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7 Corriere della sera, Anders Thomas Jensen, Corriere tv, Doctor Strange, famiglia, Hannibal, interviste illuminanti, Mads Mikkelsen, Plaion Pictures, The last viking, Un altro giro, video intervista
di Cristiana Allievi
L’attore di Un altro giro ha portato alla Mostra del Cinema fuori concorso il film The Last Viking – Guasti di famiglia, il sesto della sua carriera girato con il connazionale regista Anders Thomas Jensen: «Conoscersi bene porta a migliorarsi, a osare e a capire fin dove ci si può spingere»

Alla sua indiscutibile bravura eravamo ormai abituati. Ma ora Mads Mikkelsen ci mostra più chiaramente l’equilibrio quasi miracoloso di cui è capace come attore interpretando un ruolo che fa del bilanciamento tra follia e sensibilità la chiave della riuscita del film. In The Last Viking – Guasti di famiglia di Anders Thomas Jensen, proiettato fuori concorso alla Mostra di Venezia (prossimamente nei nostri cinema con Plaion Pictures), è un uomo in difficoltà psicologica convinto di essere John Lennon. Se qualcuno che gli sta vicino dimentica questa convinzione e lo chiama con il suo vero nome, Manfred, lui istantaneamente si getta da un’auto in corsa o addirittura dalla finestra. Una condizione estrema che lo costringe a entrare e uscire dagli ospedali, finché il fratello minore Anker (Nikolaj Lie Kaas), appena uscito di prigione dopo quindici anni per rapina, non decide di riportarlo nella vecchia casa di famiglia – oggi trasformata in un bed & breakfast nella foresta – per scoprire dove Manfred ha nascosto la refurtiva che lui stesso gli aveva consegnato prima dell’arrivo della polizia. Questa la storia in breve. Il film però scava ben più a fondo della sua trama, mettendo in luce rapporti familiari complessi e pieni di zone oscure.
Jensen, maestro danese dello humour nero, orchestra ancora una volta un racconto in cui ironia e dolore si intrecciano. Qui mescola follia familiare, creatività fuori dagli schemi e il peso di adattarsi alle regole della vita. Mikkelsen, con occhiali e capelli a caschetto mossi, offre una performance struggente: un uomo sospeso fra l’amore infantile per i vichinghi, il legame con i fratelli e il desiderio impossibile di restare bambino. È un’interpretazione che porta lo spettatore a oscillare di continuo tra il riso e il pianto, arrivando a toccare le viscere.
(continua…)
Articolo per 7 Corriere della Sera e intervista video per Corriere TV
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