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Cristiana Allievi

~ Interviste illuminanti

Cristiana Allievi

Archivi tag: Brad Pitt

C’era una volta a Hollywood, di Quentin Tarantino

22 mercoledì Mag 2019

Posted by cristianaallievi in arte, Cannes, cinema, Cultura, Festival di Cannes, Personaggi

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Brad Pitt, C'era una volta a Hollywood, Cannes 2019, CAnnes 72, DiCaprio, Margot Robbie, Quentin Tarantino

Dopo tanta attesa, poche ore fa sulla Croisette abbiamo assistito all’anteprima mondiale di C’era una volta… a Hollywood di Quentin Tarantino. Nella sala Lumiere, alle 16.30, è stato letto un messaggio ufficiale del regista: “Cari giornalisti amanti del cinema, vi preghiamo di non diffondere dettagli sul film che ne rovinerebbero la visione. Fate che sia la stessa che avete avuto voi”. Solo a lui è concesso di fare certe cose, diciamolo, e non meraviglia, perché per il regista che 25 anni fa ha vinto qui la Palma d’Oro per Pulp Fiction sulla Croisette c’è un tifo da stadio. E alla fine della proiezione si contano sei minuti di standing ovation per lui e il cast presente.

Questo è forse il film più tarantiniano di Quentin Tarantino, che ne è regista, scrittore e produttore. Ci ha messo dentro il suo adorato western e il cinema dei generi, i suoi ricordi da giovane, le serie tv di culto come FBI, i produttori, le star di un tempo, i set di Hollywood. A distanza di poche ore da Nicolas Bedos, che anche lui con il suo ottimo La belle Epoque ci ha fatto vedere il cinema dentro il cinema.

L’ambientazione, senza spoilerare, è nel 1969 e precede noti fatti criminali  avvenuti a Hollywood. La storia ruota intorno a Rick Dalton (uno straordinario Leonardo DiCaprio), idolo della tv, che vive un momento di cambiamento  nella carriera. Al suo fianco c’è il compagno storico, il suo stunt Cliff Booth, interpretato da Brad Pitt (un figurino, con abbronzatura californiana). I due sono molto amici e cercano di cavarsela nell’ultima fase della golden age di Hollywood, con Rick che vive in una casa sulle colline e ha come vicini di casa i Polanski, mentre Cliff ha come dimora una roulotte con il cane e la tv. Dopo aver girato un grosso western, Rick accetta di andare in Italia a girare lì quattro film con Sergio Corbucci (che Tarantino ama e che ha omaggiato con Django). Torna quindi a Los Angeles con moglie italiana e un bel po’ di soldi. Una volta a casa lui e Cliff si ritrovano per una memorabile serata di sbronze che culmina in un tripudio di cinema destinato a passare alla storia (e che non riveleremo per rispettare la richiesta del regista).

Il racconto è pieno di salti temporali, in avanti e indietro, e come al solito porta cambiamenti alla storia. Sul set si incrociano personaggi favolosi interpretati da Al Pacino, Dakota Fanning, Kurt Russell, e Luke Perry poco prima della sua scomparsa. Per godere della presenza di tutti occorrerà aspettare il 19 settembre, mentre gli Usa anticipano al 26 luglio, esattamente  a distanza di 50 anni dai terribili fatti di cronaca che racconta.

Leggi cosa mi è piaciuto del film e cosa meno nel mio articolo per GQ.it

Pubblicato il 22 maggio 2019

© Riproduzione riservata

James Marsden, «Il tempo rende migliori»

17 mercoledì Apr 2019

Posted by cristianaallievi in cinema, Lusso, Moda & cinema, Personaggi

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Al Pacino, Brad Pitt, C'era una volta a Hollywood, interviste illuminanti, IWC, James Marsden, Laureus, Leonardo di Caprio, Montecarlo, Quentin Tarantino, Sport

L’evoluzione di James Marsden, l’uomo che dalla trilogia di X-Men e Superman passa direttamente a Quentin Tarantino.

«Grazie per non avermi chiesto quale supereroe vorrei essere nella vita». La fine della conversazione con James Marsden illumina tutto ciò che è venuto prima. Siamo a Monaco, dove ha appena presentato la Laureus World Sports Awards, la notte degli Oscar dello Sport. Un universo a cui è stato introdotto dal marchio del lusso IWC, «da cinque anni sono come una famiglia per me, e voglio guardare alla mia carriera con lo stesso orgoglio con cui loro guardano alle loro creazioni».  46 anni e altrettanti film all’attivo, è stato uno degli eroi della trilogia di X-Men e di Superman. Ma invece di una conversazione su sport e cinema, come ti aspetteresti da un uomo con il suo fisico, gli occhi color blu mare e i denti di un bianco scintillante, lui rilancia. E snocciola visioni esistenziali più ampie, passando dal baseball ai suoi tre figli, senza schivare il doloroso divorzio, (anche se preferisce non menzionare la parola). Dettagli che spiegano come mai uno come Quentin Tarantino lo abbia voluto in C’era una volta ad Hollywood, il film in cui lo vedremo a fine agosto accanto a Leo DiCaprio, Brad Pitt e Al Pacino.

Che sport ha praticato, da ragazzo? «Sono cresciuto in Oklahoma, lì c’erano molto basket, calcio e baseball. Io ero piccolino di statura in confronto a quei giganti del Midwest, e finivo spesso nelle linee laterali. Ma a dire il vero all’epoca mi interessavano più l’arte, il teatro e la musica. È stato dopo il liceo che ho iniziato ad appassionarmi davvero allo sport, scoprendo di essere molto portato».

E cosa è successo? «Sono diventato molto competitivo, il mio ego è uscito allo scoperto. Le dico solo che la mia fidanzata oggi non vuole nemmeno fare un gioco di società con me, dice che devo sempre vincere». 

Le sue più grandi conquiste, fino a qui? «I miei tre figli, la ragione per cui faccio tutto quello che faccio. Imparo tanto quanto insegno loro, se non di più, essere padre è il cuore della mia identità. Il più grande ha 18 anni, in lui vedo il buono che c’è in me».

Cosa l’ha sorpresa di più di loro, fino a oggi? «Io e la mia ex moglie, con cui oggi c’è per fortuna una buona amicizia, li abbiamo cresciuti tutti allo stesso modo. Ma abbiamo dovuto adattarci leggermente a ciascuno di loro, perché arrivano con un codice personale. E soprattutto ti devi ricordare che quando vengono al mondo non sono più tuoi».

(continua…)

Intervista esclusiva per GQ Italia di marzo 2019.

© Riproduzione riservata

Okja e il mostro Tilda Swinton, volto del capitalismo a due facce

20 sabato Mag 2017

Posted by cristianaallievi in cinema, Festival di Cannes, Riflessione del momento

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animalisti, Bong Joon Ho, Brad Pitt, Cannes2017, capitalismo, Cristiana Allievi, Okja, Tilda Swinton

Il progetto di cui si parla di più in questi giorni al festival è il racconto in stile fantasy (nato 7 anni fa) di un argomento politico, economico e globale

Altissima, abito e stiletti bianchi, capelli platino, Lucy (Tilda Swinton) imbonisce la folla. Siamo nel cuore di New York e la corporation di famiglia di cui è a capo, la Mirando, in passato ha sfruttato i suoi dipendenti e l’ambiente. Ma oggi con lei,esperta di immagine, cambia faccia: a suon di slogan, auricolari da rockstar e sorrisi hollywoodiani. La sua azienda metterà fine al problema della fame nel mondo grazie a un maialino trovato in Cile e destinato a trasformare l’impatto ambientale della produzione di carne nell’arco dei successivi dieci anni. Ma i suoi abiti dal taglio clinico non devono confondere: il candore che mostra è una maschera.

Dopo il suo monologo pirotecnico lo spettatore è trasportatonella quiete delle montagne coreane, per essere catturato dal cuore della storia: tredicenne Mija e Okja, l’animale che dà il titolo al film in concorso del regista coreano Bong Joon Ho che a Cannes ha incendiato le polemiche (anche per un errore tecnico che ha fatto sospendere e ricominciare la proiezione a pochi minuti dall’inizio, con grandi fischi in sala).

Mija gioca felice con il suo amico enorme, un incrocio tra un ippopotamo e un maiale. Okja ricambia l’affetto della sua amica e con l’intelligenza speciale di cui è dotato le salva anche la vita. A rompere l’idillio, però, arriva uno scienziato-star della tv (Jake Gyllenhaal) assunto dalla Mirando per mostrare al mondo il prossimo livello di produzione della carne sul pianeta, presentato come miracoloso.

Mija non sapeva che il suo amico le sarebbe stato strappato via, ed è disposta a tutto per non perderlo. In uno dei suoi momenti di disperata rincorsa dell’animale incrocia un team di animalisti capitanati da Jay (Paul Dano) e determinato a far emergere la vera intenzione della corporation: fare duri esperimenti di laboratorio e produrre cibo geneticamente modificato per far lievitare le azioni dell’azienda.

Il viaggio della bambina al salvataggio di Okja è molto doloroso, e mostra allo spettattore l’agghiacciante catena del macello e degli esperimenti genetici, senza bypassare certe stranezze anche da parte dell’organizzazione animalista.

C’è chi lo ha definito Okja “il nuovo E.T.”, e ci sta ma non al 100%. L’idea del film prodotto dalla Plan B Entertainment di Brad Pitt, in associazione con Netflix, nasce nel 2011, mentre il regista era ancora impegnato con il suo Snowpiercer, nel 2011. «Ricordo che, pochi giorni dopo l’anteprima del film a Seoul, andando all’aeroporto, Bong Joon Ho mi ha mostrato dei disegni con l’idea iniziale», racconta la Swinton. «Più avanti, ogni volta che ci incontravamo veniva naturale parlarne. Quest’idea del capitalismo con due facceè diventata centrale: una parte che cerca di decorare la sua brutalità, e l’altra che crede che i soldi siano tutto». E questi due aspetti, che la Swinton regala nel doppio ruolo di due sorelle a capo dell’azienda, si vedono all’opera con New York sullo sfondo, contrapposta al paradiso naturale della Corea.

 

Articolo pubblicato su GQITALIA.it

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