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Eva Green, 37 anni, al cinema con Quello che non so di lei di roman Polanski (photo courtesy Pinterest).
C’E’ L’ATTRICE CHE AL CINEMA INTERPRETA SEMPRE RUOLI DA DISINIBITA LADY DARK. E POI C’E’ LA VERA GREEN: CHE NELA VITA E’ RISERVATA, AMA GUARDARE LE SERIE TV DI NETFLIX ED È BIONDA NATURALE.
«Mi tingo da quando avevo 15 anni, ma sono una bionda naturale». Una frase apparentemente insignificante potrebbe essere la spiegazione a un marchio di fabbrica che si porta addosso. Perché se cercano una donna complicata, che potrebbe avere un lato omicida o soprannaturale, Eva Green è in cima alla lista delle attrici. Non meraviglia quando racconta che Shining l’ha traumatizzata quando era piccola, ma che allo stesso tempo Jeff Nicholson è il motivo per cui è diventata un’attrice. Nata in Francia 37 anni fa, è figlia dell’attrice Marlène Jobert e di Walter Green, dentista. Ha mosso i primi passi in teatro finchè non ha incontrtato Bertolucci che l’ha scelta per The Dreamers, e da lì in avanti i registi le hanno chiesto (spesso) di spogliarsi mentre lei si è aggiudicata vari ruoli da femme fatale. Ma è stata capace di attraversare tutti i generi del cinema, dai film indie a quelli d’autore, passando per i blockbusters. Ha convinto come Bond Girl (Casino Royale) e come medium a caccia di demoni (Penny Dreadful), ma anche come “strega” nei film di Tim Burton (Dark Shadows e Miss Peregrine’s Home for Peculiar Children), regista che l’attrice francese frequenta da un po’. «È vero che mi sento sempre un po’ come se galleggiassi, e mi piacerebbe essere più radicata. Ma se non succede è per colpa della mia timidezza». Dall’1 marzo sarà Leila in Quello che non so di lei, il thriller psicologico di Roman Polanski prodotto da Leone Film Group con Rai Cinema, presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes. Tratto dal romanzo di Delphine De Vigan e basato sulla sceneggiatura di Olivier Assayas, è un lungo testa a testa fra questa donna misteriosa che appare dal nulla e Delphine (Emanuelle Seigner), scrittrice di romanzi che dopo aver pubblicato un best seller ha un blocco creativo. Leila riuscirà a infilarsi nella sua vita e a diventare una presenza indispensabile quanto inquietante.
Quello che non so di lei è una storia fra donne ma anche una storia di manipolazione e ambiguità: aveva mai pensato di impossessarsi della vita di qualcun altro? «Mai, è un gesto estremo. Anche se nella vita vera sono una donna ossessionata, riconosco che Leila è un vampiro, non è sana».
In che senso lei è ossessionata? «Lo sono per qualsiasi cosa, e in certi casi ti aiuta a raggiungere obiettivi che non raggiungeresti altrimenti, ma in altri è un atteggiamento fuori misura. In amore, per esempio, l’ossessione e l’eccesso di controllo sono pericolosi».
Leila ha un rapporto morboso e ambiguo con l’amica, c’è qualcosa in cui le assomiglia? «Direi di no, lei sè sofisticata, e in un certo senso si “mangia” Delphine. Questo è un racconto di un lato ossessivo femminile, che tutte abbiamo sperimentato almeno una volta, da giovani. Mi viene in mente Réspire di Melanie Laurent, in cui la relazione diventa sempre più tossica, e come dicevo prima, l’ossessione è spaventosa e pericolosa».
(…continua)
Intervista pubblicata su D LA REPUBBLICA del 3 marzo 2018
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