
L’attrice Kristen Stewart, 26 anni (courtesy of Sundance portraits)
«Mi piace l’idea del pranzo domenicale, e sono molto brava a preparare gli spaghetti. Da un po’ di tempo ho smesso di mangiare carne e non uso più prodotti animali, mi sono specializzata in centrifugati. Per esempio uso la polpa di mele, sedano e carote e la combino con l’olio di arachidi e cocco, non sai che meraviglia…». Mentre la ascolto penso che Kristen Stewart sia l’unica attrice in grado di spiazzarmi. In effetti mi vengono in mente le ultime foto che la ritraggono con la nuova fiamma, la modella Stella Maxwell, angelo di Victoria’s Secret. Le due passeggiano con in mano beveroni e centrifugati bio, a testimoniare che la svolta wellness è reale. Del resto da qualche anno a questa parte ha continue novità con cui stupirci, soprattuto a livello sentimentale. Le voci si rincorrevano da tempo, ma ha aspettato la fine del festival di Cannes per dichiarare il suo amore folle per l’assistente e produttrice cinematografica Alicia Cargile, dopo un anno e mezzo di tira e molla (intervallato da svariati flirt, mai accompagnati da conferme o smentite). Così ha messo fine a una valanga di gossip ed è uscita intelligentemente allo scoperto. «Sono innamorata della mia fidanzata, con cui mi sono separata un paio di volte, e con cui finalmente sono tornata a provare sentimenti autentici», ha dichiarato facendoci finalmente tirare un respiro di sollievo. Ma ecco che, a pochi mesi da quelle parole, te la ritrovi a flirtare con la Maxwell: le due passano da un party all’altro e Kristen è più glamour e femminile che mai. Cresciuta a Los Angeles con madre australiana sceneggiatrice e padre assistente regista, e travolta da un successo che avrebbe steso la maggior parte di noi, a 26 anni la Stewart sembra in piena fase sperimentale con un raggio d’azione molto vasto: si va dai sentimenti al colore dei capelli, passando per il lavoro sul grande schermo. Voltate le spalle a incassi da capogiro, infatti, continua a fare scelte da vera ribelle nel cinema indipendente. Al nostro incontro indossa un tailleur di Chanel con pantaloni e agita le mani nervosamente, mentre mi racconta che attraverso i ruoli che sceglie vuole affrontare ogni possibile angolazione di se stessa. «Mi sento al massimo, come attrice, quando mostro cose che il pubblico non vede normalmente, e di cui io non ero consapevole. Comunicare qualcosa a qualcuno è ciò che mi piace di più della vita, essere vista e capita è quanto di più bello ci possa essere». Nei prossimi film in cui la vedremo incarnerà due tipi di sorelle diversi. In Billy Lynn- Un giorno da eroe, film del regista premio Oscar Ang Lee nelle sale dal 2 febbraio, tenterà di convincere il fratello, un tormentato eroe della guerra in Iraq, a non tornare nel conflitto. Mentre in Personal Shopper, di Olivier Assayas, passato all’ultimo festival di Cannes e nelle sale da aprile, grazie alle sue doti psichiche tenterà di mettersi in contatto con il fratello gemello, morto per un attacco di cuore.
In Billy Lynn- Un giorno da eroe, lei è la sorella pacifista di uno dei centomila soldati che nel 2004 erano in Iraq, interpretato dallo straordinario esordiente Joe Alwyn. Le scene tra di voi, quando torna a casa per ricevere un premio, sono di grande impatto. «Credo che Ang Lee abbia distillato il meglio dei dialoghi del bestseller di Ben Fountain da cui è tratto il film. L’intento di Lee è mostrare una verità sulla guerra distante anni luce da quello che l’opinione pubblica crede, e del film io rappresento la voce alternativa e articolata. Voglio che mio fratello conosca se stesso: se questo accade, sarebbe ancora orgoglioso di fare quello che fa? Non mai stata una che giudica, anche nella vita reale, ma ho sempre creduto che per batterti per qualcosa devi prima capirla, non esserne consumato».
Il tema è più che mai attuale, ci sono tanti ragazzi e ragazze che per sfuggire alla loro realtà di vita pensano di arruolarsi nell’esercito. La scelta di Billy è quella di molti giovani americani? «Credo sia la storia più americana e comune che ci sia. L’esercito ha dato una direzione a tante vite fuori rotta, ha fornito uno scopo anche in senso positivo. Ma non tutti sono preparati a trovarsi coinvolti in qualcosa di molto più grande di loro, con gli esiti che comporta, e questo era ancora più vero ai tempi in cui è ambientato il film, quando le versione dei fatti erano costruite e orientate in modo propagandistico. Ma la cosa più difficile da comprendere era la necessità di chiedersi perché si fanno certe cose, una domanda che porta molta umanità alla figura di un soldato».
In questo film si occupa di suo fratello vivo, mentre in Personal Shopper fatica a riprendersi dalla perdita del suo gemello e a tornare a condurre una vita normale. «Al mio personaggio succedono cose strane. Nel tentativo di colmare il vuoto della perdita fa crescere le sue qualità androgine, emulando il fratello. Il rovescio della medaglia è che la sua femminilità è in difficoltà, non riesce a entraci del tutto a causa del senso di colpa che non le da tregua. La storia è complessa, racconta di una metamorfosi che passa attraverso proiezioni demoniache e il desiderio improvviso di indossare i vestiti di qualcun altro, per riniziare a vivere».
Secondo lei le esperienze dolorose sono necessarie per farci aprire gli occhi? «Servono per tornare a capire conta davvero nella vita, ci distraiamo così facilmente… La perdita ti porta anche a sentire che lo sconosciuto è spaventoso, e lì capisci che noi non avrai mai risposte sullo sconosciuto per eccellenza, la morte. Non sappiamo cosa succederà in quel momento, non sappiamo se saremo da soli o ci sentiremo collegati a qualcosa di più grande, ed è terrorizzante».
Che relazione ha col mondo del soprannaturale? «Da bambina i fantasmi mi facevano paura, e l’idea che ci sia qualcosa di invisibile non mi piace. Oggi non credo ai fantasmi ma agli impulsi e agli istinti che partono dalle viscere e di cui è meglio fidarsi. Sono la ragione per cui ci sentiamo attratti da qualcuno e respinti da qualcun altro, e non hanno niente a che fare con la logica».
La personal shopper che interpreta è molto sui generis… «È una donna molto attratta dalla bellezza e dall’estetica, ma è così auto punitiva da sentirsi in colpa per questo. Prova un senso di vergogna nel voler essere bella e nel volersi circondare di cose belle, perché lei in realtà non si piace, fatica a essere davvero una donna».
La sua, di stylist, l’ha aiutata in questo senso? «Mi conosce molto bene, dopo tanti anni che lavoriamo insieme, e non pensa solo ai vestiti da farmi indossare: mi conosce davvero. Ci sono tante persone distratte dai trend che vogliono solo ridisegnarti, non sono capaci di sottolineare semplicemente chi sei. La mia collaboratrice sa qual è, di volta in volta, il capo perfetto per farmi affrontare il mondo».
Tre anni fa ha dato un taglio drastico ai capelli, e col senno di poi la sua scelta non sembra affatto casuale. «Li ho tagliati appena ho compiuto 23 anni e l’effetto è stato travolgente. I capelli mi permettevano di nascondermi dietro un’aura sexy, appena mi sono trovata scoperta ho dovuto mostrare la mia vera faccia, e la cosa strana è che ho tirato fuori una fiducia in me stessa che non ricordavo da tempo. I capelli mi facevano sentire come una vera ragazza, mi mandavano messaggi del tipo “sono bella, sono femminile”. Non so perché gli ho dato così tanta importanza, forse è a una di quelle credenze sociali secondo cui i capelli lunghi sono più belli. Ma mi sono chiesta “il mio primo obiettivo nella vita è essere desiderata? È di una noia mortale!”».
Lei era esposta come poche, non ha temuto il cambiamento di immagine? «Ho perso due chili prima di incontrare il parrucchiere! Non riuscivo a mandar giù niente, e il giorno che mi sono seduta su quella sedia mi sudavano le mani…».
Ma carattere forte e coraggio non le sono mai mancati. Crede siano stati plasmati dal crescere con tre fratelli (di cui uno biologico e due adottati)? «Se guardo alle mie foto fino ai 15 anni, in cui mi mettevo i vestiti dei miei fratelli, ero un ragazzo! Mi piacevano i trattori, il basket, il calcio, erano tutte prese di corrente per l’energia cinetica che ho sempre avuto. E sono sempre stata un tipo di bambina che voleva stare con i più grandi…».
Non fatico a crederle. «Volevo essere vista come grande, ma poi le cose sono cambiate. Tra 15 e 20 anni ero sempre in ansia, se non riuscivo a controllare le cose mi ammalavo, o mi inibivo in modo debilitante».
Ha imparato a sollevare una barriera emotiva nei confronti del mondo esterno? «Dopo 16 anni di lavoro ho imparato a gestire i pensieri che sono sempre stati a mille, un tempo non avevo mai una pausa. Oggi non mi faccio più sopraffare, e se mi capita so che è temporaneo, poi passa».
Più che aver fatto pace con la sua immagine pubblica sembra aver fatto pace con se stessa. «Sono più intelligente e più calma di un avolta. Se temo i miei lati oscuri? Quando sei vera con te stessa e il tuo cuore non esiste più un lato oscuro. E non c’è più domanda che ti dia fastidio, se arriva da uno spazio onesto».
Mentre la saluto mi viene in mente una frase che mi ha detto poco tempo fa. «Se dovessi scegliere di essere un animale, sceglierei un gatto. Perché quando tutti lo vorrebbero vicino, lui se ne sta a distanza, a osservarti…». Mi basta questo per togliermi l’illusione di averla finalmente conosciuta. Kristen mi stupirà ancora, eccome se lo farà.
Intervista pubblicata sul n. 6 di Grazia il 26/1/2017
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