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Archivi tag: Penelope Cruz

Penelope Cruz: «Io, figlia di due madri»

26 martedì Apr 2022

Posted by cristianaallievi in arte, Attulità, cinema, Mostra d'arte cinematografica di Venezia

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Antonio Banderas, artisti, cinema, competizione, ego, Finale a sorpresa, interviste illuminanti, Lucky Red, Official competition, Oscar Martinez, Penelope Cruz, storie

UNA È QUELLA BIOLOGICA: “ERO PICCOLA QUANDO MI HA DETTO “NON MONTARTI LA TESTA”. L’ALTRA È TERESA DI CALCUTTA: «ERO UNA RAGAZZA QUANDO MI HA DETTO “AIUTA SEMPRE”»: E LEI LO FA, PER ESEMPIO, IMPEGNANDOSI PER LA SALVEZZA DEL PIANETA. «AI MIEI BAMBINI INSEGNO A RISPARMIARE ACQUA E A RICICLARE, FACCIO QUELLO CHE POSSO, NEL MIO PICCOLO». È NON SOLO NEL SUO PICCOLO: CHIEDERE A QUEL FEMMINISTA DEL MARITO, JAVIER BARDEM

di Cristiana Allievi

L’attrice, regista e produttrice Penelope Cruz, intervistata per la storia di copertina del settimanale F.

«Madre Teresa mi ha cambiato la vita il giorno in cui ha appoggiato la sua fronte sulla mia e mi ha detto “Aiuta sempre, in ogni momento, con qualsiasi cosa, anche piccola…”». Aveva poco più di 20 anni non era la diva di oggi, era un’attrice di Madrid agli esordi con una manciata di film nel curriculum e un’energia fuori dal comune. Quella stessa energia che l’avrebbe portata a conquistare Hollywood nonostante non parlasse una parola d’inglese, quando è arrivata con la sua valigia a Los Angeles, a metà degli anni Novanta. In India era andata per aiutare la santa di Calcutta a curare i lebbrosi, e forse per curare la propria anima. È tornata con il cuore gonfio d’amore e con la granitica certezza che ogni essere umano ha il potere di migliorare il mondo.

(continua…)

Oltre a due figli – e al destino di essere gli unici attori spagnoli ad aver vinto un Oscar fin qui – con il marito Javier Bardem condivide la stessa onda. Per lasciare ai loro figli un pianeta migliore, lui ha infranto una regola ferrea aprendo un profilo IG solo per sostenere Greenpeace e il progetto di una riserva che protegga le acque dell’Antartico dalla pesca selvaggia.

Ben diversi da loro sono gli attori che Penelope dirige nei panni di regista nel prossimo film, Finale a sorpresa – Official competition. Il film degli argentini Gaston Duprat e Mariano Cohn, nelle sale dal 21 aprile, è stato in Competizione all’ultima Mostra di Venezia e vede la Cruz nel ruolo di Lola Cuevas, un’affermata regista ingaggiata da un milionario megalomane per girare un film che lasci un segno nella storia. Lola sceglie due vere star, l’hollywoodiano sciupafemmine Felix Rivero (Antonio Banderas) e il maestro del cinema e del teatro impegnato Ivan Torres (Oscar Martinez). Figure diametralmente opposte che sottopone a prove che sfidano il loro ego smisurato.

Da cosa ha preso ispirazione per diventare Lola? «Ho fatto un collage di persone diverse, naturalmente non farò i nomi (ride, ndr). Dico solo che oggi un regista non potrebbe comportarsi come si comporta lei, non potrebbe esercitare un simile potere sui suoi attori».

Da artista, come ha imparato a gestire il suo ego? «Ci hanno sempre pensato le conversazioni con mia madre a sistemarlo.  Mio padre non c’è più, ma ho chiari ricordi di quando a un certo punto della mia vita il mio ego è andato fuori controllo, non ero ancora un’attrice. Mia madre mi ha detto parole molto sagge, mi ha sempre tenuta radicata a cose sane e insegnato a dare valore a ciò che ho. Quando mi sveglio, ogni giorno, e mi impegno nel lavoro che amo, non lo do affatto per scontato. Sono grata a mia madre anche per questo».

(continua….)

Intervista pubblicata su F del 26 Aprile 2022

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Everybody knows, il quarto film che Javier Bardem e Penelope Cruz fanno assieme

10 giovedì Mag 2018

Posted by cristianaallievi in Cannes, Cultura, Festival di Cannes, Miti

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cinema, Cristiana Allievi, Everybody Knows, Festival di Cannes, interviews, Javier Bardem, journalism, Penelope Cruz

 

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I due attori premi Oscar Penelope Cruz e Javier Bardem nel film che ha aperto ieri il 71° Festival di Cannes, Everybody Knows. 

Non è facile essere il film che apre un festival pieno di polemiche. Non è facile nemmeno fare da apripista a cambiamenti che puntano al futuro ma che, per qualche verso, hanno un non so che di reazionario. Con queste premesse ieri sera Everybody Knows di Asghar Farhadi ha inaugurato il 71mo festival di Cannes. Sul red carpet abbiamo visto sfilare i due divi del film, i premi Oscar Penelope Cruz e Javier Bardem, seguiti dai  membri della giuria della sezione in competizione, con in testa (la divina) Cate Blanchett.

Il film è scritto e diretto da un regista iraniano, ma che non potrebbe essere più spagnolo. Girato poco fuori Madrid, racconta la storia di una donna, Laura (la Cruz) che dall’Argentina torna a casa con i suoi due figli, nel cuore di un vigneto iberico, per il matrimonio della sorella. Il marito è rimasto a casa per questioni di lavoro, e lei qui rincontra parenti e vecchi amori. La sera del matrimonio la luce se ne va. In quel momento scompare nel nulla anche la figlia Irene, mandando Laura in mille pezzi.
Sarà costretta ad affrontare un passato troppo frettolosamente seppellito, o almeno che credeva tale: perché il titolo, “tutti sanno”, ricorda che in un paesino, di segreti, ce ne sono ben pochi.

Il regista è quello che ha vinto l’Oscar con Una separazione, e che con film come Il passato e Il cliente  ci ha abituati a mistero e tensione, oltre che a un’ottima recitazione. In Everybody knowsresta solo quest’ultima, e svaniscono mistero e ritmo, a ricordare quanto sia difficile fare un buon film anche per un rinomato artista come lui. Il passato era stata la sua prima esperienza all’estero con un cast occidentale, questa è la seconda, che vanta anche un grosso budget e una coproduzione che affianca Spagna, Francia e Italia. «Lavoro focalizzandomi sulle cose che la mia cultura ha in comune con le altre», ha raccontato il regista in conferenza stampa. «Al contrario di quello che dicono i media, gli esseri umani non sono diversi per quello che riguarda sentimenti come paura, odio, rabbia, ed è importante insistere su quello che ci accomuna. L’idea del film mi è venuta dopo un viaggio in Spagna di 15 anni fa, ma ci sono voluti quattro anni a svilupparlo e a trasformarlo in una sceneggiatura. Volevo che il mondo nel film fosse più ampio di quello di un piccolo villaggio, ho pensato a personaggi che venivano anche dall’Argentina e dalla Catalogna, e che parlano con accenti diversi».

Questo è il quarto film che vede i Bardem insieme. Si sono conosciuti 25 anni fa sul set di  Prosciutto, prosciutto!, ma si sono sposati solo nel 2010 e oggi hanno due figli. «Ho incontrato Javier a Los Angeles molto tempo fa, mentre Penelope anni dopo, in Spagna, ed è stato chiaro da subito che avremmo fatto questo film insieme».  «In cinque anni ci siamo incontrati spesso il regista», ricorda la Cruz, «e negli ultimi due anni Asghar è venuto addirittura a vivere in Spagna. Ha un modo di lavorare così particolare, ha preso lezione di spagnolo, non dormiva la notte per imparare i nostri dialoghi. Ho un profondo rispetto per lui, è molto umile, fa domande agli attori e li ascolta, per questo è il più grande detector di menzogne, perché comprende le cose». Le fa eco il marito. «Un regista iraniano che non parla spagnolo e gira un film più spagnolo di quelli dei registi spagnoli è una cosa fuori dall’ordinario, vedere qualcuno di un altro paese fare una cosa simile è bellissimo, dimostra che ciò che conta è di cosa si parla, non chi ne parla». Il film tocca il tema della paternità molto da vicino. «Il film è un thriller ma questa è solo una scusa per parlare di certi argomenti e chiedersi cosa farei io al posto del protagonista», continua Farhadi. «La relazione centrale padre-figlia ricorda quella nel Re Lear ma anche quella che c’è in tante famiglie. La domanda che ci si fa è chi è un genitore, colui che tira su una figlia o colui che la concepisce biologicamente?».

Bardem nel film è Paco, vecchio amore di Laura, e diversamente da quanto accade spesso con i personaggi di Farhadi, che agiscono mossi dal senso dell’onore, a muoverlo sono i sentimenti. «L’onore ci fa fare errori, molti crimini oggi vengono commessi per questo. Il mio personaggio è diverso, è bloccato in mille emozioni, vuole fare la cosa migliore per gli altri, non per un senso di orgoglio». Com’è lavorare insieme, da sposati? «Succede di rado, non lo pianifichiamo e non ci portiamo i personaggi a casa», spiega la Cruz. «Quando avevo 20 anni credevo che torturarmi per mesi, restando nel personaggio, servisse. Poi è cambiato l’approccio, ho imparato quanto sia indispensabile salvare alcune cose della vita privata». E Farhadi interviene raccontando la sua ammirazione per i coniugi, soprattutto lontani dai riflettori. «Javier e Penelope hanno un mondo meraviglioso e confini chiarissimi fra set e vita reale. Hanno una famiglia molto semplice, e figli meravigliosi». Qualcuno chiede come costruisce i finali dei suoi film, che hanno tutti la stessa filosofia. «Mi piacciono le storie aperte, voglio che lo spettatore lasci la sala con l’idea che si aprono altri scenari. Non è una strategia cinematografica, mi viene dal cuore, involontariamente finisco con certe conclusioni. E tengo a precisare che questo film ha anche un cuore iraniano, ed è tipico dell’arte orientale e persiana che il creatore sparisca. Accade anche con Kiarostami, non si deve ammirare chi crea la cosa, ma l’opera creata».

Il film è appena stato venduto film in Usa, alla Focus team, ieri è uscito in Francia e ha già registrato un buon successo.  Uscirà in molti paesi e in Italia lo vedremo in autunno, distribuito da Lucky Red.

 

Articolo pubblicato su GQ Italia

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Javier Bardem: «Io che ho dato un cuore al mostro».

18 mercoledì Apr 2018

Posted by cristianaallievi in cinema, Cultura, Miti, Mostra d'arte cinematografica di Venezia

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Cannes 2018, cinema, Cristiana Allievi, Escobar Il fascino del male, Everybody Knows, interviste, Javier Bardem, Loving Pablo, Penelope Cruz, Star

AL CINEMA RIVELA IL LATO SEDUCENTE DEL NARCOTRAFFICANTE COLOMBIANO PABLO ESCOBAR. SUL SET IL DIVO SPAGNOLO SI È TROVATO DI FRONTE SUA MOGLIE, L’ATTRICE PENELOPE CRUZ. E ANCHE GRAZIE  A LEI, RACCONTA, È RIUSCITO A SCAVARE L’ANIMA DI UN CATTIVO

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L’attore spagnolo Javier Bardem, 49 anni, al cinema con Escobar, il fascino del male. Aprirà anche la 71° edizione del Festival di Cannes.

Lo vedo a un metro da me, in piedi, mentre mangia un succoso pezzo d’anguria. Indossa una camicia azzurra con i jeans, e una giacca di pelle nera.  Ha un fisico e un fascino possenti, aumentati dal fatto che non sembra farci caso. Il suo è davvero un volto inusuale, anche se quel naso, che si è rotto in una rissa da bar a 20 anni, mi sembra molto meno evidente di quanto non lo sia sullo schermo. Sono gli occhi, però, a colpirmi davvero, mobili e inquieti, che di rado posa sul suo interlocutore. Sono lo specchio attraverso il quale Bardem riesce a diventare qualsiasi uomo, il motivo per cui si è guadagnato il soprannome di camaleonte. Pochi attori sono capaci come lui di straordinarie trasformazioni emotive e fisiche. Ha saputo essere poeta gay, in Prima che sia notte, tetraplegico con aspirazioni suicide in Mare dentro, artista fra due donne in Vicky Cristina Barcelona, assassino surreale in Non è un paese per vecchi. «Sono uno che viene dalla strada, e lo sarò sempre, è nel mio dna. Guardo, osservo, prendo quello che vedo e diventa parte di me», racconta.

Dal 19 aprile incarnerà al massimo la sua abilità, dare la sensazione a chi lo guarda di poter esplodere da un momento all’altro. Escobar, il fascino del male, film presentato all’ultima Mostra di Venezia insieme a Mother!, è la storia vera del narcotrafficante e criminale colombiano, dall’ascesa, all’inizio degli anni Ottanta, fino alla morte nel 1993. Ma la storia è raccontata da un punto di vista inedito: quello della giornalista e conduttrice tv Virginia Vallejo, amante di Escobar, con cui ha vissuto una passione travolgente e distruttiva durata quattro anni. La donna è interpretata dalla diva Penelope Cruz, moglie di Bardem dal 2010 e madre dei suoi due figli, Leonardo, 7 anni, e Luna, 4 anni. Per i due premi Oscar è il terzo film insieme (ma il primo da sposati), e l’8 maggio li ritroveremo di nuovo insieme nel quarto, Everybody Knows, opera di Asghar Farhadi che darà il via al prossimo Festival di Cannes. Racconta il viaggio di Laura (Penelope Cruz) con la famiglia da Buenos Aires alla sua cittadina natale in Spagna, per una cerimonia. Un viaggio che sconvolgerà la vita dei suoi protagonisti.

 

Lei è spesso alle prese con personaggi forti. Come definirebbe il carisma di un uomo? «È qualcosa che sta più negli occhi di chi guarda, che nella persona osservata. Per esempio in Pablo Escobar non vedo nessun carisma, non mi innamorerei mai di lui, ma qualcuno lo ha fatto».

Cosa crede possa aver attratto la sua amante? «Virginia voleva quell’uomo per quello che rappresentava, e Pablo stesso era attratto dall’oro, dalle cose che luccicavano. Gli anni Ottanta erano così, c’erano ambizioni diverse da quelle di oggi e alle persone semplici l’avidità fa quello scherzo.  Ma al tempo aveva stile, ho preso peso per interpretarlo. La cosa complicata è che abbiamo girato in 45 giorni e la scena della telefonata finale è stata fatta solo il terzo giorno, quindi non potevo essere già troppo robusto. Il team di make up e costumi è stato grandioso».

Qual è la vera difficoltà nel trasformarsi in un personaggio simile? «Entrare nella mente di un uomo che ha cambiato la storia e seguirlo nel suo essere un padre amorevole, quando era un mostro. Non credo sia mai stato consapevole dell’orrore che è diventato, aveva una mancanza totale di empatia, altrimenti non avrebbe potuto uccidere così tanti uomini. Credo che il suo orrore venisse da una mancanza di rispetto, lui lo voleva a ogni costo e quell’ansia gli ha fatto fare le cose più atroci».».

Non è pericoloso, in un certo senso, cercare di capire un mostro e percepirlo come un essere umano? «È parte della nostra responsabilità di attori portare luce, mostrare il lato umano di un orrore.  Se recito un cattivo in I pirati dei Caraibi so di essere in una favola e mi diverto. Se sono Pablo Escobar, che ha cambiato la storia, devo mostrare quello che lo avvicina a tutti noi, ed è diverso dall’umanizzarlo o dal renderlo glamour. Infatti non so se vorrei passere dieci minuti con lui».

 Tempo fa ha dichiarato che l’attenzione la fa sentire vulnerabile, è ancora così? «Dipende dalla situazione, non mi piace  ricevere attenzione mentre cammino per strada con i miei bambini, ma mentre parlo con lei sì. È un confine sottile non facile da proteggere, ma so che stare fuori dalla mischia, stare con se stessi e respirare, è importantissimo».

Lei era un giocatore di rugby, un atleta. «In modo modesto, però».

(l’intervista continua…)

 

Intervista pubblicata su Grazia del 12 Aprile 2018

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