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~ Interviste illuminanti

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Archivi tag: Thomas Vinterberg

Mads Mikkelsen: «Amo il calcio, ero attaccante. Se il Barca chiama mollo i film»

01 venerdì Mar 2024

Posted by Cristiana Allievi in arte, Attulità, cinema, Cultura, Mostra d'arte cinematografica di Venezia, Personaggi

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Barcelona, CAlcio, Corriere della Sera, European Awards, interviste illuminanti, LA terra promessa, Mads Mikkelsen, Nikolaj Arcel, Sette, Thomas Vinterberg, Un altro giro

LA STELLA DANESE, UN PASSATO DA BOMBER PROFESSIONISTA, IN UN FILM OTTOCENTESCO: «VANITOSI I RICCHI DI ALLORA, SI, MA PURE OGGI SI CERCA LA FAMA SENZA SAPER FARE NULLA».

di Cristiana Allievi

L’attore danese Mads Mikkelsen, 58 anni, in una scena di La terra promessa, al cinema dal 14 marzo.

Osservando una landa di terra desolata, in molti finirebbero per cadere in depressione. Specialmente se  il luogo è di quelli in cui si fatica a marcare il confine fra le pietre e le persone. Ma per il soldato che torna dopo venticinque anni da capitano dell’esercito, le cose sono diverse. Su quella terra inospitale e terribile, lui si sdraia e protegge dal gelo un segreto. Qualcosa destinato a diventare il suo tesoro. A raccontare questa storia saranno il corpo e il viso dell’attore danese Mads Mikkelsen, entrato in alcune delle più grandi franchise degli ultimi 50 anni, da James Bond a Star Wars, passando per Harry Potter (in cui ha sostituito Johnny Depp), e questo solo se si pensa a Hollywood.  Se ci si sposta a casa sua, in Danimarca, è un orgoglio nazionale, al pari della squadra di calcio.

58 anni, con la moglie Hanne Jacobsen ha avuto un figlio e una figlia. Gemello di Lars (anche lui attore), è cresciuto prima a teatro, poi in tv e infine al cinema. Ex ginnasta convertitosi a danzatore, regala il meglio di sé quando si immerge nelle scene fisiche. Vestito completamente di blu, e in una forma fisica invidiabile, lo incontriamo per farci raccontare quel suo scavare la terra a mani nude che vedremo dal 14 marzo al cinema. La terra promessa, in Concorso all’ultima Mostra di Venezia, lo vede ex capitano caduto in disgrazia, Ludvig Kahlen, che nel 1755 decide di provare a coltivare la brughiera che tutti pensano impossibile da trasformare. Contro di lui c’è il ricco e spietato Frederik de Schinkel, che crede che quella terra gli appartenga, e il conflitto fra loro crescerà sempre più. Nonostante non ci sia stata una nomination all’Oscar per il film (un vero peccato), qualche mese fa Mikkelsen  ha vinto per la terza volta il premio al miglior attore europeo dell’anno.

Come si è preparato a diventare Kahlen?  È un uomo molto complesso che ha problemi nel relazionarsi con gli altri. La sceneggiatura si basava su un libro pubblicato recentemente su Kahlen, è stata quella la mia fonte di studio. Kahlen sarebbe capace di rovinare il mondo, pur di andare per la sua strada e ottenere ciò che vuole. Diciamo che è un egoista molto focalizzato sui suoi obiettivi».

La cocciutaggine è una caratteristica che le appartiene? «La riconosco, sì. Può essere una qualità come uno svantaggio, lo ammetto».

In che modo l’ha aiutata fino a qui? «Quando penso che ci sia qualcosa di sbagliato non mollo, sono capace ad andare contro tutto».

Il suo personaggio desidera disperatamente un titolo nobiliare, lei ha mai desiderato qualcosa così fortemente? «Ho avuto molte fantasie in mia vita, non le ho mai indagate razionalmente perché perdono di interesse.  A parte questo, se oggi mi telefonassero e mi chiedessero se voglio giocare per il Barcellona, non esiterei un istante».

Su Google si trovano ancora foto di lei che corre dietro al pallone in calzoncini bianchi e maglia azzurra.  «Il calcio è il mio primo amore, la mia passione di quando ero un bambino. Ho firmato il mio primo contratto a 16 anni, con Aarthus, poi sono diventato un professionista. Ero un attaccante».

Anche in La terra promessa, in un certo senso, è un attaccante. «C’è qualcosa di umanamente riconoscibile, magari di non così estremo, nell’essere attratti da qualcosa che non è facilmente ottenibile. Ti strangoli per raggiungerlo, nonostante non succederà mai…».

Questo uomo, come il re del film, sono spesso ubriachi, un dettaglio che ci dice qualcosa della Danimarca? «I personaggi che vede erano degli dei nel loro mondo, è normale che bevano. È anche vero che fa parte della storia della Scandinavia, siamo noti per vendere il petrolio del mare del Nord a un prezzo ridicolo, i nostri politici non possono che essere ubriachi!».

Aveva già affrontato il tema dell’alcolismo, addirittura in forma di tributo, nel magnifico Un altro giro.  «Era anche un avvertimento sulle trappole dell’alcol, però. Devo dire che mi sembra quasi un film italiano, è stata la prima volta che ho rintracciato in Thomas Vintenberg il desiderio di rendere un tributo alla vita».

(continua….)

Intervista integrale pubblicata su Sette Corriere della Sera dell’1/3/2024

@Riproduzione riservata

Mads Mikkelsen: «Anche gli errori ci aiutano ad amare la vita».

23 domenica Mag 2021

Posted by Cristiana Allievi in arte, Attulità, cinema, Cultura

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Tag

alcool, Film, Hannibal, Harrison Ford, Mads Mikkelsen, Oscar 2021, Thomas Vinterberg, Un altro giro

NEL FILM UN ALTRO GIRO, PREMIATO CON L’OSCAR, È UN PROFESSORE IN CRISI CHE RITROVA SE STESSO. «A VOLTE PER RINASCERE BISOGNA ACCETTARE GLI SBAGLI COMMESSI», RACCONTA.

di Cristiana Allievi

Ricordo quel giorno in cui, anni fa, seduti su un muretto della riviera francese gli ho rivolto una domanda pericolosa: “Capita spesso che ti scambino per Viggo Mortensen”? Non ci ha pensato nemmeno un istante a offendersi, o a proseguire la conversazione   rispondendo a monosillabi. Invece si è voltato verso di me, divertito, e mi ha detto “Capitava eccome. Persino i fotografi ai festival mi urlavano “Viggo, Viggo, girati da questa parte… Non riuscivo ad avvisarli che non ero io quello che avevano appena fotografato… ”.  Ma grazie a ruoli come lo psicologo e sociopatico dottor Hannibal Lecter del romanzo di Thomas Harris, lo scienziato di Rogue One: A Star Wars Story e il prete sexy di Van Gogh, sulla soglia dell’eternità, è arrivato il successo internazionale e le cose sono cambiate. Ma non Mads Mikkelsen, che ha la stessa leggerezza di allora, nonostante l’attenzione, soprattutto in questo ultimo anno, sia stata sempre su di lui. Figlio di un’infermiera e di un banchiere, Mads ha un fratello che fa il suo stesso mestiere, Lars, e due figli avuti con la moglie Hanne Jacobsen, con cui in 21 anni non ha mai vissuto una crisi. Erano tutti insieme la sera del 25 aprile, quando Un altro giro, di cui Mads è protagonista,  ha vinto l’Oscar per il Miglior film straniero, culmine di un lungo percorso iniziato mesi fa. Persino Paolo Sorrentino ha speso parole importanti a commento del lavoro del collega regista Thomas Vinterberg: “ha fatto un film magnifico, avrei voluto girarlo io”. Finalmente dal 20 maggio questa storia sarà nei nostri cinema. Al centro vede quattro professori di liceo che vivono una crisi di mezz’età, finché non scoprono un articolo e la rivelazione che contiene: avere un tasso di alcool costante nel sangue pari a 0.5 rende più creativi e ricettivi, vedere alle voci Churchill ed Emingway. La scoperta sembra cambiare il corso delle loro vite, ma le cose non sono semplici come appaiono. Per la sua interpretazione la star danese ha vinto il premio come miglior attore all’ultimo San Sebastian Film Festival, e raccolto consensi da Toronto a Roma.

È il volto della birra Carlsberg in tutto il mondo: possiamo dire che i conti tornano? «È la mia bevanda alcolica preferita, l’ho sempre detto e credo che la casa danese mi abbia scelto per questo motivo».

Che effetto fa vedersi ovunque, sui cartelloni, in formato maxi? «È impossibile non notarmi, ma quando ti vedi tante volte ti abitui e non ci fai più caso».

La sua attitudine rispetto all’alcool è cambiata girando Un altro giro? «No, con l’alcol ho quella che definirei una buona relazione. La storia di Un giro non dice quanto sia giusto bere, è una scusa per un esperimento interessante e soprattutto per parlare dell’amore per la vita. Sappiamo tutti che uno o due bicchieri di vino fanno un effetto meraviglioso, e che probabilmente in tanti non avremmo trovato una moglie o un marito senza l’aiuto dell’alcool».

Ricordi ne ha?  «Mi basta pensare a quando prendevo la cornetta del telefono per chiamare una ragazza, a 16 anni, a quell’energia meravigliosa rilasciata grazie a un po’ di alcool…». 

(continua…)

Intervista pubblicata su Grazia del 19/5/2021

© Riproduzione riservata

Trine Dyrholm: «Torneremo alla comune»

04 mercoledì Mag 2016

Posted by Cristiana Allievi in cinema

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Tag

Axel, Cristiana Allievi, Festen-Festa di Famiglia, La comune, Niclas Bendixen, The legacy, Thomas Vinterberg, Tryne Dyrholm

«La donna che interpreto è annoiata dalla vita e dalla routine familiare, così convince il marito a vivere in una comune. Da lì in avanti perderà se stessa. La grande lezione che mi ha ricordato è che i cambiamenti che vuoi, nella vita, devi farli tu stessa. Altrimenti sono guai». Occhi blu profondo, capelli corti e biondissimi portati all’indietro, questa danese di 43 anni dal vivo indossa un tailleur con pantaloni ed è molto empatica nella conversazione. Me lo spiego col fatto che oltre ad essere l’attrice lanciata a livello internazionale da Thomas Vinterberg in Festen-Festa di famiglia, Trine Dyrholm è una cantante con cinque dischi all’attivo. Proprio la musica, a 14 anni, aveva già fatto di lei una star, quando il canale tv Eurovision l’ha scelta per il suo Song Contest tra 10 candidati finalisti a rappresentare la Danimarca e i talent show non erano nemmeno all’orizzonte. Poi sono venuti il teatro, i film e i premi. L’ultimo è quello vinto come miglior attrice all’ultimo Festival di Berlino grazie a La comune (adesso al cinema), in cui indossa i panni di una giornalista tv di successo che insieme al marito Erik decide di aprire le porte della loro casa agli amici, per vivere insieme. Tutto funziona finché lui si innamora di una sua studentessa, cambiando drasticamente gli equilibri del gruppo. Nella vita reale Trine è felicemente legata a Niclas Bendixen, regista teatrale, e insieme hanno un figlio, Axel, che adorano portare spesso nella loro casa al mare, a un’ora da Copenhagen.

Trine-Dyrholm.jpg

Trine Dyrholm, attrice e cantante danese, 43 anni

Ha mai avuto esperienza diretta di vita nelle comuni? «No, ma per prepararmi al film ho parlato con molte donne che hanno vissuto quell’esperienza negli anni Settanta. Mi hanno raccontato di aver sentito una grande pressione, perché all’epoca se non ti allineavi allo stile dello spirito libero ti reputavano strana. Ho trovato interessante proprio questo paradosso, la libertà accompagnata dalla pressione».

Lo trova un esperimento fallito, nel contesto della vita moderna dell’occidente? «Sono molto grata a quella generazione, ha vissuto fuori dagli schemi. Grazie a quelle persone si è arrivati a parlare di sesso, prima non potevi nemmeno divorziare. Venivano dagli anni Cinquanta e avevano bisogno di una rivoluzione, solo che non conoscevano le conseguenze di un certo modo di vivere».

Che invece noi conosciamo. «Le sembrerò naive, ma credo che le nuove generazioni creeranno comuni, ma di tipo diverso. Dobbiamo condividere molto di più, magari non le mogli e i mariti, ma i beni materiali. I tempi stanno cambiando e non possiamo più pensare di avere ognuno la propria automobile…».

Tornando alle persone, nella vita vera sarebbe accondiscendente com’è sullo schermo con suo marito e la sua nuova fiamma, che ha la metà dei suoi anni? «Non so cosa farei, forse sarei confusa e miserabile come Anna. È una donna vittima delle sue stesse idee, non lo manda al diavolo e se ne va, come dovrebbe fare. Ma quante volte, intrappolati dalle emozioni, ci è successo di non riuscire a muoverci?».

Lei non si è sposata, per paura? «Io e il mio compagno siamo insieme da otto anni, e invece di un matrimonio abbiamo un figlio che ci unisce! Axel ha rappresentato il grande cambiamento della mia vita, quando è nato mi sono presa otto mesi di pausa dal lavoro. Poi Susan Bier mi ha offerto In un mondo migliore, e ho sentito che andava bene ricominciare».

E come si regola con gli impegni lavorativi? «Capita che portiamo nostro figlio sui set con noi, ma di solito preferisco lasciarlo a casa con la babysitter o i nonni. Quando giro un film sono molto focalizzata».

Invecchiare la preoccupa? «Con Love is all you need e A royal affair mi sono accorta all’improvviso che c’era una generazione dopo di me, e che la mia non era più l’ultima. Anche se essere un’attrice richiede di non essere vanitosa, e mostrare la parte dark delle emozioni umane, quando mi trovo su un red carpet tengo ancora molto ad essere femminile. Mentre quando ero più giovane volvevo sempre imbruttirmi (ride, ndr)».

 A Hollywood non si parla d’altro che di parità salariali, cosa ne pensa? «Le donne hanno da sempre problemi a negoziare, io ci ho lavorato e non mi va poi così male».

Si trasferirebbe in California? «Per un progetto che vale lo farei, ma il mio inglese non è perfetto. Ai tempi di Festen ero molto giovane, mi sentivo insicura e non mi sarei trasferita. Adesso che sono una donna reale, che dimostra la sua età, spero di non essere troppo vecchia per farlo».

C’è un film a cui è particolarmente legata? «Sono una grande fans di Michael Haneke e di Isabelle Hupper. La pianista è stato un film importate per me, mi ha scioccata. Tornando alle emozioni, i film creano lo spazio per condividere quelle di cui non parliamo mai, come la solitudine, il dolore, la mancanza. E quando guardiamo un film siamo sempre tutti insieme, ad attraversare questi spazi bui».
Sta lavorando alla terza stagione di The legacy, la serie tv per cui gli inglesi la adorano. «È un altro grande dramma che racconta i lati oscuri delle relazioni famigliari. Sono d’accordo con Maya Ilsoe, la creatrice della serie, quando dice che non conosci davvero i tuoi parenti finché non erediti…».

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La Dyrholm col cast di The legacy, il dramma danese che è un cult (courtesy of radio times.com)

Articolo pubblicato su Io Donna  del 9 aprile 2016

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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