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Otto donne legate da un elegante filo rosso. Come eroine resistenti al passare del tempo, sono sostenute da un talento radicale. Il racconto di queste pagine illumina tutti gli aspetti delle loro vite, non risparmia gli abissi e illumina le vette, mettendo in risalto sfaccettature del loro esistere che nemmeno i più fidati collaboratori conoscevano

Quando si pensa a una persona di successo si cade spesso nella trappola di credere che questo successo sia come uno status, un club a cui si appartiene per diritto, e da cui tutti gli altri sono esclusi per destino. I social media stanno contribuendo a sgretolare questa idea, diluendo il potere attrattivo dei “numeri uno”: con i loro interventi virtuali, ogni giorno milioni di persone ci informano di essere altrettanto degne di attenzione, perché hanno incontrato i loro amici del liceo dopo 40 anni (e sì, ci vuole coraggio), hanno iniziato una nuova relazione, hanno finalmente ottenuto la promozione che aspettavano da anni: chi può negare che anche questi siano successi?
Ma quello che si indaga in Incontri con donne straordinarie è qualcosa che ha un’altra natura e proviene da altre realtà. Senza anticipare come le otto eccellenze italiane sono arrivate a certi traguardi, basti sapere che sono state passate al microscopio in quelle che definisco “interviste illuminanti”: ovvero incontri capaci di portare luce su aspetti su cui si tende troppo spesso a sorvolare, perdendo il punto. In questi incontri, e grazie a queste parole, si arriva vicino, molto vicino, alla persona di cui si narra. E anche quando sembra che ci si stia allontanando dal cuore del racconto più personale, in realtà si sta percorrendo un perimetro che permette di mettere ancora più a fuoco la donna che si ha di fronte, di vederla in un contesto allargato che evidenzia ancora meglio la sua specificità, e quindi grandezza. Non a caso Fellini è il nostro regista più amato e imitato al mondo: raccontava storie molto personali e locali, e proprio per questo è ancora incredibilmente universale.
In questo gioco di avvicinamento e allontanamento, il libro definisce sempre meglio una domanda: cos’è, davvero, il successo? E le persone che lo hanno ne sono consapevoli o è solo una proiezione che arriva dall’esterno, dagli altri? Ciò che emerge rende evidente che l’argomento va osservato più attentamente, soprattutto perché secondo l’autrice nasconde una grande potenzialità: quella di scoprire, e vivere, il proprio talento, che con il successo può, o meno, accordarsi.
Questa prospettiva apre uno scenario nuovo, molto più attivo e di presa di responsabilità: vivere il talento, e metterlo a disposizione della società in cui si vive, è un grande lavoro, più o meno consapevole, su se stessi. Richiede, come cantava il grande Battiato, di “emanciparsi dall’incubo delle passioni”, ognuno le proprie. Implica il confrontarsi con idee limitanti, come il senso di “non essere abbastanza”, di non valere, di non essere amati, capiti, sostenuti, approvati dagli altri… Tutte “voci” che, sotto sotto, hanno costruito la nostra idea di chi siamo, e che minano la nostra reale forza. Passioni che anche le otto donne che si incontrano in queste pagine hanno affrontato, e che ciascuna a modo proprio ha in qualche modo superato.
Ecco perché queste donne possono essere d’esempio per molti, come a ricordare qual è il lavoro che non ci si può risparmiare, quando si parla di successo: nessuno può più dormire con la scusa “tanto io non faccio parte del club”. Anche l’invidia, una maledetta passione stimolata dalla contemporaneità, in quest’ottica sta ad indicare che stiamo mancando un punto, ci stiamo tirando indietro su qualcosa: in pratica non stiamo esprimendo il nostro potenziale come potremmo.
Scelgo la parola “club” perché fa venire in mente stanze in cui uomini ben vestiti fumano sigari e stringono affari, avvolti dalla cortina di fumo. Prima del movimento #MeToo il successo era una parola che faceva volare l’immaginazione verso figure maschili e le loro aziende e fatturati, come alle nazioni da guidare, alle strategie di guerre da combattere, ai mercati da conquistare, sempre da parte di maschi. Per fortuna anche questo libro indica un cambiamento di direzione, anche in questo senso. Qui si parla di donne che vengono definite straordinarie. La chiave di questa scelta risiede nella loro visione degli obiettivi e dei traguardi, nel loro modo di affrontare situazioni e sfide della vita. Ciò che emerge dai loro racconti è la loro forza, la forza di essere se stesse, fino in fondo. Come aveva già cercato di farci capire Carl Gustav Jung, introducendo nella psicologia l’idea di “animus” e “anima”, due forze che caratterizzano tutti gli esseri umani a prescindere dall’avere un corpo di donna o di uomo, il tipo di forza di cui parliamo valica i confini di genere.
A unire le otto donne raccontate c’è un elegante filo rosso. Non simboleggia uno sbandierato e chiassoso successo così come viene spesso inteso nel mondo contemporaneo: alcune di loro non hanno né Twitter nè Instagram. A fare di queste donne delle eroine resistenti al passare del tempo è un talento radicale. Il loro è uno sguardo aperto e internazionale sul mondo che, insieme a sentimenti nobili, rimette al centro la cultura, il valore, la lealtà, il sacrificio quotidiano e la coerenza, caratteristiche di un certo modo di intendere il proprio lavoro e di vivere. Il racconto di queste pagine annovera tutti gli aspetti delle loro vite, non risparmia gli abissi e illumina le vette, mettendo in risalto sfaccettature del loro esistere che nemmeno i più fidati collaboratori conoscevano, nonostante anni di frequentazione quotidiana.
Le donne di questo libro, se non ci fossero, bisognerebbe inventarle.
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Pubblicato da Il sole 24 Ore, l’8 marzo 2023
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