è stato un genio visionario, ha raccontato il futuro dell’umanità, il senso degli esseri umani, la tecnologia, il futuro…».

 

[…]

L’intervista integrale è su Grazia del 14/9/2017

© Riproduzione riservata

 

 

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