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Certo non siamo qui per parlare di musica. Non mi aspetto nemmeno di scoprire certe verità sulle relazioni clandestine avute con modelle e donne più o meno blasonate di ogni nazionalità (c’è stata persino Carla Bruni, mentre era ancora sposato con Jarry Hall). Né forse mi rivelerà qualcosa di nuovo sulle sregolatezze di un uomo che è sulla cresta dell’onda da 46 anni: Mick Jagger è la leggenda del rock, sarà allenato a dissimulare almeno tanto quanto lo è (tutt’ora) a fare i balzi che fa sul palco durante un concerto con i Rolling Stones. Cosa mi aspetto, allora, dall’incontro con un mito? Di essere in fibrillazione- come sono – e di sentire l’energia che sprigiona dal vivo, di vedere com’è quella faccia così impertinente, quella bocca gigante che ha segnato la storia del rock, a due metri di distanza. Ho appena assistito all’anteprima mondiale del documentario Stones in Exile, di Stephen Kijak, presentato al Festival di Cannes, docu film che racconta gli inizi degli anni Settanta, quando la band ha lasciato l’Inghilterra per problemi di fisco e si è ritirata a Villefranche-sur- Mer, in una villa affitata da Keith Richards. Jagger ha appena attraversato la folla in delirio che lo aspettava da ore sulla Croisette. Indossa un elegante giacca grigia leggermente cangiante su jeans neri scoloriti, camicia bianca e sneakers color argento. Gli occhi brillano come due stelle, di una luce che non accenna a spegnersi. Il viso è scavato, sì, ma tutt’altro che appassito: Mick Jagger è in un certo senso un uomo senza età. Quando parla muove le mani nello stesso modo in cui le agita sul palco mentre canta, e sorride spesso in modo contagioso. Alla faccia della coerenza, decido di partire proprio dalla musica.

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Il cantante Mick Jagger, 72 anni, frontman dei Rolling Stones (courtesy of gds.it)

Il film che ho appena visto racconta del disco registrato nel 1971, Exile on Main Street: il decimo album degli Stones oggi è giudicato leggendario (è uscita in questi giorni la versione rimasterizzata ed è in testa alle classifiche dei dischi più venduti in Inghilterra) , ma all’epoca non era stato tanto compreso… «Al momento della pubblicazione non era stato accolto così male, ma non era stato capito. Il motivo credo fosse che era davvero lungo, quindi ci voleva molto tempo per assorbirlo, e così è stato».

Come si sente una star come lei a riguardarsi in immagini di quarant’anni fa? «Eravamo giovani, belli e stupidi, adesso siamo solo stupidi (ride, ndr). In quel momento Nixon era il presidente, c’era la guerra in Vietman, Eddy Merckx aveva vinto il Tour de France… Ma noi non sapevamo niente di tutto ciò, eravamo chiusi tutto il giorno a suonare».

Ma rivedere lei e i suoi compagni quando eravate praticamente ragazzi che effetto le ha fatto? «È come aprire un album di famiglia, con foto che non vedevi da secoli: dici “che bella”, oppure “che orrore”… Se però lo fai per lavoro devi essere professionale, superiore (ride, ndr)».

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Mick Jagger ai tempi di Exile on main street, nel 1971 (courtesy of Sequenza21.com)

Keith Richards ha detto che nella coppia che formate lei è “rock” e lui “roll”… «Diciamo che io sono “wrote”, e lui roll (la battuta allude al fatto che Mick scrive i testi e Richards è l’uomo degli estremi, ndr)».

A proposito, ma come riuscivate a lavorate con tutto quell’alcool e il fumo di cui non fate mistero anche nel film? «(ride, ndr) Noi ce l’abbiamo fatta benissimo! Non dico che sia una cosa grandiosa, o ideale, ma ci siamo riusciti…».

E come si dura per più di 40 anni? «È come in una partita di calcio. Quando sei giovane e c’è rischio di perdere corri molto, quando invecchi invece devi usare più l’intelligenza… Il lavoro da fare è tantissimo, e allo stesso tempo non si deve perdere la visione d’insieme. Ma soprattutto, mi creda, conta molto la fortuna, essere al momento giusto nel posto giusto».

La leggenda vuole che i Beatles e gli Stones siano sempre stati rivali, ma ho visto che Ringo Starr e Paul McCartney erano nei paraggi della villa in Francia, quando lei e Bianca Perez Morena (modella nicaraguese e prima moglie) vi siete sposati, a confermare che non era vero… Come vi siete sentiti quando i vostri colleghi si sono sciolti? «La cosa ci ha intristito, ma a dire la verità i Beatles non si esibivano dal vivo da anni, mentre noi lo abbiamo sempre fatto, ed è stata la nostra forza».

Infatti Martin Scorsese, che ha girato un altro film su di voi, Shine a light, ha scelto di riprendervi in un live, in un teatro newyorkese. Poi c’è Jean Luc Godard nel 1968 aveva girato One plus one-Sympathy for the devil: chi ha ritratto meglio gli Stones? «Difficile da dire, sono due punti di vista molti diversi e mi piacciono entrambi».

Lei guarda i documentari? «Mi piacciono quelli di Bruce Weber. Ce ne sono di stupendi, come quelli su Chet Baker (Let’s get lost, ndr) o quelli girati su vari set cinematografici».

 Chi è il suo regista preferito? «Amo molto Francis Ford Coppola, Apocalypse Now è uno dei miei film preferiti».

 

Articolo pubblicato su Grazia del 7 giugno 2010

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