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Archivi tag: Jessica Chastain

Eddie Redmayne: «All’ansia non penso»

02 mercoledì Nov 2022

Posted by Cristiana Allievi in Attulità, cinema, Miti, Netflix, Zurigo Film Festival

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Tag

Charles Cullen, Charles Graeber, Eddie Redmayne, Jessica Chastain, storie vere, The good nurse, tv

SI VIVE UNA VOLTA SOLA, DICE L’ATTORE. E ALLORA MEGLIO GODERSELA SENZA FARSI ASSALIRE DAI BRUTTI PENSIERI. E PRENDENDO ESEMPIO DA SUO PADRE: «NON SAPEVA NULLA DEL MIO LAVORO, MA MI HA SEMPRE SOSTENUTO».

di Cristiana Allievi

Siamo nel cuore di Zurigo, in un bell’hotel a bordo lago.  Mi viene incontro e dopo avermi salutata posa lo sguardo sul tavolo.  «Mi ricordo anni fa, quanto erano diversi questi dispositivi…». Mentre commenta il mio registratore e i segni del passare del tempo, il volto di Eddie Redmayne si allarga in un sorriso. Indossa un maglione color verde acqua, come i suoi occhi, e questo è il suo modo per alleggerire l’atmosfera. Ho appena visto l’anteprima europea di The good nurse al Zurigo Film Festival, e leggerezza è ciò che occorre. La storia su Netflix è quella vera e incredibile di Charles Cullen, un infermiere che ha ucciso 39 persone (questo il numero di quelle ammesse, ma si sospetta le vittime siano 400) passando di ospedale in ospedale, e agendo praticamente indisturbato. Finchè non ha incontrato sulla sua strada Amy (Jessica Chastain), un’infermiera del reparto intensivo molto empatica e coraggiosa, che si troverà nella scomoda posizione di amica e testimone di una sconcertante verità, e riuscirà a fermarlo. Diretto da Tobias Lindholm, il film si basa sull’omonimo libro di Charles Graeber. Ne parlo con il premio Oscar che ha studiato arte al Trinity College di Cambridge, dopo aver frequentato l’Eton college insieme al principe William. Oggi è padre di due figli, avuti con la moglie Hannah Bagshave, e la famiglia  vive a Londra, in un quartiere vicino al Borough Market.

Cosa sapeva di Charles Cullen, l’infermiere che interpreta in The Good nurse? «Non sapevo niente, l’ho scoperto leggendo la sceneggiatura, e non ho capito subito la portata di quello che ha fatto: quando ho avuto chiaro il quadro completo della vicenda sono andato in shock. La cosa più interessante era che non sembrava possibile classificare la storia in nessun genere, era la vicenda di un’eroina che riesce a vincere su un intero sistema che non riusciva a gestire la situazione? Era la vicenda di un folle, o la storia di un’amicizia?».

Come si è preparato? «Ero così intrigato dal capire cosa c’è dietro alla sua storia, che ho iniziato a scavare come faccio sempre. Il libro di Charles Graeber è in un certo senso basato su quello che è un sogno per un attore, perché raccoglie ogni pezzettino della sfaccettatura psicologica della persona. Di film sui serial killer ne abbiamo visti tanti, ma mai avevamo visto un individuo che si trova a combattere un intero sistema, come fa in questo caso il personaggio di Jessica».

Cullen non era un serial killer affascinante… «No, non era un Hannibal Lecter, concordo con lei. Ciò che era affascinate e terrificante era l’idea di queste  persone,  i medici e le infermiere, a cui portiamo le nostre madri e i nostri figli che soffrono, e che all’improvviso trasformano un ospedale in un luogo di omicidi. La mia parte si sarebbe dovuta basare sulla paura, è questo il nocciolo della storia».

Paura è ciò che si prova anche  all’idea di trovarsi così indifesi davanti alla follia di qualcuno. «Un mio amico americano  ha vissuto una situazione di ricovero che lo ha portato a  sperimentare quanto un essere umano, in un momento di bisogno, possa contare su figure come quelle degli infermieri. Ci trascorri la giornata, loro sono delle specie di cerniere fra quello che dicono i medici e il contesto più umano del paziente che affronta la realtà giorno dopo giorno. C’è un coinvolgimento a livello personale, e la relazione è così emotiva che quando un infermiere se ne va, e ne arriva uno nuovo, il paziente si ritrova in uno stato di incredibile vulnerabilità».

Cos’altro ha scoperto, che non si aspettava? «Gli infermieri in un certo senso sono simili a noi attori. Devono tirare avanti in un clima di dolore, agendo con empatia e umanità, e poi tornare a casa e mettere da parte le tragedie che vedono tutto il giorno».

(continua…)

L’intervista integrale è pubblicata su F magazine dell’1/11/2022

@Riproduzione riservata

Al Pacino «Perchè mi sono immedesimato in Oscar Wilde? Perché è un genio».

11 mercoledì Mag 2016

Posted by Cristiana Allievi in cinema, Miti

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Tag

Al Pacino, An evening con Al Pacino, Bono Vox, Cristiana Allievi, Erodiade, Franco Dragone, GQ, Jessica Chastain, Napoli, Napoli Teatro Festival, Oscar Wilde, Where the white man runs away, Wilde Salomé

Dopo settimane di polemiche e trattative il divo americano arriva comunque in Italia. Se non in carne ed ossa, per il Napoli Teatro Festival, al cinema con la sua Wilde Salomé.

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Al Pacino, 76 anni, è scrittore, regista e attore di Wilde Salomé (courtesy of film-review.it)

Al Pacino è un uomo da scintille. La sola idea del suo arrivo a Napoli, ancora non confermato dalle autorità locali, sta infiammando da settimane l’intera Campania, soprattutto per questioni economiche. Il direttore artistico Franco Dragone, regista italo-belga tra gli ideatori del Cirque du Soleil, vorrebbe la star di hollywood al Napoli Teatro Festival, il 13 e 14 giugno prossimi. Ma pare che il contratto per due serate del recital An evening con Al Pacino si aggirerebbe intorno ai 700 mila euro, equivalente del finanziamento a un teatro pubblico per un’intera stagione, motivo per cui il presidente della Fondazione Campania dei Festival, Luigi Grispello, conti alla mano, tentenna.

Ci sarebbero sponsor privati disposti a sborsare, sicuri dei guadagni che ne deriverebbero, ma tutto salterà se la Fondazione non ci metterà del suo. Mentre la trattativa procede a singhiozzi, Pacino arriva comunque in Italia: da domani sarà infatti nelle sale Wilde Salomé, da lui scritto, diretto e interpetato. È un ambizioso tentativo di unire il teatro al cinema e di mostrare al pubblico un’opera controversa e poco nota di Oscar Wilde.

Nel 2006 Pacino aveva portato in teatro la Salomé dello scrittore, calandosi nei panni di se stesso e di Erode e facendo interpretare Erodiade da Jessica Chastain. Da quello spettacolo ha deciso di realizzare il docu-film Wilde Salomé, portato personalmente alla Mostra di Venezia nel 2011. A dieci anni dalla prima teatrale lo spettatore vedrà sullo schermo la fatica delle prove, le riflessioni di Pacino sul desiderio di Erode per Erodiade e i suoi viaggi sulle tracce di Wilde tra Londra, il deserto del Mojave e Dublino, dove incontra addirittura Bono Vox disposto a parlare dello scrittore.

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La danza dei sette veli di Jessica Chastain in Wilde Salomé

Attualmente sul set di Where the White man runs away, l’attore americano racconta come il genio letterario del secolo scorso abbia influenzato la sua creatività. «Perché mi sono immedesimato con Wilde? Forse perché è un genio ma anche un uomo che è stato messo a dura prova dalla vita e dal suo tempo. Mi attrae la sua capacità di rischiare tutto e saltare nell’ignoto». A Pacino non manca certo il coraggio di sperimentare, leit motiv della sua carriera. «Credo che la mia propensione a rischiare mi venga dalla paura, ma non so di cosa», ammette il divo. «So che c’è qualcosa, nel rischio, di folle e tremendamente appagante allo stesso tempo. Il modo di raccontare che vedrete non è per niente tradizionale, è un esperimento. E anche in questo caso lo spettatore si dovrà fidare di me, lasciandosi trasportare».

Un altro ottimo motivo per non perdere il film è Jessica Chastain, che con questo lavoro, e Pacino come insegnante di recitazione, ha iniziato la sua carriera sul grande schermo. «Jessica ha rappresentato il suo personaggio semplicemente in modo ideale, quasi celestiale. Senza di lei non avrei potuto fare Salomé», conclude il regista. Ma noi l’abbiamo vista, con le labbra rosso fuoco, i capelli sciolti al vento e il seno nudo. E di celestiale promettiamo poco…

Articolo pubblicato a maggio 2016 su GQ Italia

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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