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Cristiana Allievi

~ Interviste illuminanti

Cristiana Allievi

Archivi tag: Donna Moderna

Virginie Efira «Elogio della matrigna»

27 martedì Set 2022

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, Mostra d'arte cinematografica di Venezia, Personaggi, Senza categoria

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Benedetta, cinema, Donna Moderna, Elle, figli, I figli degli altri, interviste illuminanti, madri, Paul Verhoeven, Rebecca Zlotowski, Virginie Efira

CRESCERE LA BAMBINA CHE IL TUO COMPAGNO HA AVUTO CON LA EX. LO FA LA PROTAGONISTA DI I FIGLI DEGLI ALTRI, DI REBECCA ZLOTOWSKI. E LO HA FATTO ANCHE L’ATTRICE FRANCESE, «ESISTONO TANTI MODI DI ESSERE MADRE»

dI Cristiana Allievi

L’attrice Virginie Efira, 45 anni, alla Mostra di Venezia con il film I figli degli altri.

Ha un’aria complice, nel suo micro abito in velluto nero dalla scollatura profonda. Quando si siede davanti a me non posso fare a meno di notare gli slip in tinta che sbucano mentre accavalla le gambe. E di ricordare la celebre scena di Sharon Stone in Basic Instinct (in cui, però,  gli slip non li indossava). Con quel film il regista Paul Verhoeven trent’anni rese l’attrice americana un’icona sexy. E siccome il caso non esiste, è stato lo stesso Verhoeven a trasformare Efira da mattatrice della televisione belga in una delle attrici piu’ quotate d’Oltralpe. In Elle era la moglie dell’uomo che veniva sessualmente soddisfatto dalla Huppert (premio Cesar e miglior film straniero ai Golden Globes del 2017). Poi, con Benedetta, nel 2021, ci ha fatto conoscere le fantasie erotiche della Carlini, suora italiana lesbica vissuta nel diciassettesimo secolo e accusata di blasfemia. Ora Virginie Efira cambia completamente registro. In I figli degli altri, di Rebecca Zlotowski, in Concorso all’ultima Mostra di  Venezia, è una quarantenne che suona la chitarra, insegna al liceo, è bella e in ottimi rapporti con il suo ex. Quando pero’ si innamora di Ali (Roschdy Zem), vorrebbe diventare madre e non ci riesce, e si lega visceralmente a Leila, la bambina di 4 anni che lui ha avuto con la ex  (Chiara Mastroianni). 

Come definirebbe la Rachel che interpreta nel film? «È un misto fra me, la regista Rebecca Slotowski e il personaggio della sceneggiatura. Mi fa venire in mente una frase di Flaubert, “ogni cosa, se osservata per abbastanza tempo, diventa interessante”.  Ed è cosi che accade con Rachel,  la amiamo sempre piu’ mentre la vediamo attraverso molti prismi, nonostante sia una donna tutto sommato semplice.

Recitare con una bambina di  quattro anni è difficile? «Ho fatto molti film accanto ai bambini, fino a oggi. Puo’ succedere che siano capaci di memorizzare le frasi e di restituirtele senza problemi, oppure non sanno le battute, e puoi indirizzarli in modo spontaneo nel dialogo. Nel caso della bambina del film io e Rebecca le parlavamo come se fosse una vera attrice. È  speciale, non aveva i genitori alle spalle a spingerla, voleva davvero fare quello che ha fatto».

Quando si separa dal padre di Leila, spiega alla bambina che non farete più le vacanze insieme e non vi vedrete più cosi spesso. Quando finiscono le riprese è facile separarsi da un’attrice bambina?  «Non puoi staccarti troppo brutalmente, come invece puoi permetterti di fare con un adulto. Sul set i piccoli a volte mi chiamano “mamma” e io rispondo “no, non sono tua madre, anche se sono qui con te…”. Pochi giorni fa una piccola mi ha detto “ci vediamo ancora, vero?”, le ho risposto “certo, mandami le tue foto…”. Poi non è che andiamo a prendere il gelato tutti i sabati, lei ha sua madre… Comunque dovrebbe vedere il mio cellulare, e’ pieno di messaggi  di bambini non miei, e non solo di quelli conosciuti sui set».

Mi sta dicendo che e’  stata matrigna anche nella vita vera? «Molte volte. Ho 45 anni, chissà perché a 23 anni mi sono sposata con un uomo che ha tre figli (Patrick Ridremont, ndr). Ricorderò sempre la madre, per lei non è stato facile ma mi ha aiutata ad avere una buona relazione con le sue bambine, che non hanno mai fatto fatica a prendermi per mano, anche davanti a lei. Adesso sono madre, ma prima ho sempre avuto relazioni con uomini che avevano  figli, evidentemente mi piaceva».

Le ex sono mai tornate indietro per riconquistare il compagno, come vediamo nel film? «Beh, conosco anche questa esperienza, con quel senso di sentirsi escluse che ne segue. Ma vede, io so anche quanto sia forte il legame, quanto sia delicata la posizione in cui ti metti scegliendo un uomo che ha gia’ avuto figli con un’altra donna. In qualche modo metti già in conto il fatto che se deludi qualcuno è naturale, perché dietro di te c’è sempre una “grande donna” che ti ha preceduta, e tu non sei la madre dei suoi figli. Questo solletica un certo senso di solitudine, infatti quando ho letto la sceneggiatura sono scoppiata a piangere».

(continua…)

Intervista integrale pubblicata su Donna Moderna del 22 settembre 2022

@Riproduzione riservata

Josh O’Connor: «E adesso mi metto a nudo»

28 giovedì Lug 2022

Posted by cristianaallievi in arte, Attulità, cinema, Cultura, Festival di Cannes, Letteratura, Miti

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Colin Firth, Cristiana Allievi, Donna Moderna, Eva Husson, guerra, interviste illuminanti, Josh O'Connor, Mothering Sunday, nudo, Olivia Colman, Secret Love, The Crown, uomini

Il protagonista di Secret Love colleziona ceramiche, adora il giardinaggio, si spoglia senza problemi. E qui fa un invito a se stesso e agli altri uomini: “Dobbiamo capire perché abbiamo avuto così a lungo tanti privilegi. Ed essere più gentili».

di Cristiana Allievi

L’attore inglese Josh O’Connor, 31 anni (courtesy TMDB)

Fa molto caldo nella stanza in cui ci troviamo. Josh O’Connor indossa una camicia bianca di seta con disegni neri ed è seduto su una poltrona. Con un accento molto british mi racconta la sua visione del maschio contemporaneo, mentre scivola in avanti con le gambe, per poi ritirarsi su. Da giovane voleva fare l’attore, ma pensando di non avere la stoffa si è dato al rugby. Gli torna in mente mentre parliamo di Secret Love di Eva Husson, finalmente al cinema dal 20 luglio. Quella che è forse la sua miglior interpretazione di sempre: ambientata nel 1924,  lo vede nei panni di Paul, il figlio di una famiglia di nobili che porta sulle spalle vari pesi: i fratelli morti in guerra, un matrimonio imminente che non vorrebbe e soprattutto  l’amore segreto per Jane (Odessa Young), domestica dei vicini di casa (Colin Firth e Olivia Colman). Lui è nudo per i tre quarti del film,  in quello che è un incontro sublime fra sesso, cinema e scrittura (la storia è tratta dal romanzo Mothering Sunday di Graham Swift). 31 anni, figlio di un insegnante e di un’ostetrica, come principe Carlo d’Inghilterra in The crown ha vinto Emmy e Golden Globe, e molti altri riconoscimenti sono arrivati per La Terra di Dio. A New York, dove vive, fa teatro e film indipendenti e ha un’altra passione insospettabile a cui dedicarsi.

Vado dritta al punto: prima Carlo d’Inghilterra, ora Paul,  un altro uomo costretto dall’etichetta.  Perché sceglie questi maschi che non conoscono la libertà? «Non è mai stata una decisione cosciente, piuttosto una sorta di gioco. Ho incontrato molti  uomini che si misurano con la loro mascolinità e le lotte di potere che questa comporta. Qualcuno mi ha detto di vedere una connessione  fra il principe Carlo e il Johnny Saxby che ho interpretato in La terra di Dio. La mia prima reazione è stata “stai scherzando?”, ma riflettendoci l’idea è convincente:  il principe Carlo era incapace di esprimere le proprie emozioni a causa del suo status sociale, esattamente come Johnny, che appartiene a una classe sociale molto inferiore. Chi come me viene dalla classe di mezzo, riesce molto bene a parlare di chi sta più in alto e di chi sta più in basso».

Il comune denominatore è l’essere “trattenuti”. «È un aspetto che mi affascina molto, ma mi interessa più quel senso di colpa che ha chi sopravvive. Paul è un uomo che eredita uno status in una certa società, e si deve portare sulle spalle il peso e la pressione dei suoi due fratelli morti in guerra, incluso il matrimonio con una donna che non ama ma che tutti intorno a lui amano, è la ricetta per un disastro perfetto!».

Cos’ha a che fare con lei, questo disastro? «Sto esplorando qualcosa che mi sembra interessante, ma non so perché continui a tornare. Sembra che non le stia rispondendo, la verità è che non conosco la risposta».

Come vede questa fase di confronto fra i sessi? «Credo che non sia un caso se vediamo spesso ruoli come quello che interpreto in Secret love. Gli uomini devono comprendere il loro posto nel mondo, e capire perché hanno avuto così tanti privilegi per così tanto tempo. In altre parole, dobbiamo capire come essere più gentili».

Il fatto che la regista sia una donna è un caso? «Neanche un po’. Finalmente abbiamo registe e sceneggiatrici che scrivono personaggi maschili per un pubblico di uomini e di donne.  Diciamo che stiamo rivalutando le cose, ci stiamo lavorando su».

(continua…)

Intervista integrale pubblicata su Donna Moderna del 21 luglio 2022

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George Clooney, «Prendo sul serio il lavoro, non me stesso».

23 mercoledì Dic 2020

Posted by cristianaallievi in cinema, giornalismo, Miti, Netflix, Personaggi

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Cristiana Allievi, Donna Moderna, George Cooney, Hollywood, interviste illuminanti, The midnight Sky

di Cristiana Allievi

È stato appena eletto, per il secondo anno consecutivo, attore più sexy del mondo. Dirige e interpreta un kolossal ambientato nello spazio. Ma con noi ha rievocato gli anni in cui doveva lottare per un ruolo. E i fiaschi che si sono alternati ai successi. Come quella volta in
cui gli dissero di cantare…

THE MIDNIGHT SKY (2020) George Clooney as Augustine and Caoilinn Springall as Iris. Philippe Antonello/NETFLIX

È sorridente, abbronzato. E come spesso accade, in vena di scherzare. «Questa conversazione è la mia prima uscita dal lockdown, una specie», esordisce dalla sua casa di Los Angeles. Subito dopo aggiunge «sento mia suocera parlare nell’altra stanza…». Quasi una battuta a far dimenticare le voci di crisi del suo matrimonio con Amal.  L’attore nato nel Kentucky 59 anni fa e diventato famoso grazie al pediatra Ross di E.R. e a una vita da single impenitente, oggi ha due gemelli, Ella e Alexander, che riposano nella stanza accanto, non lontani dalle due prestigiose statuette vinte agli Oscar. Oggi la sua è una carriera densa di film, davanti e dietro la macchina da presa, eppure il 23 dicembre riuscirà a esordire di nuovo, con una prima regia di un film nello spazio. Netflix gli ha messo a disposizione un budget stellare per The Midnight Sky, basato sul romanzodi fantascienza del 2016 di Lily Brooks-Dalton, La distanza fra le stelle, che dirigerà e interpreterà a tre anni di distanza da Suburbicon. Sarà Augustine, un brillante astronomo con barba da Babbo Natale, capelli corti e occhi spesso sgranati, che nel mezzo di un’ambigua catastrofe globale manda messaggi disperati alla terra da un remoto avamposto nel Circolo polare artico in cui vive. Crede di essere solo, finché non incontra Iris (Caoilinn Springall), una bambina di otto anni, figlia misteriosamente abbandonata da un genitore scienziato.

(continua…)

L’intervista integrale è su Donna Moderna del 24 dicembre 2020

© Riproduzione riservata

Pierfrancesco Favino: «Le mie bambine sono tutto per me».

09 venerdì Ott 2020

Posted by cristianaallievi in Attulità, cinema, Cultura, Mostra d'arte cinematografica di Venezia

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bambini, Donna Moderna, famiglia, fantasia, figli, interviste illuminanti, Padrenostro, padri, Pierfrancesco Favino, terrorismo, Vision Distribution

di Cristiana Allievi

Suo papà gli ha insegnato a credere nel lavoro, nell’onestà, nella generosità. E ora l’attore, protagonista dell’emozionante Padrenostro che gli ha regalato la Coppa Volpi a Venezia, cerca di fare lo stesso con le 2 figlie: «Ogni energia è per loro»

L’attore e produttore Pierfrancesco Favino, 51 anni (courtesy The walk of fame).

Un padre negli anni di piombo. Un premio vinto per quel padre all’ultima Mostra del cinema di Venezia. E le parole pronunciate durante la cerimonia. « Un grande maestro diceva che i film sono come le stelle. Io dedico il premio a tutte le stelle che ancora nasceranno, e al brillare degli occhi nel buio». Adesso sono gli occhi di noi spettatori a brillare vedendo Pierfrancesco Favino al cinema  in Padrenostro. Però se gli si fa notare che – dopo questa Coppa Volpi che va a sommarsi a tre Nastri d’argento e 4 David di Donatello (solo per citare qualche premio), a 51 anni non è più solo un bravo interprete ma rientra nella categoria degli attori cult, lui sdrammatizza: «Penso che nella vita arrivi un momento in cui quello che si fa è veramente quello che si è». Padrenostro, che lo vede anche nelle vesti di produttore, è  ispirata a una vicenda accaduta alla famiglia del regista Claudio Noce. Siamo nel 1976 e Valerio (Mattia Garaci) è un bambino di 10 anni la cui vita viene sconvolta da un attentato terroristico ai danni del padre (Favino). Da lì in avanti la paura domina la sua vita, rafforzando la sua già sviluppata immaginazione. Finché non arriva Christian (Francesco Gheghi), poco più grande di lui, a fargli compagnia.

Cosa significa questo film per te? «Riguarda la mia infanzia, qualcosa che non solo mi ricordavo ma che mi coinvolgeva in prima persona. Parla di uomini che  conosco. Mio padre e quello del regista appartengono alla stessa generazione, hanno atteggiamenti simili nel modo di essere maschi. A loro era complicato parlare direttamente».

Chi eri tu a 10 anni? «Un bambino che andava a letto dopo il Carosello, e che dal suo lettino sentiva parlare i propri genitori e quelli degli amici, senza che loro lo sapessero. Quel tipo di famiglia, come la mia, decideva che non dovevi avere le preoccupazioni dei grandi, ma tu sentivi che quella preoccupazione era presente. E provavi una sottile angoscia».

(continua…)

Intervista pubblicata su Donna Moderna dell’8 ottobre 2020

© Riproduzione riservata

Kevin Costner, «Non vengo mai bene nelle foto con i fan»

15 lunedì Apr 2019

Posted by cristianaallievi in cinema, Cultura, Miti, Personaggi

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Bonnie a Clyde, Donna Moderna, Frank Hamer, interviste illuminanti, Kevin Costner, The highwaymen

ANCHE SE NON AMA I SELFIE, L’ATTORE RIMANE UN INDISCUSSO SEX SYMBOL. E SU NETFLIX TORNA A VESTIRE I PANNI DEL GIUSTIZIERE : IN HIGHWAYMEN-L’ULTIMA IMBOSCATA, DA’ LA CACCIA NIENTEMENO CHE A BONNIE E CLYDE. «PER LA GENTE NON ERANO CRIMINALI: ERANO MITI. CI VOLLERO 20 ANNI PER CATTURARLI».

Mi interessava capire 3 cose, andando a intervistare Kevin Costner. La prima: se è ancora un sex symbol, a 64 anni compiuti. La seconda: se è alto. E la terza: se usa il suo potere da seduttore. Attore, produttore e regista, ma anche cantante country e padre di 7 figli, lo incontro a Madrid, dove ha appena presentato The Highwaymen – L’ultima imboscata, il film di Lee Hancock in onda su Netflix. Indossa jeans beige e camicia blu, si avvicina con calma e con il sorriso sulle labbra (la risposta alle prime 2 domande che mi facevo è un sì, senza esitazioni). Mi parla del suo personaggio, Frank Hamer, l’ex Texas ranger passato alla storia per aver catturato Bonnie e Clyde, la leggendaria coppia di banditi che ha commesso decine di rapine e 13 omicidi a sangue freddo negli anni ’30. E mentre parla scopro che è sul punto di girare il suo quarto film da regista, un western ancora top secret.

Il suo è un ritorno alla grande, da giustiziere. Un po’ come ne Gli intoccabili, del 1987, in cui recitava al fianco di Sean Connery. Cosa l’ha attratta di questo ruolo? «Avevo nel cassetto la sceneggiatura del film da 10 anni, ma non riuscivo mai a decidermi. Hamer era un poliziotto che ha ucciso il triplo di persone rispetto a Bonnie e Clyde. Però era una leggenda e questo ritratto inedito gli rende onore». 

Ha qualcosa in comune con Hamer? «L’amore per la natura e la pazienza. Nella mia vita ho passato molto tempo nei boschi: capisco il suo essere quieto, a osservare».

Bonnie e Clyde erano criminali eppure la gente li adorava, come mostrano le immagini del film. «Sì, c’erano 20.000 persone al loro funerale, e molte altre lo seguirono in diretta alla radio. Erano diventati dei miti, all’epoca ci vollero 20 anni per acciuffarli».

La loro storia insegna che la fama può proteggere, anche in situazioni limite. «C’è un detto americano che dice: “Se ti seguo con l’auto per mezzo chilometro probabilmente ti vedrò passare con 2 rossi”. Vale per tutti, ma spesso a chi è famoso si concedono più attenuanti. Non dico che sia giusto».

A proposito di fama: con più di 50 film alle spalle e 2 Oscar, lei come vive la celebrità? «Con disagio. Per esempio, quando sono al ristorante e vedo che le persone mi fissano: si aspettano che faccia cose strane, che risolva situazioni strane».

Fuori dalla sala dove stiamo parlando la aspettano tantissimi fan: vogliono scattare un selfie con lei. Le va bene finire ovunque, in Rete? «Non tanto, per la verità. Mi sembra di non venire bene nelle foto. A volte capita persino che un marito e una moglie litighino per mettersi in posa di fianco a me, e dopo un po’ non riesco più a stare nella posizione della foto».

(continua…)

Intervista pubblicata su Donna Moderna dell’11 Aprile 2019

© Riproduzione riservata

Kristin Scott Thomas: «Resisto a tutto, tranne che alle sfide».

09 venerdì Feb 2018

Posted by cristianaallievi in cinema, Festival di Berlino, Personaggi, Teatro

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Cristiana Allievi, Donna Moderna, Gosford Park, Il paziente inglese, Kristin Scott Thomas, L'ora più buia, Sally Potter, The party, Wiston Churchill

DOPO QUATTRO ANNI DI LONTANANZA DAL SET, RECITA IN DUE FILM DI CARATTERE. IL CULT THE PARTY, GIRATO IN SOLI 15 GIORNI. E IL CANDIDATO ALL’OSCAR L’ORA PIU’ BUIA, IN CUI VESTE I PANNI DELLA MOGLIE DI WISTON CHURCHILL. UN RUOLO CHE ALL’INIZIO NON VOLEVA, TANTO CHE PER CONVINCERLA IL REGISTA HA RISCRITTO TUTTI I SUOI DIALOGHI

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L’attrice Kristin Scott Thomas, 57 anni (courtesy of The Sidney Morning Herald):

«Odio guardarmi sullo schermo. Vedo qualcuno che finge di essere qualcun altro, e non ci credo». Fa un certo effetto sentir pronunciare una frase così dissacrante da un’icona del cinema come lei. L’unica spiegazione a tanta audacia da parte dell’interprete di Gosford Park e Il paziente inglese viene forse dal suo Dna. Kristin Scott Thomas, 57 anni, nata in Cornovaglia ma trapiantata a Parigi dall’età di 19 anni, è la pronipote del capitano Scott, l’esploratore che ha perso la vita durante la competizione per raggiungere il Polo Sud. E suo padre, mancato quando aveva solo cinque anni, era un pilota della componente aerea della Marina Militare del Regno Unito. Non stupisce, quindi, che qualche tempo fa abbia dichiarato che non avrebbe mai più accettato ruoli da spalla: per convincerla a calarsi nei panni della moglie di Churchill, Joe Wright ha dovuto riscrivere tutti i suoi dialoghi. Non stupisce nemmeno la proverbiale riservatezza, se si pensa che dal divorzio dal marito François Olivennes nel 2008, un famoso medico francese con cui ha a vuto tre figli, non ha mai parlato di nuove relazioni sentimentali. E ad ascoltare cosa racconta di The party, film accettato dopo quattro anni di assenza dai set, risulta chiaro che le sfide sono l’unica cosa a cui non sa resistere. Questa è una pirotecnica girandola di incontri con un cast stellare, scritta e diretta da Sally Potter e nelle sale dall’8 febbraio.

In The party è una politica in carriera che organizza una cena fra amici. In pochi minuti la festa si trasformerà in un disastro, a causa delle dinamiche profonde che si scatenano fra i partecipanti. «Ero terrorizzata sapendo che avevamo solo una settimana di prove e due per girare, temevo che non mi sarei ricordata i dialoghi. È stata un’esperienza intensissima, in cui noi attori siamo costantemente esposti. Avevo deciso di smettere di recitare per il cinema e fare solo teatro, ma è stata l’esperienza più piacevole avuta su un set».

Merito della regista di Lezioni di tango? «È una delle poche donne a dirigire su questo pianeta, sa scrivere sceneggiature che sembrano scolpite e ti costringe a diventare il personaggio che crea per te».

Nel suo caso, una politica spudoratamente diretta. «Nella vita vera sono molto più idealista di Janet: sono nata e cresciuta a Redruth, lì anche se si pensano certe cose, non si dicono! È stato liberatorio calarmi in una donna piena di brutale verità, viviamo un momento storico di disintegrazione, è arrivata l’ora di fare qualcosa, di diventare più politici».

Cosa intende dire? «Mia madre Deborah (Hurlbatt, ndr) era una politica, conosco bene quella vita, è brutale, non perdona. Per me è triste vedere che abbiamo perso fede e rispetto per le persone che cercano di combattere per il bene comune, e credo sia successo da quando abbiamo perso Hilary Clinton».

Sua madre ha cambiato la sua attitudine verso la politica? «Lei agiva a livello locale, ma mentre era a New Orleans ha attraversato la tragedia Katrina. Io sono arrivata lì quattro giorni dopo, ho visto quanto bene può fare una persona in una città distrutta. Sono onorata di avere una madre che ha combattuto per cambiare, non a livello nazionale ma nei piccoli centri, quelli in cui si può ottenere o distruggere di più. E comunque spero ancora di vedere una donna alla Casa Bianca».

(…continua)

Intervista integrale pubblicata su Donna Moderna del 5 febbraio

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Charlotte Gainsbourg, «Finalmente ho smesso di paragonarmi a Serge, mio padre»

29 mercoledì Apr 2015

Posted by cristianaallievi in cinema

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Charlotte Gainsbourg, Cristiana Allievi, Donna Moderna, Jane Birkin, Lars Von Trier, Nymphomaniac, Omar Sy, Samba, Serge Gainsbourg, Yvan Attal

Tra una risposta e l’altra Charlotte Gainsbourg beve varie tazze di tè verde. E sorride. Fa uno strano effetto trovarla così serena, dopo averla vista sul grande schermo devastata dalla perdita del figlio in Antichrist, sconvolta dall’imminente fine del mondo in Melancholia, dipendente dal sesso in Nymphomaniac. I tre film di Lars von Trier l’hanno resa un’attrice cult, ma ci hanno fatto conoscere solo il suo lato tormentato. Adesso Charlotte, 43 anni, figlia Serge Gainsbourg, la più grande e provocatoria rockstar di Francia, e della diva del cinema Jane Birkin, è finalmente protagonista di una commedia: Samba, al cinema dal 23 aprile. Interpreta Alice, dirigente d’azienda che in seguito a un esaurimento nervoso decide di cambiare vita. Va a lavorare per un’associazione di volontariato e qui si innamora di Samba, un clandestino senegalese aspirante cuoco, interpretato Omar Sy.

Quanto c’è di te in Alice? «Parecchio. Lei ha un crollo psicofisico, io da ragazza ho sofferto di depressione. So cosa significa essere isolata, persa nelle tue preoccupazioni, ossessionata dalle bugie che racconti a te stessa: sono stati d’animo che causano dolore fisico e psicologico».

Che ricordi hai di quel periodo? «All’epoca in cui stavo male tutti mi dicevano che per guarire dovevo fare un piccolo sforzo. Mi ripetevano: “Guarda quante cose meravigliose hai…”. Ma non funziona così, a volte non basta la volontà per riuscire a reagire, anche perché quando sei depressa hai la sensazione di essere del tutto diversa da quella che eri».

Cosa ti ha aiutato a uscirne? «Riemergere da quel vortice è difficile, non so spiegare come accada. Di sicuro, è importante avere qualcuno a cui appoggiarsi, qualcuno di “reale” che ti  accompagni nel percorso per dissolvere l’incubo in cui ti trovi. Nel film Alice si innamora, e questo le dà una via d’uscita più facile».

Anche tu hai incontrato il tuo compagno, il regista e attore Yvan Attal, subito dopo la morte di tuo padre Serge. «Avevo 19 anni ed ero un relitto, passavo ore e ore ad ascoltare le canzoni di papà allo stereo solo per sentire la sua voce… Mi sono compiaciuta nel dolore, ci sono voluti anni per riprendermi. Ma Yvan è stato paziente, mi ha aspettato».

Charlotte Gainsbourg, 44 anni, attrice. Con Independence day 2 farà il suo ingresso a Hollywood.

Charlotte Gainsbourg, 44 anni, attrice. Con Independence day 2 farà il suo ingresso nel cinema di Hollywood.

E adesso avete 3 figli: Ben, 18 anni, Alice, 13, e Joe, 3. «Siamo una famiglia tranquilla,  in questo non ho seguito le orme dei miei genitori (che negli anni ’70 furono protagonisti di una storia d’amore tanto scandalosa quanto tormentata, ndr). Sto con Ivan da 23 anni, trascorro molto tempo con i nostri figli e trovo la routine quotidiana rassicurante per loro. Verso me stessa, però, sono severa, ipercritica. Sentirmi in bilico è parte della mia identità».

 Il tuo personaggio in Samba fa molte battute ironiche su se stessa e il sesso. Credi che recitare nuda, per di più in scene estreme, nei film di Lars von Trier ti abbia “sciolto”? «Lavorare con lui mi ha cambiata: fino a qualche anno fa mi vergognavo del mio corpo. Posso dire che esiste un “prima” e un “dopo” Lars. E non solo dal punto di vista del nudo e del sesso. Ho scoperto di avere tanta rabbia dentro e l’ho buttata fuori grazie a quei film: ho pianto e gridato come una disperata. Sul set tutto era spinto così al limite che niente era più un problema. E questo, dopo, mi ha dato tranquillità e portato ad affrontare le cose in modo più rilassato».

La Gainsbourg in una scena di Samba, con Omar Sy (cortesi of primissima.it).

La Gainsbourg in una scena di Samba, con Omar Sy (courtesy of primissima.it).

(continua…)

Intervista integrale su Donna Moderna del 28/4/2015

 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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