Tag
7 uomini a mollo, cinema, Cristiana Allievi, Grazia, Il gioco delle coppie, piccole bugie fra amici

L’attore e regista francese Guillaume Canet, 45 anni.
«Tutti oggi vogliono essere belli, con denti bianchissimi, muscoli guizzanti e senza capelli grigi. Trovo spaventoso questo voler essere così uguali, e se penso che solo poco tempo fa avere un po’ di peso in più era simbolo di successo e di ricchezza, è un cambiamento incredibile». Guillaume Canet non è il classico bad boy che cerca di stenderti al primo colpo. È un uomo d’altri tempi che ha a cuore sentimenti, ragionamenti e amicizia, e il cui fascino ha ritmi più lenti.
Figlio di allevatori di cavalli, Guillaume avrebbe voluto fare il fantino di professione ma un incidente a cavallo lo ha fermato e costretto a cambiare direzione. Da attore ha più di 40 film all’attivo, fra cui Amami se hai il coraggio e Last Night, e ha appena completato il sesto da regista, continuazione di quel Piccole bugie fra amici che ebbe un tale successo da lanciarlo a livello internazionale. Ex marito di Diane Kruger, ed ex anche di Carla Bruni, oggi ha due figli con l’attrice premio Oscar Marion Cotillard. Abbiamo capito molto di che padre è guardandolo in Mio figlio di Christian Carion, nei panni di un uomo a cui avevano rapito il figlio. All’oscuro della trama del film, che il regista gli svelava passo a passo, ci ha mostrato le sue vere reazioni, mentre si trasformava in una specie di giustiziere.
E molto di lui c’è anche in 7 uomini a mollo di Gilles Lellouche, film corale applaudito all’ultimo festival di Cannes nella sale dal 20 dicembre. Qui è un manager con problemi di rabbia che gli sono costati il matrimonio, si iscrive a un corso di nuoto sincronizzato e con altri uomini, tutti ex maci a pezzi, inizia un percorso di amicizia e fratellanza che cambierà i loro destini.
Infine dal 3 gennaio sarà un intellettuale che specula sul futuro dell’editoria (e non solo) in Il gioco delle coppie, di Oliver Assayas. «Marion ha riso moltissimo ascoltando i miei discorsi nei panni di Alain, non potrebbe essere più lontano da come sono nella vita vera», racconta a proposito del film, in Concorso all’ultima Mostra di Venezia, che ironizza e fa riflettere sulla rivoluzione della comunicazione, lo strapotere dei social e l’agonia del cartaceo, in un mondo in cui un tweet sembra più determinante della buona recensione di un intellettuale. Guillaume è un editore parigino di successo che sta con un’attrice (Binoche) ma ha una relazione segreta con Laure (Christa Theret), esperta di editoria digitale.
Partiamo dall’impatto che ha su di lei la rete. «Un grande impatto direi, oggi si sa che puoi suicidarti buttando una frase in rete, su Twitter o in Instagram. Fai una battuta e vieni subito frainteso, devi stare molto attento».
Come gestisce i suoi social, in questo quadro?«Mostro molto del mio lavoro e delle mie passioni, ma non la mia vita privata. Si sa troppo degli attori e il rischio è pensare a cosa fanno nel loro salotto anziché guardare quello che stanno facendo su uno schermo. Ho visto persone che amo e che rispetto condividere tutto su Instagram, ho pensato che si fossero rincretiniti».
Come se lo spiega? «Li vedo spaventati all’idea di perdere il contatto con gli altri, e quando qualcuno è così spaventato è perché ha bisogno d’amore. Condividi la vita privata per sentirti amato, ma milioni di likes non bastano se non sei tu ad amare te stesso, e mi sembra che molti di coloro che vivono sui social non abbiano abbastanza rispetto per sé. Io preferisco che mi amino i miei figli, sinceramente. Allo stesso tempo la questione è delicata, sembra che tu debba essere parte di tutto questo, altrimenti svanisci».
L’anno scorso ha fatto un film da regista che affrontava la fragilità dell’ego di un personaggio pubblico, Rock’n’ roll, protagonisti lei in versione nevrotica e Marion Cotillard sua compagna. «È iniziato tutto da un’intervista. Una giornalista mi ha elencato cose che era certa fossero accadute nella mia vita, e che in realtà non erano mai successe, e ha concluso dicendo “certo che fra moglie, figli e cavalli, non sei un tipo molto rock and roll…”. È scattato qualcosa in me, mi sono detto “sapete cosa? Volete vedere chi sono? Ora vi faccio entrare in casa mia e vi mostro chi sono”. Dopo tanti anni di proiezioni pubbliche su di me, ho voluto giocare io con la mia immagine».
E come è andata? «Chi ha letto la sceneggiatura mi ha detto che avrei rovinato la mia carriera, gli ho risposto che non avevo niente in contrario! Nella prima parte ci siamo io e Marion che viviamo le nevrosi della celebrità, poi da metà film si scopre che è tutta una finzione. E sa una cosa? Molti hanno amato il film e chi non l’ha fatto curiosamente non ha apprezzato la seconda parte, quella in cui si capiva che era tutta una finzione».
Non è stata la prima volta in cui lei rischia grosso. Dopo Piccole bugie fra amici, un grande successo, poteva girare la parte due, o una commedia, invece ha deciso di girare Blood ties… «Un film difficile, in inglese e negli Usa, dove nessuno mi conosceva. È stato ricevuto male da pubblico e critica e nonostante sia molto critico nei confronti del mio lavoro, mi è sembrato davvero eccessivo, e mi ha mandato in depressione. Non volevo sentir più parlare di cinema, per un anno sono tornato ai miei cavalli, ho girato l’Europa facendo gare e dormendo nel mio furgone. Tempo dopo è arrivata la provocazione di Rock’n’roll».
Tornando ai social, come vi regolate con i vostri figli? «Per fortuna sono troppo piccoli, hanno 7 anni e 20 mesi, ma io sono già preoccupato. «Cerco di insegnar loro il giusto equilibrio, a essere focalizzati sin da piccoli sul positivo, considerato il numero di teeneger che si suicida perché non sopporta la mole di odio in circolazione è complicato. L’unico modo per proteggerli è mostrare loro le cose belle della vita, i fondamentali, fargli capire la differenza fra il mondo concreto e quello parallelo degli haters».
7 uomini a mollo mette in evidenza idee sui canoni estetici e lo fa per contrasto, mostrando fisici di uomini molto ordinari. La pressione sull’essere in forma è aumentata anche per gli uomini? «Non credo in particolar modo in Francia. Per le attrici è sempre stato difficile invecchiare, a causa del grande schermo, che amplifica, ma da un po’ le cose sono cambiate anche per gli uomini. So che in Usa attori famosi hanno già nei loro contratti la clausola secondo cui la produzione deve cancellare i loro difetti fisici, e visto che in Francia arriva tutto 10 anni dopo, stiamo a vedere: sta iniziando con le attrici, arriverà anche a noi. Comunque intorno a me vedo sempre più gente che cade in depressione, e i social, uniti a questa corsa continua che consuma tutto, non aiutano».
Ci stiamo avvelenando? «Dimentichiamo di vivere il presente, stiamo sempre a pensare a cosa faremo fra un minuto, e non respiriamo. Qualche giorno fa ero nel sud della Francia, stavo guardando mio figlio e mi sono perso a pensare a come sarebbe stato fare una serie di cose che dovevo fare i giorni successivi. Non mi sono nemmeno accorto del percorso fatto per arrivare nel bosco, per tutto il tragitto ero rimasto nella mia mente, non mi sono goduto niente del mio ultimo momento di verde. Mi sono seduto su una panchina, e mi sono preso tempo per tornare al momento presente».
In che modo è utile? «Torni a respirare, a sentire i passi che facciamo, gli odori, a vedere i colori ci ricordano. Serve a tornare a coltivare il nostro istinto».
Cosa la aiuta in questo senso? «Ho iniziato a praticare Qi Gong, faccio 18 esercizi ogni mattina. Da quattromila anni in Cina sanno che quando hai un problema fisico è perché la tua energia è bloccata da qualche parte, e se non ci fai qualcosa ti ammalerai. Gli esercizi che faccio sono come respirare, e alla fine dei 20 minuti ho le mani che vibrano di energia e la faccia piena di vita. Sa una cosa? Se viviamo bene il chirurgo estetico non serve».