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DAVID GARRETT, IL VIOLINISTA PIU’ ROCK DELLA CLASSICA CROSSOVER, È IN TOUR ANCHE IN ITALIA PER I SUOI PRIMI 10 ANNI DI CARRIERA. DIVISA TRA RIGOROSA DISCIPLINA E ISTINTO (MOLTO) RIBELLE
di Cristiana Allievi

«Siamo andati tutti a scuola. E sappiamo che svegliarsi alle 7.30 pensando alla lezione di matematica non è sempre meraviglioso. Ma questa è la disciplina che ci insegnano, e per il violino vale lo stesso: ci sono giorni in cui ti piace e molti in cui vorresti fare tutt’altro. Ma per imparare qualcosa devi lavorare tutti i giorni, ogni settimana, ogni mese. E devi progredire». Ho appena chiesto a David Garrett, rockstar del violino, cosa ne pensa della disciplina che governa la sua vita, da sempre. Perché a 4 anni suonava già, a 7 era nel Conservatorio di Lübeck e a 11 anni aveva in mano uno Stradivari da quattro milioni di dollari. Due anni dopo era il più giovane concertista mai scritturato dalla Deutsche Grammophon, la regina delle etichette di classica. E la tecnica acrobatica che lo contraddistingue, e che vedremo in Italia nelle due tappe del suo Unlimited – Greatest hits – live, il tour mondiale con cui celebrerà dieci anni di musica crossover (il 15 settembre all’Arena di Verona e il 17 alla Reggia di Caserta), se l’è sudata fino all’ultima nota. Madre ex ballerina americana (da cui David ha ereditato il cognome come nome d’arte) e padre, avvocato tedesco e titolare di una casa d’aste (dal cognome impronunciabile), hanno avuto un ruolo centrale nella sua crescita. «Se mi hanno spinto? Certo, si sono preoccupati che avessi i migliori insegnanti possibili. È stato stressante? Sì. È stato scomodo? Anche. Ho sentito pressione? Direi di sì. Ma le dico anche che, voltandomi indietro, rifarei tutto». Se si scovano le copertine dei suoi dischi di 15 anni fa, con i capelli corti e scuri, per non parlare dei live in cui sembrava depresso, si stenta a credere a chi si ha di fronte oggi: un biondo con i capelli raccolti dietro la nuca, una camicia bianca e i jeans attillati, che sembra Curt Cobain. Con la differenza che David ride di più. Il salto è avvenuto a partire dai 17 anni, quando è stato espulso dalla Royal College of Music: lì ha deciso di prendere la sua vita in mano, iscrivendosi alla Julliard, una specie di Harvard della musica. Maestri leggendari a parte (il violinista Itzhak Perlmann), in America Garrett ha scoperto i Led Zeppelin e Jimi Hendrix. Per questo oggi riempie gli stadi con lo Stradivari che diventa la “voce” di Axl Rose, Sting e Micheal Jackson. Un atto di ribellione a tutti quei severi anni di studi e di reclusione? «Non è così, semplicemente io amo la musica, tutta: dal jazz al pop, dalla classica alla musica dei film», racconta sorridente. «E da musicista trovo innaturale non suonare le cose che amo ascoltare».
(continua…)
Intervista pubblicata su D La Repubblica del 14 settembre 2019
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