“Incontri con donne straordinarie” di Cristiana Allievi- libro consigliato da Io donna del Corriere della Sera
04 giovedì Mag 2023
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in13 lunedì Mar 2017
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Bill Condon, cinema, emma watson, Harry Potter, Hermione Granger, Io donna, La bella e la bestia, Luke Evans, Walt Disney
Se c’è una cosa che non si deve toccarle, è la privacy. Destino vuole però che proprio in questi giorni sui social infuri la polemica intorno alsemi topless di Emma Watson, apparso sulla copertina di Vanity Fair Usa. È bastato un tweet di una giornalista del Daily Mail che intendeva dire più o meno “sei tanto femminista quanto sottomessa al volere di un giornale (e del mercato), e in quanto tale poco credibile”, e per un paio di foto sexyl’attrice inglese si è trovata a rispondere della credibilità del suo ruolo come ambasciatrice Onu per la parità dei sessi. Un clamore che gioverà alla promozione del suo prossimo film The circle, in uscita ad aprile, se si pensa che Tom Hanks, a capo nella più grande azienda di tecnologia e social media del mondo, la incoraggerà a rinunciare proprio alla sua privacy.
Ma siamo nel cuore di Londra per parlare di La bella e la bestia di Bill Condon, il cartone animato diventato un musical strabiliante in cui le teiere danzano, insieme ai bicchieri di cristallo, mentre i piumini spolverano e le coreografie incantano.
Arriverà nelle sale dal 16 marzo la riuscita rivisitazione live action del celebre classico d’animazione prodotto dalla Disney, che fu il primo film del genere a ricevere una candidatura all’Oscar come Miglior film (vincendone poi due, per la colonna sonora e la canzone originale), e il primo lungometraggio animato a superare 100 milioni di dollari di incasso al botteghino. Condon all’inzio ha rifiutato la proposta della Disney di cimentarsi in quest’impresa, reputando il film del 1991 perfetto. Ma poi ha cambiato idea e ha lavorato per due anni con l’ottimo cast che include Dan Stevens, Luke Evans, Ewan McGregor, Stanley Tucci ed Emma Thompson.
La ex Hermione Granger, che grazie a film come Noi Siamo Infinito, Noah eThe Bling Ring ha dato prova di essersi lasciata alle spalle la saga dei maghi che l’ha impeganta per più di un decennio, indossa pantaloni capri e ballerine nere su un capo outfit ecologico della collezione da lei disegnata. E un maglione bianco che ne sottolinea la figura esile, con una grande rouge nera che le attraversa il busto in diagonale, dall’alto in basso.
In passato ha rifiutato il ruolo di Cenerentola dichiarando che non si sentiva in sintonia col personaggio, mentre Belle sembra perfetta per lei: è impegnata nel sociale, legge molto, non punta sul suo aspetto estetico…
«Questo ruolo è una rottura, ha creato una distanza da tutte le principesse venute prima. Belle è una donna emancipata, risoluta, indipendente come Katharine Hepburn. Inoltre non ha paura di esprimere le proprie idee e sogna di esplorare il mondo. Adoro la sua risolutezza da quando avevo quattro anni».
Cos’altro c’è in comune tra lei e Belle?
«Si trova in un punto della vita in cui sta cercando di andare oltre le aspettative che tutti hanno su di lei. Sposare Gastone, che le ronza intorno, sarebbe l’happy end migliore secondo praticamente tutti, ma lei vuole crescere in un’altra direzione. Sono la solitudine e il senso di isolamento a farla incontrare con la bestia, i due entrano in un mondo parallelo rappresentato dal castello. Nonostante abbiano un background e storie diversissime, in qualche modo sono simili e per questo motivo si innamorano».
Il regista Bill Condon ci ha tenuto a precisare che a Belle non interessa diventare una principessa.
«L’ho scelta proprio per questo motivo, anche se ad attrarmi c’era la sfida della danza e del canto, che non avevo mai affrontato in un film».
Ha temuto il fatto di dover cantare davvero?
«È qualcosa che ho sempre voluto fare, certo che esordire con un musical così amato mi ha fatto sentire una certa pressione. Ma l’amore per le canzoni del musical che mi facevano impazzire da bambina mi ha accompagnata lungo tutto il processo».
Incoraggiare le ragazze a guardare oltre le apparenze, e a non limitarsi alla bellezza esteriore, è importante oggi?
«Certo che lo è. Ma è fondamentale che il mio personaggio si innamori di qualcuno che non ha le sue caratteristiche, è il contrasto che funziona. Ma questa storia non parla soltanto della bellezza e della bruttezza, dipinge anche la bella e la bestia che vivono in ognuno di noi, bisogna imparare a trovare un equilibrio tra questi due lati».
Qual è il suo lato animalesco?
«Sono freddolosa, soffro l’aria condizionata. E spesso ho fame… (ride,ndr)».
E quello più luminoso?
«La bellezza del mio personaggio viene dal non giudicare, e credo sia una grande chiave. Essere empatici e curiosi significa comprendere indirettamente ciò che ci circonda e non farsi invadere dal giudizio, che poi è la cosa che ci frega».
L’abito giallo che indossa nel film ha qualcosa di speciale: ha contributo alla sua creazione?
«Leggendo la sceneggiatura ho capito subito che qualsiasi abito avessi indossato mi avrebbe accompagnata fino al terzo atto del film, che è diverso dall’originale. Avrei dovuto indossare qualcosa di multifunzionale, adatto a cavalcare, ballare e anche battagliare, come quando scorazzo per la foresta a caccia di mio padre. Quindi la parte del busto doveva assomigliare leggermente a un’armatura, e ci abbiamo messo oro e catene, mentre volevo che la parte della gonna fosse molto leggera. Quello che amo dell’abito originale è il suo essere una terza entità: quando Belle balla con la Bestia, l’abito balla con lei».
Contibuisce sempre al lavoro sui dettagli?
«Sempre, se non riesco a capire cosa pensa un personaggio quando si alza la mattina, cosa le piace indossare e molto altro, non posso comprendere chi è in realtà».
Il suo amore per la letteratura come l’ha formata?
«In tempi in cui mi sono sentita molto confusa e sopraffatta dal mondo circostante, i libri mi hanno aiutata a trovare un senso. In altri momenti sono stati una fuga, o degli amici, che sono sacri per me. Quando ero più giovane mi sono sentita obbligata a leggere, come accade a tutti a scuola, ma quando scegli di leggere poi lo ami».
Cosa sta leggendo in questo momento?
«Un libro che mi ha dato un’amica psichiatra, Men search’s for meaning, di Viktor E. Frankl (scritto nel 1946 e tradotto con il titolo Alla ricerca di un significato nella vita). Lo psichiatra internato ad Auschwitz ha raccontato la sua esperienza di prigioniero attraverso l’occhio tecnico del medico. Si è chiesto che cosa ha aiutato i sopravvissuti all’Olocausto a uscire vivi dai lager. La risposta è che non hanno mai perso di vista il motivo per cui vale la pena vivere. Per me è un libro sulla speranza».
Articolo uscito su IOdonna.it il 13 marzo 2017
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04 domenica Gen 2015
Posted Moda & cinema
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Agnes B., Basquiat, cinema, Cristiana Allievi, David Lynch, incesto, Io donna, Je m'appelle hmmm..., Moda, Quentin Tarantino
Ha iniziato vendendo le sue creazioni al mercato delle pulci, oggi ha un impero da 332 negozi. Poi, a 70 anni, Agnes B. ha girato il primo film. Che parla di una fuga da un incesto. E di avventure on the road, come racconta lei stessa
Céline ha 11 anni e un padre incestuoso e disoccupato. Così, alla prima occasione, scappa di casa, finendo sul camion di un autista scozzese che ha perso moglie e figlie. I due avranno un’avventura on the road dagli esiti imprevedibili. Lascia di stucco, l’esordio alla regia di Agnes B. – Agnès Troublé fuori dalle passerelle e dalle sue boutique. Je m’appelle Hmmm… è un film forte, girato tra la sua vera casa, Bordeaux e le spiagge di Biarritz. La cosa non dovrebbe sorprende, in effetti. Nata e cresciuta a Versailles in una famiglia borghesissima, a 21 anni Agnes aveva già alle spalle un matrimonio con un editore più vecchio di lei e due figli. Senza un soldo in tasca, scovata da una redattrice di Elle al mercato delle pulci, con le sue creazioni di moda e il suo stile solido e libero ha creato un impero: 332 negozi tra gli Usa e il Giappone, una casa di produzione cinematografica, un atelier e tre gallerie d’arte. Quentin Tarantino ne ha immortalato gli abiti in Pulp Fiction e Reservoir Dogs ed è un suo fan. Basquiat la adorava, lo stesso dicasi per artisti contemporanei che ha sostenuto di tasca propria, come i registi Claire Denis a Gaspare Noé, passando per l’eccentrico Vincent Gallo. La incontro in un hotel nel cuore di San Pietroburgo, per parlare di cinema, moda e vita, in occasione dell’International Media Forum in cui ha presentato il suo film che è in giro per i festival del mondo. In nero integrale, capelli biondo miele, mi colpisce subito per quel calore che emana e un senso di empatia verso il genere umano.
L’incesto come tema del proprio esordio registico: una scelta che lei fa a testa alta. «Ho scritto personalmente la storia, ci ho messo dieci anni. La cosa che mi ha colpita di più è che il film è esattamente ciò che ho scritto e che volevo raccontare. Non ho più produttori alle spalle e faccio davvero le cose spontaneamente. E non avendo fatto una scuola, non ho il senso di cosa si può fare o meno, sono molto libera».
La storia che racconta nel film la riguarda personalmente? «Diciamo che ne ho esperienza, ma non è stato con mio padre, né sono scappata, come fa Céline nel film. Leggo Le monde ogni giorno, sono storie frequenti anche se le persone non vogliono parlarne».
Visivamente molto sofisticato, il suo lavoro alterna stati onirici a una natura straordinaria, musica contemporanea di David Daniels e Sonic Youth e arie d’opera. «Sono figlia di Godard, la relazione tra suono e immagine è molto importante per me. Ho sempre fatto la fotografa e ho girato corti per raccontare le mie collezioni, non sono pubblici perché i diritti valgono solo per una stagione, poi non puoi più mostrare le modelle. Ne avrò almeno 25 all’attivo, è così che ho imparato a girare, devo moltissimo alla mia piccola macchina da presa giapponese, una Harinezumi che non mi lascia mai».
La scena dei danzatori di Butoh, tutti bianchi, immersi nella foresta, è un altro omaggio al Sol Levante? «In realtà quell’immagine viene dalla mia infanzia. Sono nata e cresciuta a Versailles, nel parco c’erano tutte quelle statue bianche. Ricordo che un giorno le ho immaginate mentre si muovevano, una visione che evidentemente non mi ha abbandonata».
Ha una predilezione per il blu? Si rintraccia nelle auto come nei mobili, ma anche nella casa della nonna della bambina… «Quella che cita è casa mia e il tavolo che si vede è del mio studio! I colori che preferisco sono il rosso e il blu pallido. Volevo una grande differenza cromatica tra la vita della bambina e quella della donna adulta».
La natura e la strada hanno una parte enorme nella sua visione. «Sa che in Francia il 25 per cento dei bambini non ha mai visto il mare? Da non credere. Quando viaggiavamo e avevo solo 10 anni mio padre mi metteva nel sedile accanto a lui, non è un caso che la strada e l’osservare le cose mi affascinino così tanto».
Si può dire che in strada sia nata la sua fortuna. «Avevo 20 anni, senza un soldo in tasca, mi vestivo mischiando pezzi di Monoprix. Un giorno, al mercato delle pulci, qualcuno di Elle magazine mi ha visto e ha detto “lei è vestita in modo bizzarro…”, e mi ha portata al giornale. Tutto è incominciato così».
Oggi grandi artisti indossano i suoi capi. «Sono 25 anni che David Lynch sceglie maglie e giacche disegnate da me, e Tarantino mi chiede di rifargli le stesse giacche di Pulp Fiction, le consuma (ride, ndr)».
A quarant’anni dall’apertura della sua prima boutique, a Parigi, saprebbe dire qual è il suo talento? «Mi è sempre piaciuto aiutare le persone a sentirsi bene, all’inizio stavo personalmente in negozio per questo. Ma dovremmo parlare di più del talento, e di come usarlo, oggi sento solo la parola “fama”… Le persone che credono troppo in se stesse di solito non sono le più dotate, del talento di cui sopra. Chi dubita è meno arrogante».
Da dove viene la sicurezza che trasmette? «Da una natura molto positiva e serena, mi piace ridere e parlare con i miei amici. E quando esco non è per fare shopping, non voglio sapere cosa propongono gli altri, voglio restare libera. Sa che non ho mai fatto una pubblicità in vita mia, per Agnes B.?».
In un’epoca di narcisismo sfrenato, il suo è un comportamento vintage. «La stampa mi ha sempre aiutata, in Giappone come in Cina, forse perché hanno visto qualcosa di diverso, la possibilità di uno stile che le persone creano da sole, abbinando come vogliono quello che propongo. Amo i capi che durano una vita e non mi piacciono le cose troppo costose, che poi si usano due volte… Ma più di tutto, mi piace che la gente abbia fiducia in me».
Io Donna, 14 dicembre 2014
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