UN PADRE, SERGE GAINSBOURG, MAI DIMENTICATO. UNA MADRE, JANE BIRKIN, SPESSO ALLONTANATA, ORA, A 50 ANNI, L’ATTRICE FRANCESE FA PACE CON I “FANTASMI” DEL PASSATO. GRAZIE A UN MUSEO E A UN FILM
di Cristiana Allievi
(… continua)
Intervista integrale pubblicata su Donna Moderna del 14 aprile 2022
Quando un’ingombrante genitore smette di essere un demone? Charlotte Gainsbourg affronta i suoi fantasmi con un docufilm super-emozionante. In cui, a Jane Birkin, fa (quasi tutte) le domande scomode
di Cristiana Allievi
Charlotte Gainsbourg, attrice e regista, con la madre Jane Birkin, modella e cantante inglese, all’anteprima di Jane by Charlotte, al Festival di Cannes 2021.
Il pudore e una macchina da presa. Ecco le due sole cose che restano tra loro, una madre e una figlia che, dopo decenni di distanza e di incomprensioni, si ritrovano nello steso letto, a passeggiare, a tavola, accanto finalmente e quasi se fosse la prima volta. È la magia di Jane By Charlotte, il docu film con cuièunritratto personale e molto casual, una scusa artistica con cui Charlotte Gainsbourg debutta alla regia, presentato in anteprima al festival di Cannes e che sta facendo il giro delle rassegne cinematografiche del mondo, riscuotendo ovunque successo. La incontro alla Mostra di Venezia, dove ha presentato due film, Sundown di Michel Franco e Le cose umane, diretta dal partner Yvan Attal, attore regista e sceneggiatore di origine ebraica, l’uomo che l’ha raccolta a 19 anni, quando stava crollando in pezzi per la perdita del padre Serge, rockstar di Francia. Ivan è stato il terreno solido su cui costruirsi una dimensione esistenziale e una cifra propria, smarcandosi da fantasmi ingombranti. Con lui ha avuto tre figli (Ben, Alice e Joe), ha iniziato a firmare le canzoni con il suo vero nome e soprattutto a cantare in francese, la lingua che l’avvicinava vertigi- nosamente al mito del genitore. C’è voluto anche Lars Von Trier, per farle trovare se stessa. Il regista danese l’ha svestita e martoriata per bene nel corpo e nello spirito, e con Antichrist le ha regalato la Palma d’Oro e una fama allargata. Un nuovo equilibrio sembrava ritrovato, poi otto anni fa l’amata sorella Kate si è tolta la vita a Parigi. Lei è fuggita a New York, lasciandosi alle spalle la Francia e le sue ferite. Ora è tornata a casa. Incontrandola, si sente che qualcosa è cambiato. Charlotte ha finalmente posato lo sguardo sulla madre, accettando il delicato confronto con lei. La madre è la modella e cantante inglese Jane Birkin, un’icona di 74 anni (mentre scriviamo queste righe, è in convalescenza dopo aver avuto un ictus) che ha avuto una figlia per ogni suo amore: Charlotte da Serge, Kate dal primo marito John Barry (compositore di cult come la saga di 007) e Lou dal regista Jacques Doillon. Con Jane by Charlotte, ritratto personale e bellissimo, una figlia in- contra la propria madre e le fa domande molto scomode.
esordisce.
Cosa ha provato alla fine delle riprese? «Riguardando il mio film da regista con il pubblico, mi sono sentita male. Ne ho percepito tutti i punti deboli e soprattutto mi sono detta: “Ma perché mai la mia famiglia dovrebbe interessare a qualcuno? Quello che hai fatto è una cosa indecente!”. Hanno tentato di farmi notare che gli spettatori erano molto toccati, ma ero troppo nervosa per accorgermene».
Come è nata l’idea di un film su sua madre? «Volevo condividere la stessa vicinanza che lei aveva con le mie sorelle, Kate e Lou. Eravamo molto diverse. Con i film mi sono creata una famiglia tutta mia – ho iniziato che avevo solo 13 anni – e questo ha creato una distanza fra noi. I miei si erano separati quattro anni prima, e io ero molto vicina a mio padre. Sono stata privilegiata per- ché vivevo con lui nei weekend continuando a essere la sua figlia unica… Con mia madre era tutto diverso».
Poi suo padre è morto... «Per anni questo è stata il mio grande buco da colmare, tutto ciò che ho mostrato di me al mondo. Quando nella mia vita è arrivato Yvan abbiamo creato una nuova famiglia tutta nostra, “vera”, sono capace di vivere una persona alla volta in modo esclusivo».
Tagliando fuori sua madre… «Me ne sono accorta molto tempo dopo, infatti questo mio interesse di adulta per lei l’ha spiazzata. Mi sono sentita male per averla sempre amata senza darlo a vedere, non le ho mai fatto capire quanto avessi bisogno della sua presenza e vicinanza. E purtroppo non è stato il mio unico errore».
Quello successivo? «Le ho proposto di girare un film su di lei per poterla incontrare. E quando le ho fatto la prima intervista, durante un suo tour, le mie domande troppo dirette l’hanno fatta ritirare. Ha pensato che stessi cercando di farla sentire in colpa, cosa che le capita molto di frequente (ride, ndr). Invece è stata la mia timidezza, mi ha creato difficoltà, non sapevo come chiederle le cose, finché lei mi ha fermata: “Odio il Giappone e odio quello che stai facendo”».
Tra una risposta e l’altra Charlotte Gainsbourg beve varie tazze di tè verde. E sorride. Fa uno strano effetto trovarla così serena, dopo averla vista sul grande schermo devastata dalla perdita del figlio in Antichrist, sconvolta dall’imminente fine del mondo in Melancholia, dipendente dal sesso in Nymphomaniac. I tre film di Lars von Trier l’hanno resa un’attrice cult, ma ci hanno fatto conoscere solo il suo lato tormentato. Adesso Charlotte, 43 anni, figlia Serge Gainsbourg, la più grande e provocatoria rockstar di Francia, e della diva del cinema Jane Birkin, è finalmente protagonista di una commedia: Samba, al cinema dal 23 aprile. Interpreta Alice, dirigente d’azienda che in seguito a un esaurimento nervoso decide di cambiare vita. Va a lavorare per un’associazione di volontariato e qui si innamora di Samba, un clandestino senegalese aspirante cuoco, interpretato Omar Sy.
Quanto c’è di te in Alice? «Parecchio. Lei ha un crollo psicofisico, io da ragazza ho sofferto di depressione. So cosa significa essere isolata, persa nelle tue preoccupazioni, ossessionata dalle bugie che racconti a te stessa: sono stati d’animo che causano dolore fisico e psicologico».
Che ricordi hai di quel periodo? «All’epoca in cui stavo male tutti mi dicevano che per guarire dovevo fare un piccolo sforzo. Mi ripetevano: “Guarda quante cose meravigliose hai…”. Ma non funziona così, a volte non basta la volontà per riuscire a reagire, anche perché quando sei depressa hai la sensazione di essere del tutto diversa da quella che eri».
Cosa ti ha aiutato a uscirne? «Riemergere da quel vortice è difficile, non so spiegare come accada. Di sicuro, è importante avere qualcuno a cui appoggiarsi, qualcuno di “reale” che ti accompagni nel percorso per dissolvere l’incubo in cui ti trovi. Nel film Alice si innamora, e questo le dà una via d’uscita più facile».
Anche tu hai incontrato il tuo compagno, il regista e attore Yvan Attal, subito dopo la morte di tuo padre Serge. «Avevo 19 anni ed ero un relitto, passavo ore e ore ad ascoltare le canzoni di papà allo stereo solo per sentire la sua voce… Mi sono compiaciuta nel dolore, ci sono voluti anni per riprendermi. Ma Yvan è stato paziente, mi ha aspettato».
Charlotte Gainsbourg, 44 anni, attrice. Con Independence day 2 farà il suo ingresso nel cinema di Hollywood.
E adesso avete 3 figli: Ben, 18 anni, Alice, 13, e Joe, 3. «Siamo una famiglia tranquilla, in questo non ho seguito le orme dei miei genitori (che negli anni ’70 furono protagonisti di una storia d’amore tanto scandalosa quanto tormentata, ndr). Sto con Ivan da 23 anni, trascorro molto tempo con i nostri figli e trovo la routine quotidiana rassicurante per loro. Verso me stessa, però, sono severa, ipercritica. Sentirmi in bilico è parte della mia identità».
Il tuo personaggio in Samba fa molte battute ironiche su se stessa e il sesso. Credi che recitare nuda, per di più in scene estreme, nei film di Lars von Trier ti abbia “sciolto”? «Lavorare con lui mi ha cambiata: fino a qualche anno fa mi vergognavo del mio corpo. Posso dire che esiste un “prima” e un “dopo” Lars. E non solo dal punto di vista del nudo e del sesso. Ho scoperto di avere tanta rabbia dentro e l’ho buttata fuori grazie a quei film: ho pianto e gridato come una disperata. Sul set tutto era spinto così al limite che niente era più un problema. E questo, dopo, mi ha dato tranquillità e portato ad affrontare le cose in modo più rilassato».
La Gainsbourg in una scena di Samba, con Omar Sy (courtesy of primissima.it).
(continua…)
Intervista integrale su Donna Moderna del 28/4/2015