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Cristiana Allievi

~ Interviste illuminanti

Cristiana Allievi

Archivi tag: Denis Villeneuve

Il potere di Rebecca

19 venerdì Apr 2019

Posted by cristianaallievi in cinema, Miti, Personaggi

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Tag

Artù, Denis Villeneuve, Il ragazzo che diventerà re, interviste illuminanti, Mission: Impossible, Rebecca Ferguson, Reminiscence, Tom Cruise

Rebecca Ferguson, attrice, 35 anni, fotografata da Jem Mitchell (courtesy of Grazia).

È STATA LA REGINA ELISABETTA, LA PARTNER DI TOM CRUISE IN MISSION: IMPOSSIBLE E ORA È LA FATA MORGANA. REBECCA FERGUSON INTERPRETA SEMPRE DONNE INDOMABILI PERCHE’, DICE, BISOGNA FARSI RISPETTARE DENTRO E FUORI DAL SET

Mentre la guardo parlare capisco perché in tanti l’hanno paragonata a Ingrid Bergman: una volta visti i suoi occhi liquidi, a metà fra il grigio e il verde, con la bocca carnosa, restano impressi nella mente per sempre. La incontro a Soho, nel rinnovato Ham Yard Hotel. Chi la segue da vicino ricorderà questa attrice di 36 anni, padre svedese e madre inglese, per la mini serie storica The white Queen: la sua iconica regina Elisabetta le è valsa non solo la nomination ai Golden Globes, ma ha fatto sì che Tom Cruise, intercettandola sulla BBC, la scegliesse come coprotagonista femminile di Mission: Impossible, in cui è Ilsa Faust da due episodi (il terzo nel 2021). Da lì in avanti l’ascesa è stata inarrestabile: al momento sta girando Dune con Denis Villeneuve, e presto sarà sul set di  Riminiscence, seconda volta accanto a Hugh Jackman dopo The greatest Showman.

Uno dei grandi pregi di Ferguson è la capacità d’interpretare sempre donne indomabili che mettono alle strette i protagonisti maschili. Anche se, Rebecca ammette, conquistare il successo in un mondo come quello del cinema non è stato facile. «Ma ormai gli uomini devono capire che siamo in una nuova società. Il loro posto può essere accanto a noi donne, non più un passo avanti». Ora l’attrice arriva nelle sale nei panni della fata Morgana, l’antagonista di Re Artù nel film Il ragazzo che diventerà re, diretto da Joe Cornish (in sala dal 18 aprile). Rivisitata in chiave moderna, con giovani attori che indossano felpe con cappucci e sneakers,  è la leggendaria storia di un bambino che trova la spada Excalibur, riunisce un gruppo di cavalieri diventandone il leader.

È vero che stava lavorando a Mission Impossible – Fallout quando l’hanno suggerita al regista per il ruolo chiave di Morgana, la figura centrale nella storia di Artù? «Non ho nemmeno avuto il tempo di leggere il copione, ho incontrato Joe in un caffè e lui ha percorso la storia in lungo e in largo per un’ora e mezza, facendo le voci di tutti i personaggi. A un certo punto l’ho guardato e gli ho detto: “Non ho ancora letto una riga, ma mi hai conquistata”.  Ho accettato così, su due piedi, senza un contratto».

Cosa l’ha spinta a fidarsi? «Joe ha elaborato la storia nella sua mente per decenni, dopo aver visto Excalibur di John Boorman ed E. T. di Spielberg, poi gli sono serviti sette anni per scrivere la sceneggiatura. Quando hai un progetto che è un sogno, ogni volta che ne parli bruci: è stato questo a conquistarmi».

Morgana è una donna forte e con poteri soprannaturali. Fuori dal set quali poteri ha usato per farsi largo in un mondo dominato da uomini? «La nostra è una dura battaglia da combattere, questo è innegabile. Ma poco tempo fa riflettevo con un’amica, del fatto che forse parliamo troppo della vittimizzazione della donna nella società e poco ddi quanto gli uomini stiano imparando a diventare “femministi”, alla loro maniera.

Sta dicendo che non ci interroghiamo abbastanza sull’identità del maschio? «Ovviamente esistono tanti maschilisti e noi donne non siamo ancora pagate in modo equo: quello è un altro capitolo e non si può generalizzare. Però intorno a me vedo uomini mascolini ma femminili, gentili, accoglienti, e io mi sento una loro pari».

(continua…)

Intervista integrale pubblicata su Grazia del 18/4/2019

© Riproduzione riservata

Ryan Gosling, dal futuro allo zio travestito da Elvis

11 mercoledì Ott 2017

Posted by cristianaallievi in cinema, Miti, Personaggi

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Tag

arte, Blade Runner 2049, cinema, Cultura, Denis Villeneuve, futuro, Harrison Ford, icone, interviste, pianeta, Ryan Gosling

«Mi piace usare il simbolismo per comunicare. È molto più efficace dell’approccio diretto e letterale». Piazzate nell’incipit di una conversazione, queste parole suonano come una minaccia. “Non pensare che sarà facile, con me”, sembra voler dire il ragazzo che a scuola aveva come soprannome trouble. Ci sono almeno altri tre indizi a confermare questa ipotesi. Primo, l’assoluto silenzio che ci avvolge nella suite nel cuore di Barcellona in cui ci incontriamo e in cui tutto sembra rarefatto. Secondo, il volume della voce con cui mi parla, basso, oltre che calmo. Terzo, il suo modo di descrivere la Gosling-mania, fenomeno che impazza dai tempi di Drive senza segni di cedimento. «Stavo portando a spasso il mio cane, saranno state le due del mattino. Ho visto un ragazzo che camminava per strada con addosso la giacca bianca lucida con lo scorpione. Quel tipo di apprezzamento senza stress mi rende davvero felice». È la giacca del suo personaggio nel film e ha fatto la fortuna di Steady Clothing a suon di 170 dollari al pezzo. Ma soprattuto è una metafora a indicare che l’imbarazzo che ha nel parlare di se stesso è reale. Poi ci sono tutti i suoi ruoli, spesso quieti ed emozionalmente distanti, che la dicono lunga.

Indossa jeans marrone bruciato e t-shirt  bianca con omino in sella a una moto, e la scritta Trans- AMA International, nome di un campionato che si corre oltreoceano. Mi ricorda che in Come un tuono non ha voluto nemmeno uno stunt per le pericolose fughe su due ruote. Ha mani grandi, con un grosso anello d’argento etnico all’anulare destro. Al collo, una vistosa collana di pelle con una medaglia incastonata.

La sua prima nomination agli Oscar nel 2007, per il professore tossico di Half Nelson. Da allora ha una moglie, Eva Mendes, e due figlie in più, ma ha continuato ad essere molto selettivo nei ruoli e a concedersi pochissimo. Però per quanto cerchi di tenere basso il profilo della carriera, optando spesso per i film d’arte, dal 5 ottobre sarà nelle sale con Blade Runner 2049, pellicola diretta da Denis Villeneuve che è il sequel del film culto di Ridley Scott, ed è anche l’evento dell’anno.

(…)

L’intervista integrale su ICON Panorama del 5 ottobre 2017

© Riproduzione riservata

Ana de Armas: «Mai stare ferme ad aspettare»

05 giovedì Ott 2017

Posted by cristianaallievi in cinema, Miti, Personaggi

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Tag

Ana de Armas, Blade Runner 2049, Clive Owen, Cristiana Allievi, Denis Villeneuve, Grazia, Ridley Scott, Ryan Gosling

 

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L’attrice cubana Ana de Armas, 29 anni, protagonista  di Blade Runner 2049.

Ordina un caffè e mi dice che durante le riprese di Blade Runner 2049 non lo beveva mai, per non metterci lo zucchero. Ma Ana de Armas è un tipo solare, e se da una parte capisco non sta scherzando, presto mi accogerò che sa prendere con ironia le fisime del suo lavoro di attrice. Siamo nel cuore di Barcellona, fa caldo e sono i frenetici giorni prima dell’uscita del film più atteso dell’anno. Boccoli biondi e labbra carnose, mi racconta che interpreta Joi, la miglior amica dell’Agente K, nientemeno che Ryan Gosling. Mi ricorda anche che quando Ridley Scott ha girato il suo capolavoro, lei non era nemmeno nata. 29 anni, Ana ha lasciato Cuba a 18 anni per trasferirsi in Spagna da sola. Poi è stata la volta di Los Angeles, dove vive.

Coraggiosa senza ombra di dubbio, l’attrice è già stata sposata all’attore spagnolo Marc Clotet, da cui si è divisa dopo due anni, e ogi si dichiara single. Ma considerato che ha debuttato a Hollywood con due film, solo un paio di anni fa (entrambe al fianco di Keanu Reeves), e che si trova già sul set di Three Seconds, diretta da Andrea Di Stefano, con Rosamund Pike e Clive Owen, siamo sicuri che di lei si sentirà parlare parecchio, d’ora in poi.

Come descriverebbe la sua Joi? «È una donna molto coraggiosa e appassionata, è la miglior amica, amante e cheer leader dell’Agente K, lo supporta e lo incoraggia a fare ciò che deve fare. Lo ama davvero, per lui farebbe qualsiasi cosa».

Come ha ottenuto un ruolo così importante? «Facendo tre audizioni, la mia gente ha spinto un po’ per ottenere la prima. All’inizio non credevano fossi adatta, ma quando Denis è venuto sul set, la seconda volta, e mi ha visto nella scena in cui dico “ti ho sempre detto che sei speciale”, ha capito che ero perfetta Ho davvero avuto il tempo di crescere e prepararmi al ruolo, con tutti quei provini».

Ricorda la prima volta in cui ha visto Blade Runner? «Ero molto giovane, a Cuba, e non ho capito quello che poi ho realizzato dopo, lavorandoci. Scott è stato un genio visionario, ha raccontato il futuro dell’umanità, il senso degli esseri umani, la tecnologia, il futuro…».

 

[…]

L’intervista integrale è su Grazia del 14/9/2017

© Riproduzione riservata

 

 

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