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Adriana Ugarte: «Nella vita dobbiamo ringraziare chi è stato crudele con noi»

08 mercoledì Giu 2016

Posted by cristianaallievi in cinema, Festival di Cannes

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Tag

Adriana Ugarte, Cabeza de Perro, Cristiana Allievi, D La repubblica, Emma Suarez, Pedro Almodovar

 

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Adriana Ugarte, 31 anni, attrice. Per Pedro Almodovar è Julieta, nel film in concorso all’ultimo festival di Cannes (courtesy levante-emv.com).

«Ricordo ancora il giorno in cui l’ho guardato negli occhi e gli ho detto: “Non voglio più libri e film da studiare, prendimi per mano e andiamo all’inferno insieme”. In quel momento abbiamo iniziato a sentire la stessa musica, è stato straordinario». Da queste parole si intuisce che Pedro Almodovar le ha cambiato la vita, scegliendola per il suo riuscitissimo film, Julieta, passato in concorso all’ultimo festival di Cannes e ora nelle nostre sale. Ha due occhi grandi color nocciola che sorridono, Adriana Ugarte. Indossa un abito di chiffon color panna con disegnini rossi e il tono della sua voce è morbido e avvolgente. Nata a Madrid 31 anni fa, una ventina di produzioni all’attivo tra cinema e tv, ha dimostrato da subito di avere stoffa per il mestiere di attrice. Col primo cortometraggio Mala espina, le sono arrivati tanti riconoscimenti, e col primo film, Cabeza de Perro, la candidatura ai Goya, gli Oscar spagnoli. Julieta è la storia di una madre tra i 25 e 40 anni, e di sua figlia Antia. E visto che Almodovar non ama invecchiare artificialmente le sue attrici col trucco, si è preso il rischio di affidare lo stesso personaggio (la madre del titolo) a due donne, Adriana nella sua parte giovane, ed Emma Suarez in quella più matura.

«Abbiamo lavorato separatamente, poi quando abbiamo scoperto di avere lo stesso personaggio ci siamo telefonate per incontrarci e scoprire insieme chi era questa donna. Quando poi abbiamo incontrato Pedro abbiamo capito che lui è davvero la mente che sta dietro a tutto: ci ha portate nello stesso luogo di dolore e di comprensione attraverso strade diverse».

Una strada che Adriana ha affrontato con un’attitudine tutta sua. «Prima di girare mi aveva chiesto di vedere un film tedesco chiamato Phoenix, ma io non l’ho fatto. Un mese dopo la fine delle riprese sono andata al cinema con i miei genitori e mi sono innamorata dell’attrice, guardandola avevo sentito Julieta. Sono tornata a casa e ho cercato qualcosa in rete, solo allora ho realizzato che si trattava del film di cui mi aveva parlato Almodovar!».

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L’attrice spagnola con Almodovar sul red carpet a Cannes.

A scatenare la tragedia nella storia del regista spagnolo più amato al mondo è una governante che rivela alla figlia che la morte di suo padre è dovuta a una lite avuta con la madre, motivo per cui la ragazza sparirà da casa per sempre. «Se ho mai incontrato una persona cattiva in vita mia? Certo, ma la cosa importante è conoscere la parte crudele che tutti abbiamo dentro di noi. Siamo esseri complessi, e nella vita dobbiamo ringraziare anche chi è stato crudele con noi e ci ha detto cose tremende. Fanno male, ma servono a svegliarci».

Articolo pubblicato su D La repubblica il 6 giugno 2016

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Emma Suarez: “Così Almodovar mi ha trasformata in Julieta”

31 martedì Mag 2016

Posted by cristianaallievi in cinema, Festival di Cannes

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Adriana Ugarte, Alice Munro, Andy Chango, Cristiana Allievi, Emma Suarez, Europa 51, Juan Elrich, Julieta, Pedro Almodovar, Rossellini

L’attrice spagnola interpreta la protagonista del nuovo film del regista, presentato a Cannes. Qui ci racconta come è riuscita a interpretare un ruolo sofferto

Con il ventesimo film Pedro Almodóvar torna all’universo femminile e ai conflitti tra genitori e figli. La storia è quella di una madre e di Antia, la figlia che lascia la casa all’improvviso, dopo la morte del padre, per non farvi mai più ritorno. Emma Suarez è la più matura delle due donne che il regista ha scelto per interpretare la Julieta del suo nuovo film, in concorso all’ultimo festival di Cannes e nelle nostre sale dal 26 maggio. Cinquantadue anni, madrilena, nella vita vera Emma Suarez di figli ne ha due, uno avuto con Juan Elrich Jr, ex marito, e una con Andy Chango, attore e musicista argentino di sei anni più giovane di lei. Si presenta all’intervista con occhiali neri spessi, confermando la sua fama di donnaEmma Suarez: "così Almodovar mi ha trasformata in Julieta" attraente e misteriosa. 

«Il mio modo di lavorare è stato diversissimo da quello di Adriana (Ugarte, l’altra donna che interpreta Julieta da giovane). Pedro mi ha suggerito di leggere un libro di Emanuel Carrère, Vite che non sono la mia, sull’abbandono e la solitudine, e di rivedere The Hours, basato sul romanzo di Michael Cunningham, con Nicole Kidman, Meryl Streep e Julianne Moore, i cui personaggi in un certo modo assomigliano a Julieta. Mi ha anche raccomandato di studiare Ingrid Bergman in Europa 51, di Rossellini». Niente colori sgargianti e personaggi sopra le righe, questa volta, per il regista spagnolo più amato al mondo. «Per incarnare la donna che racconta alla figlia chi è stata davvero, e come ha conosciuto suo padre, Almodovar mi ha ordinato di scrivere. Così ho iniziato un diario, a cui ho lavorato tutti i giorni, come Julieta». Il primo titolo del film era Silenzio, come uno dei racconti di In fuga, della scrittrice canadese Alice Munro, a cui Almodovar si è ispirato per la sceneggiatura. «Adoro il silenzio e ho bisogno di stare da sola», racconta l’attrice. «È difficile perché ho due figli, ma per fortuna quando ho girato Julieta era estate, così li ho preparati e mandati in vacanza, e per sei settimane mi sono sintonizzata solo sul film. Il personaggio era troppo difficile, dovevo separarmi da tutto quello che c’era intorno». La Suarez non cede alla trappola delle interpretazioni facili. Se sulla carta la responsabile della fuga di Antia è la governante, che mette al corrente la ragazza della lite avvenuta prima che il padre, pescatore, uscisse in mare, nella realtà le implicazioni sono più articolate. «Penso che nella vita, quando le cose succedono, non si può dare la responsabilità a una sola persona, è troppo facile. Siamo tutti responsabili delle cose che accadono, sono parte della nostra esperienza per crescere e imparare, come individui. E qui fino alla fine Julieta non si prende una responsabilità importante: quella di parlare con sua figlia».

 

Articolo pubblicato su D La Repubblica 28/5/2016

© Riproduzione riservata

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