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L’attrice (ma non solo) in “Girasoli” racconta una storia d’amore e di follia tutta al femminile, all’interno dell’ospedale psichiatrico di Santa Teresa di Lisieux. E sulle battaglie delle donne si dice ottimista: “In questo periodo sta ridefinendosi una nuova situazione”

di Cristian Allievi

Catrinel salta gli ostacoli. Ma lo fa in modo diverso da quando, ragazzina a Iasi, Romania, è diventata un’atleta di valore seguendo le orme dei suoi genitori, entrambe ex campioni di atletica. Da adulta gli ostacoli che le vengono incontro sono più interiori, sono le ferite di una vita vissuta per strada, praticamente da sola, essendo nata da genitori diciassettenni ai tempi di Ceausescu. Grandi occhi scuri e le labbra carnose, notata da un agente durante la gita della scuola, Catrinel Marlon (Menghia all’anagrafe) diventa prima modella e poi attrice. E oggi, a 38 anni, mamma di una bambina, e incinta del secondo figlio, vince una gara importante: madrina del 41° Torino Film Festival, ha anche esordito alla regia con il suo primo lungometraggio, Girasoli, di cui è cosceneggiatrice. Il film è una storia d’amore e di follia tutta al femminile, all’interno dell’ospedale psichiatrico di Santa Teresa di Lisieux. Siamo negli anni Sessanta, fra lotte terapeutiche di psichiatre illuminate (Monica Guerritore) e bambine schizofreniche (Gaia Girace) che non meriterebbero terapie elettro convulsivanti, si fanno largo i “girasoli”, i pazienti più indipendenti che possono vivere fuori dai reparti. 

(continua…)

Intervista pubblicata per il Settimanale OGGI

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