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AL CINEMA DI DONNE NE HA INTERPRETATE TANTE. MA GRAZIE A DOPO L’AMORE, NEI PANNI DI MOGLIE INTRAPPOLATA IN UN MATRIMONIO AGLI SGOCCIOLI, HA SENTITO QUALCOSA DI DIVERSO, UNA SFIDA. PERCHE’ LA SUA VITA SENTIMENTALE È MOLTO DIVERSA. ANCHE SE,  COME RIVELA IN QUESTA INTERVISTA, LE MANCA ANCORA UNA COSA PER ESSERE PERFETTA.

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L’attrice francese Benerice Bejo al Festival di Cannes (courtesy Grazia.fr)

«Quando un marito e una moglie si separano si trasformano in due animali in un campo di battaglia, dove vince chi uccide l’altro. È una situazione in cui si tira fuori il peggio, si diventa spietati nel fare l’elenco dei propri meriti e dei difetti dell’altro». Berenice Bejo ha i capelli neri, lucidissimi, raccolti dietro la nuca. Non comprendo subito perché raccontandomi il suo personaggio in Dopo l’amore, il film in cui la vedremo dal 19 gennaio, tiene una certa distanza dal personaggio. Diretta da Joachim Lafosse, insieme a Cédric Khan i due sono una coppia separata con due figlie costretta a convivere sotto lo stesso tetto a causa delle difficoltà economiche di lui, architetto in crisi lavorativa. E come mi racconterà a breve, la Bejo ha faticato molto ad accettarsi in un ruolo così duro e realistico.

Argentina di Buenos Aires, è figlia di Miguel Bejio, un regista spagnolo, e dell’avvocatessa De Paoli, che quando lei aveva tre anni si sono rifugiati a Parigi fuggendo dalla dittatura di Jorge Rafaél Videla. La sua storia artistica per certi versi è sui generis. Da bambina sfiora una parte in un film di Gérard Depardieu, e quando non la ottiene versa fiumi di lacrime. Poi a 17 anni rispondendo a un annuncio prende finalmente parte al suo primo film, algerino. Ma per i successivi 20 anni Berenice resta praticamente una sconosciuta, finchè non interpreta la star del cinema muto che regalerà a The artist, diretto dal marito Michel Hazanavicius, con cui ha due figli, 10 nominations agli Oscar. Poi vengono film come Il passato (la palma d’Oro a Cannes come miglior attrice), The search, The childhood of a leader (premio Orizzonti per la migliore regia alla Mostra di Venezia), Fai bei sogni di Marco Bellocchio, tutti lavori che ruotano intorno a drammi famigliari. E ironia vuole che, come nel film di Asghar Farhadi, anche in Dopo l’amore il personaggio di Bejo si chiami Marie, e che racconti di nuovo una separazione difficile.

Tra poco la vedremo nei panni di una donna che non riesce più a vivere con l’uomo che aveva sposato, mentre poco tempo fa con Bellocchio l’abbiamo vista salvare la vita al suo futuro marito. Quale delle sue versioni di sé preferisce? «Se accetto un ruolo è perché penso che mi divertirò. La differenza, nei casi che cita, è che per il film di Joachim ho un ruolo da protagonista, mentre quella di Bellocchio è una parte più piccola, che mi ha dato un immenso piacere. Dopo il film con Marco volevo lasciare tutto, trasferirmi in Italia e girare un altro film con lui (ride, ndr)».

Quindi non c’è un tipo di donna a cui si sente più vicina? «Davvero non penso a questo aspetto quando accetto un film».

Guardando Dopo l’amore mi sono chiesta per tutto il tempo il vero significato del titolo: racconta quello che succede davvero alla fine di un amore o mostra semplicemente quello in cui si trasformano tante relazioni, dopo qualche tempo? «Per fortuna la mia con mio marito Michael non è così! Comunque capisco, il titolo italiano è diverso dall’originale francese che letteralmente sarebbe L’economia della coppia. Credo che la maggior parte delle persone abbia storie più felici di questa, che riguarda persone che si stanno dividendo. Ci sono momenti nella vita di Marie e Boris in cui i due si odiano davvero, ma quello che mi piace molto della storia è che all’improvviso si capisce perchè il mio personaggio è così triste e frustrato: non le piace sentirsi così, ma ha bisogno di attraversare la rabbia per riuscire finalmente a perdonare».

Come si sente nei panni di una donna dura? «Ho voluto restituire una figura molto umana, una donna che lavora, che ha figli, marito, che cucina e durante la giornata fa cose normali. Poi ci sono momenti in cui non vorrebbe niente della sua routine, ma deve affrontarla ugualmente e questo è proprio quello che cerca di far capire al marito quando dice “i bambini non ci sono solo quando vuoi giocare con loro, è un lavoro di tutti i giorni e ho bisogno che diventi un uomo responsabile”».

L’odio è una parte necessaria nel processo di separarsi? «Prima di perdonare qualcuno che hai amato è necessario odiarlo. E se hai due bambini splendidi, una casa magnifica, e capisci che avresti potuto essere una buona coppia, è dura… È un po’ come quando hai 15 anni e odi i tuoi geniori, è una fase necessaria per poi capirli e perdonarli perchè non sono perfetti e soprattutto non sono come tu vorresti che fossero. Marie ha bisogno di capire che Boris non sa affrontare le cose nello stesso modo in cui le affronta lei, è diverso. Ma alla fine capisce che a suo modo è un buon padre».

Si chiede mai cosa farebbe al posto dei personaggi che interpreta, specie in questo caso, visto che anche lei ha due figli con suo marito? «Quando recito non proietto mai me stessa sul personaggio, mentre lo faccio quando guardo il film. La mia vita è l’opposto di quello che recito in Dopo l’amore, eppure quella donna è insostenibile, è l’incarnazione della durezza. Alla fine delle riprese mi dicevo “esci dal mio corpo, mi disgusti” (ride, ndr), e ricordo che non sono riuscita a guardare il film, era troppo doloroso». 

Davvero? «Era tremendo vedermi in una donna dura che mi assomiglia, ha i miei stessi capelli, è senza trucco… Mi chiedevo “a quarant’anni sto diventando davvero così? Sto trasformandomi in questo orrore?”. Per fortuna poco dopo mi sono rivista in Fai bei sogni di Bellocchio e mi sono sentita sollevata, “meno male che so essere anche dolce” (ride, ndr)».

Le capita spesso di avere sentimenti così forti guardandosi sullo schermo? «In passato sono stata molto insicura delle mie performance, le cose andavano meglio quando mi rivedevo la seconda volta. Ma è normale che succeda, dai così tanto di te stessa che poi ti spaventi credendo di essere davvero tu quella che rivedi».

Aneddoti che ricordano che non è così? «Ricordo di aver incontrato Glenn Close agli Oscar, per The artist, e dai personaggi che ha interpretato mi sarei aspettata una donna molto diversa da quella che ho incontrato. Eravamo sul red carpet e mio marito per sbaglio le ha calpestato il vestito, lei è stata quasi timida nel rispondergli…».

La nomination agli Oscar che le è valso il suo personaggio muto l’ha fatta sentire più sicura di sé? «Senza dubbio, mi ha aiutata moltissimo. Ma direi che anche Il passato ha giocato un ruolo chiave, sono stati sei mesi di riprese e il regista non era mio marito: lì ho scoperto che lavorativamente ero in grado di dare moltissimo anche a un altro».

Vantaggi e svantaggi di lavorare col proprio uomo? «Quando lavoro con Michel seguo i progetti dal primo momento e dopo due o tre giorni mi sento già sicura, poi però c’è il problema di non voler deludere l’uomo che amo. Ma quando ho lavorato con Asghar Farhadi, subito dopo The artist, era un grande regista e aveva vinto l’Oscar. Per tre settimane mi sono chiesta se potevo dargli abbastanza, ero davvero stressata».

Dall’ultimo film insieme sulla guerra in Cecenia, The search, che la critica ha massacrato, ha girato cinque film da sola, e tra poco tornerà con un film diretto ancora da suo marito. «Il mondo non ha voluto accettare una storia in cui si parlava di dolore, di guerra, di solitudine, Michel ci ha messo un bel po’ per riprendersi da quella ferita. Redoutable è un biopic sul regista e sceneggiatore Jean-Luc Godard, in cui io ho un parte minore: a raccontare la storia d’amore tra Godard e l’attrice Anne Wiazemsky saranno soprattutto Louis Garrel e Stacey Martin».

Se guarda a cosa le è successo negli ultimi anni, e a quello che sognava quando ha iniziato questo lavoro, cosa vede? «Da piccola ho sempre voluto fare l’attrice, ma non mi sono mai immaginata nel successo o ricoperta di premi. Per forza, è impossibile farlo, inoltre oggi il cinema è visto come un insieme di celebrities ma non era così quando ero piccola. È tutto un po’ cambiato, quando parlo con ragazzi giovani li sento dire “voglio diventare famoso”, forse sono state la tv e i reality a cambiare le cose».

Cos’altro ricorda di quando era bambina lei? «Volevo andare sullo schermo perché per me era così bello vedere i film con i miei genitori che desideravo restituire loro quel piacere. Poi le cose sono diventate più grandi di quello che credevo…».

Intervista pubblicata su Grazia dell’11/1/2017

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