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Cate Blanchett, Cavaliere di coppe, Cenerentola, Cinderella, Cristiana Allievi, Elizabeth, favole, Kenneth Branagh, Oscar, Sandy Powell, Terrence Malick
In tanti anni di interviste non avevo mai incontrato una donna come Cate Blanchett. Anzi, una ci sarebbe, Meryl Streep, e quando è successo ho capito perché ogni volta che gira un film le danno un Oscar. Non è un caso, penso, se Blanchett viene definita “la Meryl Streep della sua generazione”. Un marito, tre figli, due statuette d’oro e una stella sulla Walk of Fame di Hollywood, la diva australiana, al cinema il 12 marzo nel ruolo di matrigna nel nuovo Cenerentola, diretto da Kenneth Branagh, è una forza della natura. E con gli anni è diventata più sicura di se stessa, decisamente più ironica. Quando, più di 15 anni fa, vinse l’Oscar per Elizabeth, quasi non pronunciò parola, sopraffatta dall’emozione. Ma quando l’anno scorso ha fatto il bis con Blue Jasmine, la prima frase che ha detto, salita sul palco, è stata: “Sedetevi tutti, siete troppo vecchi per stare in piedi”, facendo scoppiare la platea in una sonora risata. In una delle sue apparizioni allo show televisivo di David Letterman si è lanciata in una gag, inginocchiandosi appena lui l’ha invitata in studio. E alla prima mondiale diCenerentola a Berlino, città che adora e in cui passa lunghi periodi di vacanza con il marito sceneggiatore Andrew Upton, ha regalato al pubblico più di uno show. Per esempio sul red carpet lei, che è altissima, non ha sopportato i tacchi vertiginosi di Givenchy: si è tolta tutto, ha proseguito spedita a piedi nudi, per poi giocare infilandosi una sola scarpetta, proprio come farebbe Cenerentola. E come ha risposto a chi, forse per punzecchiarla, le ha chiesto perché la produzione Disney ha preferito Lily James a lei come protagonista del film? Con un semplice gesto, mimando un lifting, ovvero tirandosi il contorno del viso con il pollice e l’indice. Blanchett, che è diventata bravissima nello sfuggire ai giornalisti, è una delle attrici più trasformiste del momento. In autunno la vedremo in Cavaliere di Coppe, il prossimo film di Terrence Malick. Sarà la moglie di un Christian Bale schiavo di Hollywood e schiacciato dalla vacuità di quel mondo. Sommessa e silenziosa, interpreta una delle due donne che contano nella vita del protagonista. E il suo ruolo, quello di medico in un ambulatorio per poveri, sottolinea la concretezza del suo impegno nella vita, molto diversa da quella superficiale del marito. In Cenerentola, invece, l’attrice non ha niente di dimesso o sottotono: capelli rossi, piglio aggressivo, è una straordinaria Lady Tremaine, versione aggiornata della matrigna della celebre favola. Il look di Blanchett (e di tutto il cast) lascia senza fiato e ne amplifica la bravura. Appena lei entra in scena, se la prende tutta. Quando incontro Cate per questa intervista è tornata bionda, indossa una camicia bianca e ampi pantaloni palazzo neri. Mi sembra ancora più alta di come la ricordavo.
Lei è perfetta in versione crudele. Come è riuscita ad apparire così naturale?
«Osservo tutto quello che mi circonda sul set, guardo come è stato costruito. Sono dettagli fondamentali per mettere a fuoco il mio personaggio. All’inizio delle riprese mi sono detta: “Se qui sono tutti così bravi, sarà il caso che mi dia una mossa” . Parlo molto anche con gli altri attori. Dalle conversazioni, anche quelle apparentemente banali, mi arriva molto. Se facessi delle prove da sola in bagno davanti allo specchio non riuscirei a raggiungere gli stessi risultati».
Quando era bambina le raccontavano le favole? «I miei genitori ogni domenica sera ci facevano guardare in televisione i cartoni animati della Disney, ma Cenerentola non è tra i personaggi che ricordo. Incarnava un modello femminile un po’ vittimistico che non piaceva a mamma e papà. Per questo ho apprezzato come Lily James ha affrontato questo ruolo, dandogli una nuova dignità. Mentre Kenneth Branagh, con la sua regia, ha scavato nella psicologia dei personaggi, rendendoli molto attuali».
La vestaglia di leopardo che indossa Lady Tremaine è destinata a diventare un abito icona. «Nasce da un’idea di Sandy Powell, costumista geniale candidata nove volte agli Oscar. Ma soprattutto è uno di quei vestiti ai quali una donna difficilmente sa resistere. Per ispirarci io e Sandy abbiamo passato in rassegna i look di attrici leggendarie come Marlene Dietrich, Joan Crawford e Barbara Stanwyck, donne che ammiro ancora oggi e che hanno nel dna il senso del mistero».

Cate Blanchett nei panni di Lady Tremaine, nella nuova Cenerentola di Kenneth Branagh (courtesy of turntherightcorner.com)
Perché le favole classiche piacciono tanto a Hollywood? «Toccano temi molto complessi e affrontano risvolti psicologici complicati. Infatti i miei tre figli maschi si sono addormentati con La bella e la Bestia, Cenerentola e Biancaneve».
Sono storie diverse da quelle che si raccontano ai bambini di oggi?
«Ho la sensazione che ultimamente si tenti di far sentire i bambini degli eroi con superpoteri, evitando temi come la tristezza e dipingendo il mondo come un posto perfetto. Sono orgogliosa di fare parte di un film che lancia un altro tipo di messaggio, cioè che la gentilezza è il vero superpotere che conta. E non è tutto. Come ci raccontano le favole di una volta, il mondo può essere un posto tremendo. Ci vuole coraggio per vivere, per cadere e sapersi rialzare».
Il tema del dolore è centrale negli ultimi due film che ha interpretato.
«Nel caso di Cavaliere di Coppe è il filo conduttore di tutta la storia. Mentre in Cenerentola serve a nobilitare i personaggi, svela quello che la storia classica non ci aveva raccontato. La matrigna è una vedova con due figlie. La sua grande paura sono l’amore e l’affetto che il nuovo marito prova verso la figlia, bella e gentile come lei, purtroppo, non potrà più essere».
Ci sta dicendo che non esistono persone semplicemente cattive?
«Proprio così. C’è sempre una motivazione dietro le quinte. Trovo molto interessante mettere a confronto una ragazza dall’animo splendido con una donna che diventa brutta e perversa. Mi interessava capire che cosa può trasformare una persona. La gelosia e la paura di diventare poveri o di essere abbandonati diventano armi letali».
La gelosia, un altro tema che lei ha incarnato più di una volta. Che idea se n’è fatta? «Dobbiamo capire qual è la radice di questi sentimenti, altrimenti il rischio è di diventare persone spregevoli. Spesso tra donne facciamo troppi confronti e, peggio ancora, proiettiamo la nostra infelicità sulle altre».
Com’è stato lavorare con il regista Terrence Malick in Cavaliere di Coppe?
«È come vivere in un altro mondo. Terrence sa sempre in ogni momento che cosa vuole e che cosa sta cercando. Ma tiene gli attori all’oscuro di tutto, non ti lascia nemmeno una riga di testo a cui appigliarti, vuole vedere come ti muovi in ogni momento. Il set per lui è improvvisazione allo stato puro. Però è un regista molto stimolante. Anche se è all’opposto di Woody Allen, che ti dà in mano un copione perfetto e che rende tutto infinitamente più facile».
Sa che esistono solo 19 donne che hanno vinto più di un Oscar?
«È vero. Ma mi sta chiedendo se mi incontro a pranzo con le altre per raccontarcelo?».
E allora mi dica qual è la prima domanda stupida che le ha mai fatto un giornalista. «È successo durante un’intervista per Elizabeth. Una sua collega mi ha chiesto: “Nel film lei si muove in modo lentissimo, mentre oggi è entrata nella stanza correndo. Ha trovato difficile rallentare?”».
Oddio, e che cosa ha risposto? «È stato in quel momento che ho iniziato a respirare profondamente prima di rispondere, sempre educatamente, a molte altre domande così».
Quando ci lasciamo ho una certezza in più. Cate scherza moltissimo, ma è molto attenta. Se chi ha davanti è assente o superficiale, lei si chiude a riccio, parla ma non si rivela. Ma se l’interlocutore è interessato e presente, lei è generosa. E pronta a farti ridere fuori programma.
11 marzo 2015 su Grazia
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