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Viginie Efira, Le mille sfumature di una donna

06 lunedì Mag 2024

Posted by Cristiana Allievi in arte, Attulità, Cannes, cinema, Cultura

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attualità, cinema frnacese, Cristiana Allievi, figli, Il coraggio di Blanche, interviste illuminanti, madri, mariti, matrimonio, Niente da perdere, Valerie Donzelli, violenza, Virginie Efira

di Cristiana Allievi

«Ogni cosa, se osservata per abbastanza tempo, diventa interessante». La citazione di Gustave Flaubert sembra spiegare alla perfezione le scelte di Virginie Efira, attrice capace di gestire con grazia ruoli trasgressivi come quello di una suora italiana lesbica e ricca di fantasie erotiche, vissuta nel diciassettesimo secolo e poi accusata di blasfemia: la Carlini che ha incarnato in Benedetta. E proprio il regista del film, Paul Verhoeven, è stato colui che anni prima l’aveva trasformata da mattatrice della tv belga in una delle attrici più quotate Oltralpe, grazie a Elle (premio Cesar e miglior film straniero ai Golden Globe) e al ruolo di moglie dell’uomo sessualmente soddisfatto da Isabelle Huppert. Maggio è il mese della consacrazione di Efira grazie a due film in uscita: dal 2 è al cinema con Il coraggio di Blanche (Movies Inspired), film in Concorso a Cannes nel 2023. Tratto dal romanzo di Éric Reinhardt L’amore e le foreste (Salani), il lungometraggio di Valerie Donzelli è una storia di violenza domestica e psicologica, un viaggio nella mente di una donna che pensa di aver trovato l’uomo perfetto (l’ottimo Melvil Poupaud, che vedremo presto nei panni di un candidato alle presidenziali francesi nel film sul libro scritto da un ex primo ministro di Macron). Blanche lascia la sua famiglia e la sorella gemella con il sogno di farsi una nuova vita ma pian piano, e a fatica, realizzerà di avere accanto un uomo pericoloso che sta cercando di chiuderla progressivamente in una prigione. L’interpretazione di Efira è fisica, toccante e magnifica, e rende bene anche i rischi dell’immaginario in questo viaggio che è una specie di contraltare di Inferno di Chabrol, in cui il punto di vista della gelosia era quello maschile.
Dal 16 maggio sarà poi nelle sale anche Niente da perdere (Wanted cinema) un’altra storia di grande impatto emotivo in cui Efira si fa dirigere da una regista al primo lungometraggio, Delphine Deloget, per affrontare il dramma sociale della protezione dei bambini e l’ostilità di un sistema ottuso. Sylvie è una madre single di due figli difficili, una notte mentre è a lavorare e loro sono a casa da soli il piccolo ha un incidente domestico. In seguito a una denuncia, il bambino viene mandato in un istituto. Per Sylvie è l’inizio di un incubo che la rende instabile: combatterà con le forze che ha una lunga e dura battaglia amministrativa e legale per riportare a casa suo figlio e dimostrare la sua capacità di madre al mondo intero.

(continua…)

Intervista per Sette Corriere della Sera

@Riproduzione riservata

Denti da squalo, perché vedere questo film

05 lunedì Giu 2023

Posted by Cristiana Allievi in Attulità, cinema, Cultura

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Tag

attualità, cinema, Claudio Santamaria, davidegentile, Denti da squalo, interviste illuminanti, Regia, registi, Squalo, Wired

di Cristiana Allievi

È UN BUON ESORDIO ALLA REGIA, QUELLO DI DAVIDE GENTILE. IN QUESTO ARTICOLO PER WIRED SPIEGO IL PERCHÉ

.

Se uno dei protagonisti della storia che racconterai è uno squalo, hai più di un problema da affrontare in partenza. Per esempio, come farlo incontrare con il suo coprotagonista, un bambino di 13 anni di nome Walter, senza che quest’ultimo diventi prelibato cibo per predatori. Ma anche come far muovere agevolmente il grosso pesce in un habitat naturale mentre funge da coscienza per il suo coprotagonista, e che quindi deve avere lo spazio e il tempo per osservarlo. Questa ricerca ha segnato l’esordio alla regia di Davide Gentile, classe 1985, che fino a qui si era misurato con cortometraggi e pochissimi attori, non potenzialmente voraci come quello che incontriamo in Denti da squalo.

Walter è un bambino introverso che ha perso suo padre da poco e vive con la madre, con cui cerca di riappacificarsi mentre tenta di guarire anche il trauma della perdita.

La prima inquadratura del film lo vede sulla spiaggia (con un veloce passaggio sul vero padre del protagonista, Tiziano Menichelli, e poco dopo sul vero padre del regista, Enzo Gentile, intento a leggere il giornale). Poi si vedono la casa di Walter, lui che si cambia e che sfreccia con la sua bicicletta nella macchia del litorale romano. Arriva davanti a un cancello chiuso, passa attraverso un buco della recinzione e si ritrova in una villa. C’è una bella piscina sulla cui superficie galleggiano molte foglie, Walter si tuffa e quando si volta vede arrivare verso di sé la pinna di uno squalo.

Una lavorazione complessa

«La domanda che ci siamo fatti era come realizzarlo, abbiamo pensato di utilizzare un vero esemplare erbivoro, ma non me la sono sentita. Se ci fosse stato un incidente con il bambino sarebbe stato terribile, uno squalo vero non è controllabile, e forse non ci avrebbero nemmeno assicurati», racconta il regista. «Siamo passati all’idea di costruirlo con l’animatronica, ma non avrebbe funzionato. La soluzione vincente è stata mescolare le tecniche, lavorare in animatronics con la computer grafica. In Italia gli effetti speciali non sono mai stati fatti a quei livelli, e noi dovevamo lavorare come a Hollywood ma senza i loro mezzi.  Mi hanno proposto una casa di produzione molto piccola ed ero in apprensione, invece hanno lavorato molto bene, sapendo che il risultato avrebbe cambiato la loro carriera, oltre che la mia».

(continua…)

Puoi leggere l’integrale a questo link Wired.it

Eva conto Eva (Green, naturalmente)

03 sabato Mar 2018

Posted by Cristiana Allievi in Cannes, cinema, Festival di Cannes, Personaggi

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Attrici, attualità, cinema, Cristiana Allievi, dark lady, Eva Green, Festival di Cannes, Roman Polanski

 

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Eva Green, 37 anni, al cinema con Quello che non so di lei di roman Polanski (photo courtesy Pinterest). 

C’E’ L’ATTRICE CHE AL CINEMA INTERPRETA SEMPRE RUOLI DA DISINIBITA LADY DARK. E POI C’E’ LA VERA GREEN: CHE NELA VITA E’ RISERVATA, AMA GUARDARE LE SERIE TV DI NETFLIX ED È BIONDA NATURALE.

«Mi tingo da quando avevo 15 anni, ma sono una bionda naturale». Una frase apparentemente insignificante potrebbe essere la spiegazione a un marchio di fabbrica che si porta addosso. Perché se cercano una donna complicata, che potrebbe avere un lato omicida o soprannaturale, Eva Green è in cima alla lista delle attrici. Non meraviglia quando racconta che Shining l’ha traumatizzata quando era piccola, ma che allo stesso tempo Jeff Nicholson è il motivo per cui è diventata un’attrice. Nata in Francia 37 anni fa, è figlia dell’attrice Marlène Jobert e di Walter Green, dentista. Ha mosso i primi passi in teatro finchè non ha incontrtato Bertolucci che l’ha scelta per The Dreamers, e da lì in avanti i registi le hanno chiesto (spesso) di spogliarsi mentre lei si è aggiudicata vari ruoli da femme fatale. Ma è stata capace di attraversare tutti i generi del cinema, dai film indie a quelli d’autore, passando per i blockbusters. Ha convinto come Bond Girl (Casino Royale) e come medium a caccia di demoni (Penny Dreadful), ma anche come “strega” nei film di Tim Burton (Dark Shadows e Miss Peregrine’s Home for Peculiar Children), regista che l’attrice francese frequenta da un po’. «È vero che mi sento sempre un po’ come se galleggiassi, e mi piacerebbe essere più radicata. Ma se non succede è per colpa della mia timidezza». Dall’1 marzo sarà Leila in Quello che non so di lei, il thriller psicologico di Roman Polanski prodotto da Leone Film Group con Rai Cinema, presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes. Tratto dal romanzo di Delphine De Vigan e basato sulla sceneggiatura di Olivier Assayas, è un lungo testa a testa fra questa donna misteriosa che appare dal nulla e Delphine (Emanuelle Seigner), scrittrice di romanzi che dopo aver pubblicato un best seller ha un blocco creativo. Leila riuscirà a infilarsi nella sua vita e a diventare una presenza indispensabile quanto inquietante.

Quello che non so di lei è una storia fra donne ma anche una storia di manipolazione e ambiguità: aveva mai pensato di impossessarsi della vita di qualcun altro? «Mai, è un gesto estremo. Anche se nella vita vera sono una donna ossessionata, riconosco che Leila è un vampiro, non è sana».

In che senso lei è ossessionata? «Lo sono per qualsiasi cosa, e in certi casi ti aiuta a raggiungere obiettivi che non raggiungeresti altrimenti, ma in altri è un atteggiamento fuori misura. In amore, per esempio, l’ossessione e l’eccesso di controllo sono pericolosi».

Leila ha un rapporto morboso e ambiguo con l’amica, c’è qualcosa in cui le assomiglia? «Direi di no, lei sè sofisticata, e in un certo senso si “mangia” Delphine. Questo è un racconto di un lato ossessivo femminile, che tutte abbiamo sperimentato almeno una volta, da giovani. Mi viene in mente Réspire di Melanie Laurent, in cui la relazione diventa sempre più tossica, e come dicevo prima, l’ossessione è spaventosa e pericolosa».

(…continua)

Intervista pubblicata su D LA REPUBBLICA del 3 marzo 2018

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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