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CAMALEONTICA E IN CONTINUO MOVIMENTO: EMMA STONE È LA CREATURA DI HOLLYWOOD CHE PIU’ INCANTA PER IL TALENTO NEL CAMBIARE PELLE. E RUOLI. IN LA LA LAND SVELA IL SUO PUNTO FERMO: LA CERTEZZA CHE I SOGNI TI INDICANO SEMPRE LA STRADA.
Sul tavolo davanti a noi c’è una Red Bull. Emma Stone racconta che berla sarà un evento speciale: «lo farò alla fine della nostra intervista», scherza. È un camaleonte, questa giovane donna. Basta guardare le sue foto per accorgersi che la sua personalità è in continua evoluzione. Torna con la memoria alle sue prime audizioni e al feeling di essere rifiutata, che dall’alto di venti film girati, con tanto di nomination all’Oscar e Coppa Volpi vinta all’ultima Mostra d’arte cinematografica di Venezia, sono ormai un ricordo lontano. «Non ho mai avuto un momento in cui ho pensato di fare le valigie e tornarmene a casa. Ma a essere onesta non mi sono mai esposta completamente». Non una frase a caso, perché in La La Land di Damien Chazelle, in cui la vedremo dal 26 gennaio accanto a Ryan Gosling, Emma incarna Mia, un’apprendista attrice che tenta di sfondare in teatro e intanto sbarca il lunario servendo cappuccini alle star del cinema. La relazione con Sebastian (Gosling), musicista jazz, dapprima aiuterà entrambi, poi il successo separerà le loro vite. «Mia è una donna che rischia molto. Passa sei anni a creare qualcosa di completamente suo. È la scrittrice, l’interprete e la regista di un one woman show: con queste premesse un rifiuto è devastante, e per fortuna non mi è mai successo di sperimentarlo. Ma sa cosa le dico? Ho imparato più dalle difficoltà, anche nelle mia vita privata, e dai film che non sono andati bene, che dalle esperienze che definiamo di successo. Le crisi ti costringono ad andare più in profondità, a essere migliore, a diventare più forte. E soprattutto a farti domande sul come hai fallito e su quanto tu stessa sia capacace di deludere gli altri. Tutto questo significa diventare davvero essere umani».
L’attrice nominata agli Oscar per Birdman, in cui era un’adolescente in difficoltà che rendeva la vita difficile a un padre ex celebrità decaduta, nelle vene ha sangue svedese (dal nonno paterno), inglese, tedesco, scozzese e irlandese. E non si definirebbe mai una ribelle. «Sono stata fortunata, non avevo da nascondere nulla perché ho sempre potuto parlare con mia madre. I miei genitori mi hanno fatto il miglior regalo che si possa fare a un figlio, non mi hanno vista come un’estensione di se stessi. Avevo sogni e obiettivi diversissimi dai loro, che hanno rispettato». Non ricorda la reazione di suo padre, quando gli ha presentato il primo ragazzo, «evidentemente era un tipo a posto», mentre ricorda un momento di felicità assoluta con lui, a cinque anni, seduta nel patio di casa, durante la stagione dei monsoni in Arizona, dove è cresciuta: se ne stavano lì a mangiare noccioline, indisturbati davanti allo spettacolo di una tempesta. Più avanti, a 15 anni, Emma ha convinto i suoi a farle mollare la scuola per trasferirsi a Hollywood: è bastata una presentazione in PowerPoint, con tanto di titolo, per farli cedere. È così che si è trasferita con la mamma a Los Angeles. Me lo racconta in una mattina di sole nel patio di un hotel italiano, senza perdermi un attimo con quei grandi occhi verdi. Se le si chiede come vede la strada fatta fin qui, oggi che è una delle attrici più ricercate su piazza, non ha dubbi. «Due anni fa ho letto in un’intervista qualcosa che mi ha colpita. Si diceva che i sogni sorgono per incontrarci, trasformandosi in opportunità, e sto scoprendo che è proprio così: è il mio lavoro, in un certo senso, a rivelarsi a me. Quando sono volata a Los Angeles volevo diventare attrice perché mi piaceva recitare in teatro e fare commedie. In questi ultimi tredici anni i miei sogni sono apparsi facendomi incontrare opportunità che non avrei mai immaginato. Oggi mi sento più radicata di quando ho iniziato, posso affrontare sfide più grandi». In effetti l’asticella si è alzata parecchio per lei, in una manciata di anni. Ha iniziato con un reality show che le ha portato piccole parti in tv, poi è venuto il cinema, fino al ruolo da protagonista che l’ha lanciata in Easy Girl. Da lì in avanti ci ha stupiti con il calore di Gwen Stacy in Amazing Spider-Man e soprattutto ha dimostrato che appena le danno più spazio è perfettamente capace di gestirlo, vedere alla voce Magic in the Moonlight e Irrational men, la doppietta con Woody Allen. Il personaggio che interpreta accanto a Gosling in La La Land (per i due attori è il terzo film insieme) è una lettera d’amore alla vecchia Hollywood sotto forma di musical che il regista di Whiplash ha scritto, oltre che diretto. La Stone recita, canta e balla. «Io e Ryan ci siamo allenati per due mesi col ballo e prendendo lezioni di canto. Ma la chiave della riuscita, quella che lei prima chiamava naturalezza, è stata Damien. Ci ha detto che non dovevamo sembrare ballerini di Broadway, quello che gli importava vedere erano gli errori e il feeling di essere vivi. Diciamo che ha tolto un po’ di pressione anche nei momenti in cui mi sentivo stonata». Una delle frasi forti di Mia è “voglio essere vista”, che presto si trasforma in “voglio essere trovata”. «In me c’è una vulnerabilità che finalmente inizio ad accettare. Da giovane non mi sentivo abbastanza sicura per poter gestire tutti questi sentimenti, non li capivo, recitare mi ha dato spazio per farlo. Ero molto ansiosa, quindi le commedie erano perfette per me. Adesso quella fase è finita, e da adulta posso dire che è molto più terapeutico accettare me stessa. Sentirmi più sicura permette a emozioni “spaventose” di arrivare in superficie, e questo a sua volta mi fa crescere anche come artista. In un certo senso ho più paura ma ho anche molto più da dare al pubblico». Anche Cabaret, il musical di Broadway che l’ha impegnata fino a prima delle riprese con Chazelle, ha fatto la sua parte. Ha cantato otto volte alla settimana, 40 canzoni in tutto, perdendo spesso la voce, per altro profondissima. «Lavorare in teatro ti rafforza, mi ha fatto vedere la recitazione da un’altra prospettiva. Indipendentemente da come ti senti tutte le sere sei sul palco, dopo un po’ perdi la paura di sbagliare». È un tema su cui torna più volte, durante la conversazione, come quando le chiedi qual è la cosa più coraggiosa che ha fatto in vita sua. «Mi sento fiera quando riesco davvero a esprimere quello che sento, può essere anche dire di no a qualcosa o a qualcuno».
Cresciuta in Arizona a pane e musical (recitava con il Valley Youth Theatre), con il padre Jeff, imprenditore, e la madre Krista, casalinga, racconta che quando sua nonna ha visto La La Land si è messa a piangere. «Se penso che è sposata con il nonno da 55 anni significa che la storia d’amore che si vede sullo schermo tocca proprio tutti. C’è sempre qualcuno nella nostra vita per cui ti chiedi “perché non ha funzionato?” o “come sarebbe stato se fosse andata avanti?”. Anch’io quando ho letto la sceneggiatura ho pianto». La cosa la riguarda da vicino, tra l’altro. Quando è girata la voce che lei e Andrew Garfield si erano lasciati, nonostante i due non abbiano mai confermato né smentito la loro storia, durata almeno quattro anni, in molti hanno vociferato che fosse a causa dei troppi impegni presi su set distanti. «No, io e Andrew non ci siamo lasciati per questo motivo, ma preferisco non spingermi oltre su questo tema».
Come Matthew McConaughey, Nicole Kidman e molti altre celeb, Emma sarà presto protagonista anche del piccolo schermo. Il primo progetto di cui si mormora è Maniac, una serie da 30 minuti a puntata con il collega di Superbad Jonah Hill. È un’altra pietra miliare per l’attrice, che si misurerà anche con il ruolo di produttrice. La prossima primavera, a Londra, inizierà le riprese di The favourite con Yorgos Lanthimos, il regista di quel capolavoro stravagante che è The Lobster. Ma prima avremo il piacere di vederla in The Battle of the sexes, diretta da Jonathan Dayton, il film che ricostruisce l’epico confronto sul campo da tennis del 1973 in cui si sfidarono Billie Jean King e Bobby Riggs, interpretato da Steve Carell. «È un film incredibile, ha lo stesso direttore della fotografia di La La Land, Linus Sandgren, e gran parte della troupe. È un film così diverso da quelli che ho fatto finora, non avevo mai recitato una persona davvero esistita come Billie Jean King. E quello che voglio portare a un regista, oggi, è un senso di apertura e di esplorazione, un’attitudine a immergermi nello sconosciuto».
Amica di Mila Kunis e Taylor Swift, ha due miti: Diane Keaton e Marion Cotillard, di cui ha ripetuto all’infinito le scene de La vie en rose nel privato della sua stanza. Mentre in pubblico ha imparato a fare i conti con la celebrità. «Per il novanta per cento del tempo riesco ancora ad andare al supermercato. Il restante dieci per cento del tempo mi trovo gente che mi fotografa fuori dalla porta di casa, lontano dal contesto di un festival o di una premiere. Può essere spaventoso e invadente, è come se sentissero che gli devi qualcosa perché ti vedono da qualche parte, vogliono strapparti qualcosa». Anche per questo motivo la Stone ha lasciato Los Angeles per New York, «almeno lì quando entri in un ristorante non ti guardano tutti per vedere chi sei, come succede a Los Angeles. Se sento la pressione del gossip perché lavoro con uomini meravigliosi? Certo, devo proteggere me stessa. Così come devo stare attenta a quello che leggo…».
Cover story D La Repubblica del 10 dicembre 2016
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